lunedì 7 settembre 2015

BASTA POCO...

Ciao a tutti, come va?

Per quel poco che vale la mia esperienza a contatto con il mondo del fumetto professionale, e con chi ci lavora, penso di poter dire che i fumettisti si possono suddividere in tre grandi macrocategorie.

Quelli che realizzano fumetti perchè si divertono, quelli che lo fanno per sentirsi gratificati e quelli che lo fanno perchè vogliono mettere a frutto le loro capacità. Spesso queste tre componenti sono presenti in diversa misura in ciascun autore, ma la preminenza di una componente rispetto alle altre è determinata dal panorama editoriale in cui questi professionisti si muovono.

Se, ad esempio, portano avanti questo mestiere in un contesto che ha molti vincoli è evidente che quelli che lo fanno soprattutto per divertirsi (e nel "divertimento" ci inserisco anche cose come la voglia di essere creativi e il piacere di sentirsi ispirati) avranno molte meno occasioni rispetto agli altri. Anche perchè in una situazione del genere (con tanti veti e schemi prefissati) si innescano dei meccanismi tali per cui - alla fine - non c'è spazio per trasformare il divertimento, la creatività e l'ispirazione in un lavoro remunerato...

E così, alla fine, chi vuole fare il fumettista per divertirsi e dare sfogo alla propria creatività, o anche solo per raccontare storie che sente "sue", facilmente nel giro di qualche anno verrà eliminato da una sorta di selezione naturale, che ovviamente predilige chi si accontenta di sentirsi gratificato a prescindere da quello che fa e chi è disposto a mettere a frutto le proprie capacità adeguandosi a ciò che gli viene commissionato. E in una situazione del genere, il "fumetto" in senso lato tende a ristagnare, soprattutto nell'ambito del cosiddetto "fumetto popolare", quello cioè destinato al grande pubblico (che poi è il vero motore di tutta l'industria fumettistica).

Forse avrete intuito che, tanto per cambiare, mi riferisco alla tipica situazione italiana...

Una situazione che però, grazie a internet, forse sta iniziando a lanciare dei segnali di speranza. Più nello specifico mi sto riferendo alla 24 del fumetto lanciata a promossa da tre fumettisti che si sono fatti conoscere tramite internet e che adesso vengono pubblicati con successo dall'editore Shockdom: Sio (Simone Albrigi), Bigio (Luigi Cechi) e Dado (Davide Caporali). Si è trattato di un'iniziativa nata sull'esempio di alcuni fumettisti americani, che si erano dati 24 ore di tempo per realizzare una storia a fumetti completa, solo per il gusto di farlo e per mettersi alla prova.


Sio, Bigio e Dado hanno realizzato la loro "24 ore del fumetto" fra il 30 e il 31 agosto, aggiornando le loro storie in tempo reale tramite facebook e invitando tutti gli interessati ad aggiungersi alla performance con i propri lavori...

Parlo di tutto questo perchè la storia realizzata in 24 ore da Bigio merita assolutamente una segnalazione su questo blog... E siccome non dò per scontato che tutti i lettori di questo blog utilizzino facebook, ma penso che questa storia vada letta e diffusa il più possibile, spero che l'autore non se se la prenda se la riporto integralmente qui di seguito...
























In poco pù di venti pagine si parla di omofobia, insegnanti coraggiosi, bigotti, fanatici "anti gender", eterosessuali picchiati perchè aperti di mente, suore naziste, angeli dalla parte dei diritti umani, bambini educati a discriminare e riflessioni sul senso della vita...

E tutto realizzato in sole 24 ore! Non so se Bigio aveva visualizzato la storia prima che scattassero le 24 ore necessarie per metterla nero su bianco, ma la sensazione è che l'abbia utilizzata per togliersi qualche sassolino che aveva nelle scarpe da un po' e - per quel che vale la mia opinione - si tratta di una di quelle storie che vanno lette, anche solo perchè ti ricordano quanto può essere bello leggere un fumetto che vuole raccontare qualcosa...

Una storia estremamente "sentita" e "ispirata" dal suo autore, che ha saputo trasmettere il suo punto di vista ai lettori, strafregandosene di risultare troppo "schierato" a favore di cose come l'integrazione e il buon senso.

Certo si è trattato di una storia senza fini commerciali, e quindi - per definizione - aveva meno vincoli, ma ciò non toglie che è la prova che anche in Italia possono essere realizzati fumetti "liberi" e con sottotesti gay friendly, se agli autori non viene messa la museruola ogni volta che si toccano argomenti di un certo tipo.

E la cosa diventa ancora più evidente se si pensa che questa storiellina di 24 pagine è stata buttata giù in 24 ore, mentre in Italia vengono prodotte regolarmente storie di centinaia di pagine, spesso richiedendo una pianificazione di mesi (se non di anni), che alla fine risultano insipide e asettiche... E tremendamente banali...

E generalmente poco azzeccate ogni volta che affrontano tematiche LGBT.

Storie che, peraltro, non si sognerebbero MAI di toccare uno solo degli argomenti comparsi in "SECONDO NATURA": troppe le lobby prese di mira e troppi i conflitti di interesse.

Quindi tanto di cappello a Bigio (foto sotto) che ha dimostrato che c'è un altro mondo possibile, e che se in Italia certi fumetti non trovano spazio non è tanto colpa degli autori, quanto del sistema in cui sono costretti a muoversi...

E infatti Bigio si è fatto conoscere con un fumetto che è completamente fuori da questo sistema... E cioè il fantasy umoristico DRIZZIT, che ha superato le 1350 striscie e che potete leggere su facebook (CLICCANDO QUI)...

Oppure, se volete contribuire a sostenere la sua causa, potete sempre acquistare le raccolte cartacee pubblicate da Shockdom (al momento ne sono uscite cinque, e se vi interessa ci sono anche un gioco di ruolo e un gioco di carte)...





Morale della favola: forse non tutto è perduto... E, anche se in Italia la situazione continua a non essere favorevole per chi vuole sbrigliare liberamente la propria creatività, inizia ad esserci un piccolo margine di manovra anche per quelli che non accettano di mettersi la museruola e il paraocchi di ordinanza...

Staremo a vedere cosa succederà, e chi avrà l'ultima parola nel lungo periodo.

Alla prossima.

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