Ciao a tutti come va?
Oggi volevo mostrarvi come sia possibile sfruttare un personaggio dei fumetti diventato icona pop in maniera diametralmente opposta, anche se in entrambi i casi il tutto è - evidentemente - partito da un recentissimo rilancio cinematografico...
Forse i più intuitivi di voi avranno capito che mi riferisco a Wonder Woman, che ha avuto il suo battesimo cinematografico in BATMAN V SUPERMAN, nella versione molto guerresca interpretata da Gal Gadot...
Siccome l'occasione fa l'uomo ladro, anche nel mondo dell'alta moda qualcuno ha pensato di sfruttare questo rilancio, e così Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, della casa di moda italiana Valentino, si sono ispirati alla supereroina DC Comics per creare abiti e accessori da donna... Che sono già stati presentati, ma che saranno disponbili a partire dalla prossima estate, anche perchè così nel frattempo si potrà valutare al meglio cosa acquistare... Dato che i prezzi non saranno esattamente per tutte le tasche...
Le scarpe che vedete qui sotto, ad esempio, costano 975 $...
La borsetta qui sotto costa 4875 $...
Per avere addosso tutto quello che vedete sulla modella qui sotto bisognerebbe spendere circa 14.000 $...
E per vestirsi come si vede qui sotto bisognerebbe spendere sui 32.000 $ (dei quali 25.000 per la sola giacca)...
Parere personale: mi sembra evidente che chi ha progettato questa linea di moda non ha la mai letto sul serio un fumetto di Wonder Woman, non ne conosce lo spirito ed è convinto che basti riprendere un motivo decorativo stellato (che peraltro nei fumetti e al cinema Wonder Woman non usa praticamente più) per creare qualcosa di originale e pertinente al personaggio... E così il risultato finale risulta più appropriato per una linea di moda ispirata ad un noto tipo di biscotti, piuttosto che ad un'icona pop a fumetti...
Soprattutto considerando i colori tendenti al crema e al cioccolato utilizzati per buona parte di questi capi...
E a rendere ancora più forte il contrasto con il personaggio originale ci hanno pensato le opere dello street artist romano SOLO, che nell'ambiente è noto per i suoi murales dedicati a Wonder Woman e che è stato chiamato a realizzare delle opere dedicate a Wonder Woman anche in occasione della presentazione di questa linea di moda a Milano e a Roma (e prossimamente a New York)...
Di alta moda non me ne intendo, ma per quel che vale la mia opinione penso che questa sia giusto un'operazione commerciale, gestita per altro con una certa superficialità, finalizzata ad ottimizzare il potenziale interesse attorno alla nuova Wonder Woman cinematografica... Peraltro senza fare un gran servizio al personaggio in quanto tale, che di certo con una simile linea di moda non viene valorizzato... Men che meno nella sua accezione di icona queer ed gay friendly.
Cosa che, per fortuna, sta avvenendo su altri fronti.
Non troppo tempo fa lo scrittore Grant Morrison ha voluto mettere mano a Wonder Woman, o meglio: ha voluto realizzare un reboot (e cioè un rilancio a partire da zero) del personaggio, sfruttando una delle numerose realtà alternative di cui è composto il multiverso fumettistico della DC COMICS. Per la precisione si tratta di Earth One, che una volta era il nome dato all'universo narrativo principale della casa editrice, ma che dopo una serie di sconvolgimenti multi-spazio-temporali è diventato il nome di una delle più recenti dimensioni alternative in cui si muovono i personaggi della DC COMICS (mentre l'universo narrativo ufficiale ora è denominato New Earth).
Fatto sta che Grant Morrison con Wonder Woman - Earth One ha voluto riprendere molti elementi - anche estetici - della primissima versione di Wonder Woman (quella degli anni Quaranta), attualizzandoli e cercando di allineare il suo originale spirito trasgressivo e velatamente erotico al contesto di oggi...
Il risultato finale si è concretizzato in una Wonder Woman molto legata alle sue radici, ma estremamente moderna, che non trascura l'apporto che tanti autori hanno fornito negli ultimi settant'anni (o le sue origini legate alla mitologia greca), ma che ha un occhio di riguardo per tutti quegli aspetti del personaggio che ultimamente erano rimasti sullo sfondo...
Perlomeno da quanto il suo creatore William Moulton Marston passò a miglior vita nel 1947, e da quando i tempi erano diventati troppo smaliziati per continuare a concedere quelle allusioni sessuali a lui tanto care... E infatti Grant Morrison ha deciso proprio di ripartire dalle idee e dalla vita del creatore dell'Amazzone, che viveva in una famiglia poliamorosa ed era un appassionato di sottomissioni, bondage e di tutta una serie di eccentricità sessuali ed estetiche che col tempo nelle storie di Wonder Woman si erano un po' perse...
E infatti in Wonder Woman - Earth One viene aggiornata anche la storica spalla delle prime avventure di Wonder Woman, Etta Candy, così come si presentava nelle prime storie: maliziosa, volgarotta, caciarona, rotondetta e a capo di un sorellanza universitaria che si presta a molte interpretazioni...
Con buona pace delle raffinatissime Amazzoni, che non hanno molta dimestichezza con la sua femminilità da drag queen...
E in una recente intervista, che trovate CLICCANDO QUI, Grant Morrison (foto sotto) dice chiaro e tondo che nei successivi capitoli di Wonder Woman - Earth One ha tutta l'intenzione di approfondire proprio lo spirito queer e sessualmente liberato della protagonista e del suo cast di comprimari...
E in altre interviste specifica (cliccate QUI e QUI) che, in questa sua versione di Wonder Woman, l'isola delle Amazzoni da cui la protagonista proviene ha ampiamente sdoganato le relazioni lesbiche e poliamorose, anche perchè nel corso di 3000 anni sono state praticamente inevitabili, considerando che si parla di una comunità isolata di donne immortali...
Morale della favola: Grant Morrison vuole tornare alle radici del personaggio, e a quanto pare sta avendo dei buoni riscontri di pubblico e critica (anche perchè altrimenti non avrebbe già annunciato i capitoli 2 e 3 di questa saga)... A questo punto sarà molto interessante verificare come deciderà di approfondire certi risvolti di Wonder Woman, anche perchè la sua Wonder Woman si muove in un contesto "alternativo" che garantisce molte più libertà narrative...
Alla faccia di chi pensa che Wonder Woman sia solo un marchio funzionale a piazzare costosi abiti pieni di stelline... Peccato solo che, soprattutto dalle nostre parti, si preferisca mettere più in risalto gli abiti di Valentino che non le nuove strade percorse dal personaggio che - in teoria - li ha ispirati...
D'altra parte le mode vanno e vengono, ma Wonder Woman c'è da più di settant'anni... E un motivo ci sarà.
Alla prossima.
E
non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota
anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le
informazioni CLICCANDO QUI.
venerdì 29 aprile 2016
mercoledì 27 aprile 2016
C'É POSTO PER TUTTI...
Ciao a tutti, come va?
Generalmente quando si parla di fumetto e di industria del fumetto, nel senso classico del termine, si tende a sovrapporre i due concetti e a far coincidere la salute di uno con quella dell'altra, ma forse ora bisognerebbe entrare in un nuovo ordine di idee...
Anche perchè, fondamentalmente, le case editrici tradizionali hanno sempre svolto un ruolo di mediazione importante fra chi i fumetti li produce e chi ne fruisce, promuovendo e distribuendo fumetti in cambio di una percentuale di guadagno più o meno onesta... E magari lanciando e valorizzando autori di talento. Tuttavia se questa funzione di mediazione, grazie a internet, sta venendo meno non vuol dire che il fumetto in quanto tale debba necessariamente risentirne, o che i fumettisti di talento non possano essere valorizzati in maniera diversa...
Anche perchè, per dire le cose proprio come stanno, anche se l'approdo presso qualche casa editrice importante è considerato tradizionalmente un sogno per molti autori, non è detto che poi il rapporto di collaborazione si riveli così idilliaco. Un po' a tutte le latitudini, infatti, si possono rintracciare storie di fumettisti sfruttati, sottopagati, vilipesi e circuiti in vario modo facendo leva sulla loro passione e la loro speranza di fare carriera...
Inoltre, in contesti dove il fumetto per lungo tempo non ha mai goduto di grandi riconoscimenti pubblici e di una legittimazione ufficiale, come ad esempio l'Italia, le storie di case editrici che si sono approfittate del loro ruolo abbondano. Autori a cui non venivano riconosciuti i diritti sulle ristampe, altri che venivano sottopagati con ritardi paurosi e altri ancora che non venivano pagati affatto... La stessa casa editrice Bonelli, ad esempio, al netto del fatto che ha sempre pagato, non è che fosse proprio un esempio di virtù.
Il fumettista Marcello Toninelli, in calce a un post del blog di Sauro Pennacchioli (CLICCATE QUI) che approfondisce il ruolo di Gallieno Ferri nella creazione di Zagor, rivela che:
"Alla Bonelli (che allora aveva ancora vari nomi e ragioni sociali, come Dime Press e Altamira... finché Luigi Bernardi non spiegò a Bonelli che in quel modo non poteva scaricare la perdite di quelle più deboli su quella più forte, e pagare così meno tasse) non esistevano contratti. Tutto si faceva (come nelle altre case editrici, d'altronde) sulla base di accordi "amichevoli" e strette di mano. Si narra dell'abitudine di Sergio, a fine anno, di passare personalmente nelle case dei collaboratori di Tex, da Galep a Ticci e suppongo tutti gli altri, a lasciare un ricco assegno a mo' di gratifica natalizia, da buon padrone riconoscente qual era. A cambiare le cose fu Alfredo Castelli, che già da anni impegnato sul fronte dei diritti degli autori, quando propose alla Bonelli il suo Martin Mystère, chiese anche che venisse firmato un preciso contratto, che poi diventò il modello di tutti i successivi contratti. Da sceneggiatore, quel marpione di Alfredo fece mettere nel contratto che il creatore del personaggio era lui e lui solo (relegando così automaticamente il creatore grafico, Giancarlo Alessandrini, nel ruolo di mero "esecutore" grafico). Nel contratto si stabilivano i rapporti in caso di interruzione della serie (se per scelta dell'editore, l'autore poteva far proseguire immediatamente la pubblicazione del personaggio da un altro editore - come successe poi per Jonhatan Steele - e se per scelta dell'autore, questo non poteva pubblicare altrove il personaggio per almeno due anni), e si diceva che, oltre ai normali compensi stabiliti dall'editore per sceneggiatori e disegnatori dei normali numeri della serie, in caso di ristampe l'autore (il solo Castelli, dunque) avrebbe ricevuto un compenso nella sua qualità di creatore, e che il resto della cifra stabilita dall'editore sarebbe stata ripartita metà e metà tra sceneggiatore e disegnatore del singolo numero. Come si vede, Castelli faceva la parte del leone, portandosi a casa più di metà della torta. La proposta cadde sul terreno più favorevole, essendo Sergio stesso sceneggiatore, e sceneggiatori tutti i redattori della casa editrice: Canzio, Sclavi ecc. C'era un'altra interessante clausola: fino a un certo numero di copie vendute, gli emolumenti si fermavano qui, ma se la pubblicazione avesse avuto "successo", l'editore avrebbe pagato ulteriori diritti d'autore (al solo "creatore", naturalmente). Se non ricordo male il "break even point" stabilito era di ottantamila copie. Se la cifra è giusta, suppongo che Castelli non abbia mai riscosso granché da questa clausola. Ma non era così per altri. Il contratto, in un modo o nell'altro, cominciò a girare nell'ambiente. Lo pubblicò lo stesso Castelli in uno storico numero di "If" del sodale Gianni Bono? O furono i "mascalzoni" de "L'Urlo" a pubblicizzarlo? Non ricordo, e ha poca importanza. Fatto sta che tra gli autori girava. Ora, immaginiamoci il buon Gallieno Ferri, il cui Zagor all'epoca vendeva intorno alle 90.000 copie, ma in passato credo avesse toccato anche le 200.000, come dovette essersi sentito "derubato"! Specialmente se, come si evince dalla tua documentata ricostruzione e analisi "letteraria", di Zagor lui non era davvero un mero "esecutore grafico", ma quantomeno ci aveva apportato idee a piene mani, magari poi mediate con l'editore. Se anche a lui fosse stato riconosciuto a suo tempo un contratto come quello concesso a Castelli, quanti soldi gli sarebbero spettati negli anni in qualità di "creatore" (sia grafico che letterario) del personaggio? Come si vede, la richiesta di essere riconosciuto come creatore grafico e quantomeno co-creatore letterario del personaggio, a quel punto non era più solo una questione di principio, ma comportava anche un giusto e corposo esborso di diritti d'autore. Quello che Bonelli tirò fuori di tasca in quell'occasione, sicuramente in modo forfettario, per placare la giusta ira di Ferri, probabilmente non lo sapremo mai; l'entità della cifra, a questo punto, potrebbero ancora dircela solo qualche parente di Ferri o l'amministratore della Bonelli, Terzaghi. Ma, naturalmente, non ha alcuna importanza."
In parole povere per colmare un vuoto contrattuale si è dato il via ad un meccanismo non proprio funzionale al dinamismo e al rinnovamento dell'industria del fumetto, che ha portato alla situazione attuale... Con un ambiente gestito da poche persone che a vari livelli accentrano tutto da decenni, e con tutte le conseguenze del caso (non ultimo il mancato ricambio generazionale dei lettori)... E badate bene che qui si parla di una casa editrice che in Italia è sempre stata considerata una specie di Terra Promessa per quanti volevano vivere grazie alla loro passione per i fumetti: nella galassia delle case editrici medio piccole, che le sono sempre girate attorno, le cose potevano (e possono) andare molto peggio.
Siamo davvero sicuri che meccanismi di questo tipo, siano quello che serve al benessere del fumetto nel senso più ampio del termine? Io qualche dubbio ce l'ho... E quello che si sta verificando con sempre maggiore frequenza sullo scenario globale mi porta a pensare che le nuove strade da percorrere ormai siano altre.
Di esempi potrei portarne tanti, ma oggi mi sembrava pertinente citarvi il caso della Toril Orlesky (foto sotto), che proprio in questi giorni sta promuovendo (con successo) la sua raccolta fondi su kickstarter per la pubblicazione in un unico volume del webcomic che l'ha fatta conoscere (CLICCATE QUI)...
La cito a titolo di esempio perchè - al di là del fatto che è un'autrice molto giovane (al momento ha 24 anni) - il suo fumetto, che porta avanti dal 2013 e che si chiama HOTBLOOD!, è particolarmente originale: infatti è ambientato durante la Guerra Civile americana (siamo intorno al 1880) di una realtà parallela... Dove esseri umani e centauri convivono e possono dare il via anche ad appassionate relazioni gay interspecie...
L'idea di un western/fantasy a sfondo gay, che a prima vista potrebbe sembrare alquanto astrusa, tanto malvagia non deve essere, dato che l'obbiettivo della raccolta fondi su kickstarter era di raggiungere quota 25.000 dollari... E a distanza di 18 giorni dalla conclusione di questa campagna la cifra è già stata raddoppiata. Considerando che si tratta comunque di una ristampa omnibus di materiale che Toril Orlesky aveva già pubblicato in altra forma, e che è disponibile gratuitamente su internet, direi che è un risultato molto interessante...
Anche perchè mette in luce tutto il potenziale del web a fronte dei limiti dell'editoria tradizionale: quante case editrici se la sarebbero sentita di investire 50.000 dollari nella pubblicazione di un fumetto del genere? Per giunta dando carta bianca ad una giovane fumettista praticamente esordiente? Probabilmente se Toril Orlesky avesse voluto affermarsi attraverso il mercato tradizionale il suo percorso sarebbe stato molto più complesso, e se avesse avuto la sfortuna di nascere in Italia (senza avere accesso a internet) probabilmente adesso avrebbe già appeso la matita al chiodo...
E invece il suo caso, probabilmente, conferma che siamo entrati davvero in una nuova fase per chi aspira a diventare autore (o autrice) di fumetti, e che EVIDENTEMENTE c'è un mercato praticamente infinito da esplorare... Soprattutto per chi è "giovane" e sente di avere idee fresche da condividere.
Oltretutto Toril Orlesky dimostra di avere una certa dimestichezza con il web in senso lato. Infatti oltre a mettere gratuitamente a disposizione il suo fumetto HOTBLOOD! (CLICCATE QUI), ed oltre a promuovere la raccolta fondi su kickstarter, attualmente può essere finanziata anche tramite il sito PATREON (CLICCATE QUI) e vende a parte delle storie "speciali" in cui i suoi personaggi concretizzano in maniera esplicita le loro passioni (CLICCATE QUI)...
Quindi non stupisce più di tanto il fatto che l'obbiettivo dichiarato della raccolta fondi su kickstarter, al di là della pubblicazione del primo ciclo di HOTBLOOD!, sia quello di raggiungere quota 80.000 dollari per iniziare a produrre senza intralci la seconda stagione dello stesso!
Riuscirà l'intraprendente Toril Orlesky nel suo proposito in soli 18 giorni?
Staremo a vedere... Certo è che, se un fumetto western a base di centauri gay che si innamorano (ricambiati) di esseri umani riuscisse a raggiungere 80.000 dollari di donazioni nel giro di un mese, ci sarebbe davvero molto su cui riflettere...
Alla prossima.
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Generalmente quando si parla di fumetto e di industria del fumetto, nel senso classico del termine, si tende a sovrapporre i due concetti e a far coincidere la salute di uno con quella dell'altra, ma forse ora bisognerebbe entrare in un nuovo ordine di idee...
Anche perchè, fondamentalmente, le case editrici tradizionali hanno sempre svolto un ruolo di mediazione importante fra chi i fumetti li produce e chi ne fruisce, promuovendo e distribuendo fumetti in cambio di una percentuale di guadagno più o meno onesta... E magari lanciando e valorizzando autori di talento. Tuttavia se questa funzione di mediazione, grazie a internet, sta venendo meno non vuol dire che il fumetto in quanto tale debba necessariamente risentirne, o che i fumettisti di talento non possano essere valorizzati in maniera diversa...
Anche perchè, per dire le cose proprio come stanno, anche se l'approdo presso qualche casa editrice importante è considerato tradizionalmente un sogno per molti autori, non è detto che poi il rapporto di collaborazione si riveli così idilliaco. Un po' a tutte le latitudini, infatti, si possono rintracciare storie di fumettisti sfruttati, sottopagati, vilipesi e circuiti in vario modo facendo leva sulla loro passione e la loro speranza di fare carriera...
Inoltre, in contesti dove il fumetto per lungo tempo non ha mai goduto di grandi riconoscimenti pubblici e di una legittimazione ufficiale, come ad esempio l'Italia, le storie di case editrici che si sono approfittate del loro ruolo abbondano. Autori a cui non venivano riconosciuti i diritti sulle ristampe, altri che venivano sottopagati con ritardi paurosi e altri ancora che non venivano pagati affatto... La stessa casa editrice Bonelli, ad esempio, al netto del fatto che ha sempre pagato, non è che fosse proprio un esempio di virtù.
Il fumettista Marcello Toninelli, in calce a un post del blog di Sauro Pennacchioli (CLICCATE QUI) che approfondisce il ruolo di Gallieno Ferri nella creazione di Zagor, rivela che:
"Alla Bonelli (che allora aveva ancora vari nomi e ragioni sociali, come Dime Press e Altamira... finché Luigi Bernardi non spiegò a Bonelli che in quel modo non poteva scaricare la perdite di quelle più deboli su quella più forte, e pagare così meno tasse) non esistevano contratti. Tutto si faceva (come nelle altre case editrici, d'altronde) sulla base di accordi "amichevoli" e strette di mano. Si narra dell'abitudine di Sergio, a fine anno, di passare personalmente nelle case dei collaboratori di Tex, da Galep a Ticci e suppongo tutti gli altri, a lasciare un ricco assegno a mo' di gratifica natalizia, da buon padrone riconoscente qual era. A cambiare le cose fu Alfredo Castelli, che già da anni impegnato sul fronte dei diritti degli autori, quando propose alla Bonelli il suo Martin Mystère, chiese anche che venisse firmato un preciso contratto, che poi diventò il modello di tutti i successivi contratti. Da sceneggiatore, quel marpione di Alfredo fece mettere nel contratto che il creatore del personaggio era lui e lui solo (relegando così automaticamente il creatore grafico, Giancarlo Alessandrini, nel ruolo di mero "esecutore" grafico). Nel contratto si stabilivano i rapporti in caso di interruzione della serie (se per scelta dell'editore, l'autore poteva far proseguire immediatamente la pubblicazione del personaggio da un altro editore - come successe poi per Jonhatan Steele - e se per scelta dell'autore, questo non poteva pubblicare altrove il personaggio per almeno due anni), e si diceva che, oltre ai normali compensi stabiliti dall'editore per sceneggiatori e disegnatori dei normali numeri della serie, in caso di ristampe l'autore (il solo Castelli, dunque) avrebbe ricevuto un compenso nella sua qualità di creatore, e che il resto della cifra stabilita dall'editore sarebbe stata ripartita metà e metà tra sceneggiatore e disegnatore del singolo numero. Come si vede, Castelli faceva la parte del leone, portandosi a casa più di metà della torta. La proposta cadde sul terreno più favorevole, essendo Sergio stesso sceneggiatore, e sceneggiatori tutti i redattori della casa editrice: Canzio, Sclavi ecc. C'era un'altra interessante clausola: fino a un certo numero di copie vendute, gli emolumenti si fermavano qui, ma se la pubblicazione avesse avuto "successo", l'editore avrebbe pagato ulteriori diritti d'autore (al solo "creatore", naturalmente). Se non ricordo male il "break even point" stabilito era di ottantamila copie. Se la cifra è giusta, suppongo che Castelli non abbia mai riscosso granché da questa clausola. Ma non era così per altri. Il contratto, in un modo o nell'altro, cominciò a girare nell'ambiente. Lo pubblicò lo stesso Castelli in uno storico numero di "If" del sodale Gianni Bono? O furono i "mascalzoni" de "L'Urlo" a pubblicizzarlo? Non ricordo, e ha poca importanza. Fatto sta che tra gli autori girava. Ora, immaginiamoci il buon Gallieno Ferri, il cui Zagor all'epoca vendeva intorno alle 90.000 copie, ma in passato credo avesse toccato anche le 200.000, come dovette essersi sentito "derubato"! Specialmente se, come si evince dalla tua documentata ricostruzione e analisi "letteraria", di Zagor lui non era davvero un mero "esecutore grafico", ma quantomeno ci aveva apportato idee a piene mani, magari poi mediate con l'editore. Se anche a lui fosse stato riconosciuto a suo tempo un contratto come quello concesso a Castelli, quanti soldi gli sarebbero spettati negli anni in qualità di "creatore" (sia grafico che letterario) del personaggio? Come si vede, la richiesta di essere riconosciuto come creatore grafico e quantomeno co-creatore letterario del personaggio, a quel punto non era più solo una questione di principio, ma comportava anche un giusto e corposo esborso di diritti d'autore. Quello che Bonelli tirò fuori di tasca in quell'occasione, sicuramente in modo forfettario, per placare la giusta ira di Ferri, probabilmente non lo sapremo mai; l'entità della cifra, a questo punto, potrebbero ancora dircela solo qualche parente di Ferri o l'amministratore della Bonelli, Terzaghi. Ma, naturalmente, non ha alcuna importanza."
In parole povere per colmare un vuoto contrattuale si è dato il via ad un meccanismo non proprio funzionale al dinamismo e al rinnovamento dell'industria del fumetto, che ha portato alla situazione attuale... Con un ambiente gestito da poche persone che a vari livelli accentrano tutto da decenni, e con tutte le conseguenze del caso (non ultimo il mancato ricambio generazionale dei lettori)... E badate bene che qui si parla di una casa editrice che in Italia è sempre stata considerata una specie di Terra Promessa per quanti volevano vivere grazie alla loro passione per i fumetti: nella galassia delle case editrici medio piccole, che le sono sempre girate attorno, le cose potevano (e possono) andare molto peggio.
Siamo davvero sicuri che meccanismi di questo tipo, siano quello che serve al benessere del fumetto nel senso più ampio del termine? Io qualche dubbio ce l'ho... E quello che si sta verificando con sempre maggiore frequenza sullo scenario globale mi porta a pensare che le nuove strade da percorrere ormai siano altre.
Di esempi potrei portarne tanti, ma oggi mi sembrava pertinente citarvi il caso della Toril Orlesky (foto sotto), che proprio in questi giorni sta promuovendo (con successo) la sua raccolta fondi su kickstarter per la pubblicazione in un unico volume del webcomic che l'ha fatta conoscere (CLICCATE QUI)...
La cito a titolo di esempio perchè - al di là del fatto che è un'autrice molto giovane (al momento ha 24 anni) - il suo fumetto, che porta avanti dal 2013 e che si chiama HOTBLOOD!, è particolarmente originale: infatti è ambientato durante la Guerra Civile americana (siamo intorno al 1880) di una realtà parallela... Dove esseri umani e centauri convivono e possono dare il via anche ad appassionate relazioni gay interspecie...
L'idea di un western/fantasy a sfondo gay, che a prima vista potrebbe sembrare alquanto astrusa, tanto malvagia non deve essere, dato che l'obbiettivo della raccolta fondi su kickstarter era di raggiungere quota 25.000 dollari... E a distanza di 18 giorni dalla conclusione di questa campagna la cifra è già stata raddoppiata. Considerando che si tratta comunque di una ristampa omnibus di materiale che Toril Orlesky aveva già pubblicato in altra forma, e che è disponibile gratuitamente su internet, direi che è un risultato molto interessante...
Anche perchè mette in luce tutto il potenziale del web a fronte dei limiti dell'editoria tradizionale: quante case editrici se la sarebbero sentita di investire 50.000 dollari nella pubblicazione di un fumetto del genere? Per giunta dando carta bianca ad una giovane fumettista praticamente esordiente? Probabilmente se Toril Orlesky avesse voluto affermarsi attraverso il mercato tradizionale il suo percorso sarebbe stato molto più complesso, e se avesse avuto la sfortuna di nascere in Italia (senza avere accesso a internet) probabilmente adesso avrebbe già appeso la matita al chiodo...
E invece il suo caso, probabilmente, conferma che siamo entrati davvero in una nuova fase per chi aspira a diventare autore (o autrice) di fumetti, e che EVIDENTEMENTE c'è un mercato praticamente infinito da esplorare... Soprattutto per chi è "giovane" e sente di avere idee fresche da condividere.
Oltretutto Toril Orlesky dimostra di avere una certa dimestichezza con il web in senso lato. Infatti oltre a mettere gratuitamente a disposizione il suo fumetto HOTBLOOD! (CLICCATE QUI), ed oltre a promuovere la raccolta fondi su kickstarter, attualmente può essere finanziata anche tramite il sito PATREON (CLICCATE QUI) e vende a parte delle storie "speciali" in cui i suoi personaggi concretizzano in maniera esplicita le loro passioni (CLICCATE QUI)...
Quindi non stupisce più di tanto il fatto che l'obbiettivo dichiarato della raccolta fondi su kickstarter, al di là della pubblicazione del primo ciclo di HOTBLOOD!, sia quello di raggiungere quota 80.000 dollari per iniziare a produrre senza intralci la seconda stagione dello stesso!
Riuscirà l'intraprendente Toril Orlesky nel suo proposito in soli 18 giorni?
Staremo a vedere... Certo è che, se un fumetto western a base di centauri gay che si innamorano (ricambiati) di esseri umani riuscisse a raggiungere 80.000 dollari di donazioni nel giro di un mese, ci sarebbe davvero molto su cui riflettere...
Alla prossima.
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lunedì 25 aprile 2016
VECCHIE ABITUDINI...
Ciao a tutti, come va?
Anche questo lunedì la sorte ha voluto che trovassi qualche spunto per parlare della situazione italiana, anche se il discorso stavolta è un po' più ampio del solito... E in effetti si sposa anche bene con il 25 aprile...
Partiamo da un dato di fatto: in Giappone è da poco partita la terza stagione di SAILOR MOON CRYSTAL, il remake della serie animata degli anni Novanta che aspira ad essere più fedele al manga originale di Naoko Takeuchi. Così a partire da questa stagione, finalmente, anche SAILOR MOON CRYSTAL inizierà ad affrontare di petto delle tematiche omosessuali... Anche perchè con l'arrivo di Sailor Neptune e Sailor Uranus non si poteva fare altrimenti. E dato che non siamo più negli anni Novanta, e che questa serie in Giappone viene trasmessa in seconda serata, è stato anche possibile che Sailor Uranus si presentasse a Sailor Moon con un provocante bacio a fior di labbra (e forse anche con un po' di lingua)...
Ora: se siete fans di Sailor Moon la cosa non vi avrà affatto stupito, anche perchè la scena è stata ripresa pari pari dal manga... Che, vi ricordo, risale al 1992 ed è stato proposto più volte anche in Italia, e praticamente in tutte le vesti editoriali possibili (a parte il cartonato gigante, ma secondo me è solo questione di tempo)...
Se poi siete appassionati di produzioni giapponesi in generale saprete che il suddetto bacio, che nel contesto può essere interpretato in tanti modi (sfida, apprezzamento, gioco...), ma non come un tentativo di seduzione, non ha niente di particolarmente sconvolgente rispetto a tantissime altre situazioni che si vedono con una certa frequenza nel mondo degli anime e dei manga... Ed eventualmente anche nelle loro trasposizioni dal vivo (sia al cinema che in TV)...
E comunque è da anni, ormai, che vengono prodotte intere serie animate (perlopiù ispirate da manga di successo) incentrate su relazioni omosessuali sia maschili che femminili, per non parlare di tutte quelle produzioni che - in varia misura - finiscono per "giocare" con i vari aspetti delle identità sessuali.
Ad ogni modo, nel caso di Sailor Moon, bisogna considerare due cose.
La prima è che, anche a seguito della popolarità e delle polemiche pretestuose che l'accompagnarono in Italia negli anni Novanta, è uno dei pochi titoli vagamente noti nell'ambiente del giornalismo italiano. La seconda è che in questo particolare momento storico l'Italia è nel pieno di un conflitto ideologico fra conservatori e progressisti: un conflitto in cui la percezione dell'omosessualità è considerata uno dei campi di battaglia principali.
Così, anche se SAILOR MOON CRYSTAL in Italia non è mai arrivata, qualche giornalista ha pensato bene di tornare a prendere di mira il personaggio, con il solito pressapochismo e la solita incompetenza... Come ad esempio nel caso che trovate CLICCANDO QUI...
A rigor di logica un articolo di invettive contro una serie animata che in Italia è disponibile solo tramite il web sarebbe semplicemente ridicolo, se non fosse per il fatto che ha trovato terreno fertile nella galassia degli ambienti conservatori e omofobi che ormai danno per scontato che sia in atto una manipolazione globale finalizzata a far trionfare il male... Anche attraverso l'apertura nei confronti della comunità LGBT e lo sdoganamento delle relative tematiche nel mondo dell'entertainment.
E infatti quell'articolo è diventato abbastanza virale, e ora su vari spazi social esplicitamente omofobi si leggono cose come quella che vedete qui sotto...
E quella che vedete qui...
Ora: l'ultimo post, con tutta la sua sfilza di commenti ai limite del surreale (e, a proposito, qualcuno ha anche iniziato a fare delle classifiche tipo quella che trovate CLICCANDO QUI), è stato rimosso (probabilmente dopo che qualcuno ha fatto notare che si voleva mettere al rogo una serie che in Italia NON è trasmessa), ma penso che sia particolarmente interessante notare come questo episodio abbia messo in luce quanto sia grottesca la situazione attuale... E abbia evidenziato la vera natura delle persone che tengono in ostaggio i media del nostro paese.
Provo a spiegarmi meglio: una volta l'Italia era la nazione europea in cui gli anime avevano maggiore diffusione. Fin da subito, però, qualcuno si accorse del loro grande potenziale "eversivo" e di quanto erano pericolosi per il mantenimento dello status quo... Visto che - provenendo da una cultura molto lontana - offrivano un'interpretazione completamente nuova della realtà, dei sentimenti, della sessualità e persino della religione, facendo crescere delle nuove generazioni più elastiche, tolleranti e indipendenti, che una volta diventate adulte avrebbero potuto mettere in discussione la propria cultura di appartenenza e i relativi schemi, su cui si basavano molti rapporti di potere che in Italia si davano per scontati...
Cosa che in effetti poi è in parte avvenuta, anche se ovviamente non è merito solo delle serie animate giapponesi.
E così, negli anni, sono stati presi vari provvedimenti per estirpare il problema alla radice, facendo pressioni e usando l'innocenza dei bambini come cavallo di Troia... E infatti oggi la televisione italiana NON può più permettersi di dare spazio alle produzioni giapponesi con leggerezza... Perchè ora passerebbe dei guai anche a livello legale e pecuniario (CLICCATE QUI per leggere come si è evoluta la situazione e quali sono i provvedimenti che sono stati presi per limitare la libertà delle emittenti italiane).
Tant'è che Italia Uno ha appena deciso di riproporre, a partire dal 4 maggio (nella fascia delle 7.50), la prima serie di Sailor Moon (che con tutte le sue famose censure è già passata al vaglio dell'AGCOM), anche se ormai risale a 21 anni fa... E sicuramente a Mediaset, soprattutto in questo particolare periodo, non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di proporre SAILOR MOON CRYSTAL in Italia...
Situazione, questa, che peraltro avevo previsto in tempi non sospetti (CLICCATE QUI).
In poche parole, per quel che riguarda le serie animate giapponesi in TV, i conservatori, i bigotti e i fanatici religiosi hanno già vinto... Eppure, alla luce di quello che è successo in questi giorni col bacio di SAILOR MOON CRYSTAL, è evidente che non gli basta. E penso che a questo punto sia chiaro che non gli basta perchè in realtà il loro scopo non è mai stato quello raggiungere un obbiettivo concreto (che peraltro hanno già raggiunto trasformando la TV italiana in quello che è), ma quello di continuare a trovare delle ragioni per dare senso alle loro "battaglie", o magari alle loro carriere, e per affermare i loro principi (tradendo una buona dose di insicurezza personale, ma questo è un altro discorso).
Dopottutto i paladini del bene e della giustizia - e lo insegna anche Sailor Moon - trovano uno scopo nella misura in cui hanno problemi da risolvere, terribili nemici da sconfiggere e complotti maligni da sventare...
Quindi se un nemico non c'è, e/o è già stato sconfitto, bisogna inventarsene uno... Anche se poi i nemici reali sono altri, e continuano a fare danni e ad agire indisturbati.
D'altra parte è molto più facile prendersela con le serie animate giapponesi, o magari con la comunità LGBT (anche perchè talvolta i due concetti si sovrappongono), piuttosto che con chi detiene davvero il potere di fare del male e resta inattacabile nonostante le sue responsabilità...
E questo, forse, spiega anche perchè i conservatori (e chi vorrebbe manipolarli per i propri scopi) sono così intransigenti. La legittimazione (o addirittura l'affermazione) di un gruppo sociale minoritario - o di una nuova idea, o anche solo di un punto di vista alternativo - rappresenta sempre un problema per quanti necessitano di soggetti deboli e vulnerabili da colpevolizzare e prendere di mira per scaricare le proprie frustrazioni, visto che questo genere di persone ha sempre bisogno di qualcuno su cui accanirsi per affermarsi e sentirsi gratificato, ribadendo la propria superiorità e la propria vocazione a lottare per una giusta causa...
Di conseguenza ogni volta che si legittima un principio che queste persone non condividono, o un gruppo sociale a cui non appartengono, la loro autostima rischia dei pesanti contraccolpi e la loro importanza viene ridimensionata, quindi lottano con le unghie e con i denti per fare in modo che ciò non avvenga.
Tutto questo accanimento contro le istanze della comunità gay, probabilmente, parte da qui, anche se poi ci ricamano sopra motivazioni più o meno nobili... E infatti quando si cerca un confronto questi soggetti si mettono sempre sulla difensiva e alzano delle barricate, tradendo una personalità molto fragile e terribilmente spaventata all'idea di doversi mettere in discussione.
Non sono uno psicologo, ma penso sia abbastanza evidente che dandola vinta ai soggetti che esprimono queste dinamiche psicologiche si entra in circolo vizioso, perchè per quanto gli si verrà incontro cercheranno sempre nuovi nemici da sfidare, nuovi complotti da sventare, nuove perversioni da smascherare e tutto il resto... Per dare senso ad una battaglia del bene contro il male che hanno bisogno di portare avanti all'infinito per affermare il proprio Ego, ma che - in questi termini - è solo nella loro testa.
E così si rischia di abbassare sempre di più l'asticella della tolleranza...
Ad esempio: dato che ultimamente in Italia non ci sono più serie giapponesi con cui prendersela, di recente c'è stato anche qualcuno che ha scatenato il panico dicendo che ad essere fuorviante, pericoloso e pro-gay era addirittura l'ultimo film di Kung-Fu Panda... Tant'è che il suo doppiatore italiano, che è Fabio Volo, è letteralmente sbroccato in diretta radio... E se non ci credete potete CLICCARE QUI.
E non si è trattato di polemiche indolore: infatti è successo che almeno nel caso di un asilo dalle parti di Perugia i bambini non abbiano potuto andare a vedere il film perchè dei genitori si sono opposti, intimoriti da certe affermazioni (CLICCATE QUI)... E ad aggiungere un'ulteriore sfumatura paradossale al tutto c'è anche il fatto che il co-regista di Kung-Fu Panda 3 è l'animatore italiano Alessandro Carloni (foto sotto), che guardacaso per coronare le sue aspirazioni professionali è dovuto andarsene dall'Italia...
Secondo Reporters sans Frontiers l'Italia quest'anno è scesa di altre quattro posizioni nella classifica mondiale della libertà di stampa, e ora ci collochiamo in settantasettesima posizione (CLICCATE QUI). Eppure ci sono ancora certi ambienti che sostengono che i nostri media garantiscono troppe libertà... Certo i parametri di valutazione sono complessi, e bisogna prendere in considerazione vari fattori, ma penso sia sotto gli occhi di tutti come i nostri media non siano del tutto liberi di affrontare certi argomenti, soprattutto se lo fanno in certo modo, senza subire conseguenze e rappresaglie di vario tipo. E questa situazione si riflette anche quando c'è di mezzo tutto quell'entertainment legato all'immaginario pop, come i fumetti e le serie animate, che tradizionalmente (ed erroneamente) si associano ancora prevalentemente all'infanzia.
E così, in questo clima paradossale, può succedere che le emittenti televisive debbano farsi mille scrupoli quando vogliono proporre dell'entertainment che può avere una valenza artistica e contenutistica che invita alla riflessione, all'approfondimento e all'ampliamento delle prospettive dello spettatore... Mentre sono libere di mostrare spettacoli grevi e grotteschi quando sono funzionali all'affermazione di certi schemi mentali e al mantenimento di un certo scenario socio culturale...
E questa logica si riscontra nella televisione italiana, nella stampa generalista, alla radio e nelle case editrici che in Italia producono fumetto popolare. Anche se è sempre più evidente che, nel vano tentativo di venire incontro alle esigenze di chi non sarà mai soddisfatto, si sta compromettendo il futuro di interi settori dell'industria dell'intrattenimento, accelerando peraltro il fuggi fuggi generale verso il web... Dove, per inciso, ormai sono gli stessi giapponesi a mettere a disposizione del pubblico le nuove puntate di Sailor Moon con i sottotoli in italiano, e dove i gruppi di doppiatori amatoriali (che saranno pure abusivi, ma sono molto motivati e non hanno fini di lucro) fanno un lavoro più che dignitoso per adattare la serie di SAILOR MOON CRYSTAL nella nostra lingua...
Alla faccia di chi mette le emittenti italiane nella posizione di non poterla proporre ufficialmente nel nostro paese...
Probabilmente, arrivati a questo punto, non è più possibile paragonare le crociate contro i cartoni giapponesi che ci sono state negli anni Ottanta e Novanta con quelle che potrebbero manifestarsi in questo periodo, e che rientrano in fenomeni reazionari di più ampia portata... Anche perchè, per fortuna, ora i sostenitori della causa delle serie animate (e le minoranze in generale) non sono più vulnerabili come una volta... E comunque sul web hanno esattamente lo stesso peso di chi, una volta, poteva fare la voce grossa contando sull'appoggio delle lobby di potere e dei media compiacenti...
Quindi, al momento, è praticamente impossibile fare pronostici sullo sviluppo della situazione.
Quel che è certo è che, per fortuna, almeno questa volta chi vuole reprimere la libertà d'espressione non può più imporsi a tutti i livelli, come avveniva una volta... E forse, adesso, è possibile reagire in qualche modo e sfruttare almeno un media, e cioè internet, in cui è possibile combattere ad armi pari.
Probabilmente i prossimi anni saranno cruciali.
Alla prossima.
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
Anche questo lunedì la sorte ha voluto che trovassi qualche spunto per parlare della situazione italiana, anche se il discorso stavolta è un po' più ampio del solito... E in effetti si sposa anche bene con il 25 aprile...
Partiamo da un dato di fatto: in Giappone è da poco partita la terza stagione di SAILOR MOON CRYSTAL, il remake della serie animata degli anni Novanta che aspira ad essere più fedele al manga originale di Naoko Takeuchi. Così a partire da questa stagione, finalmente, anche SAILOR MOON CRYSTAL inizierà ad affrontare di petto delle tematiche omosessuali... Anche perchè con l'arrivo di Sailor Neptune e Sailor Uranus non si poteva fare altrimenti. E dato che non siamo più negli anni Novanta, e che questa serie in Giappone viene trasmessa in seconda serata, è stato anche possibile che Sailor Uranus si presentasse a Sailor Moon con un provocante bacio a fior di labbra (e forse anche con un po' di lingua)...
Ora: se siete fans di Sailor Moon la cosa non vi avrà affatto stupito, anche perchè la scena è stata ripresa pari pari dal manga... Che, vi ricordo, risale al 1992 ed è stato proposto più volte anche in Italia, e praticamente in tutte le vesti editoriali possibili (a parte il cartonato gigante, ma secondo me è solo questione di tempo)...
Se poi siete appassionati di produzioni giapponesi in generale saprete che il suddetto bacio, che nel contesto può essere interpretato in tanti modi (sfida, apprezzamento, gioco...), ma non come un tentativo di seduzione, non ha niente di particolarmente sconvolgente rispetto a tantissime altre situazioni che si vedono con una certa frequenza nel mondo degli anime e dei manga... Ed eventualmente anche nelle loro trasposizioni dal vivo (sia al cinema che in TV)...
E comunque è da anni, ormai, che vengono prodotte intere serie animate (perlopiù ispirate da manga di successo) incentrate su relazioni omosessuali sia maschili che femminili, per non parlare di tutte quelle produzioni che - in varia misura - finiscono per "giocare" con i vari aspetti delle identità sessuali.
Ad ogni modo, nel caso di Sailor Moon, bisogna considerare due cose.
La prima è che, anche a seguito della popolarità e delle polemiche pretestuose che l'accompagnarono in Italia negli anni Novanta, è uno dei pochi titoli vagamente noti nell'ambiente del giornalismo italiano. La seconda è che in questo particolare momento storico l'Italia è nel pieno di un conflitto ideologico fra conservatori e progressisti: un conflitto in cui la percezione dell'omosessualità è considerata uno dei campi di battaglia principali.
Così, anche se SAILOR MOON CRYSTAL in Italia non è mai arrivata, qualche giornalista ha pensato bene di tornare a prendere di mira il personaggio, con il solito pressapochismo e la solita incompetenza... Come ad esempio nel caso che trovate CLICCANDO QUI...
A rigor di logica un articolo di invettive contro una serie animata che in Italia è disponibile solo tramite il web sarebbe semplicemente ridicolo, se non fosse per il fatto che ha trovato terreno fertile nella galassia degli ambienti conservatori e omofobi che ormai danno per scontato che sia in atto una manipolazione globale finalizzata a far trionfare il male... Anche attraverso l'apertura nei confronti della comunità LGBT e lo sdoganamento delle relative tematiche nel mondo dell'entertainment.
E infatti quell'articolo è diventato abbastanza virale, e ora su vari spazi social esplicitamente omofobi si leggono cose come quella che vedete qui sotto...
E quella che vedete qui...
Ora: l'ultimo post, con tutta la sua sfilza di commenti ai limite del surreale (e, a proposito, qualcuno ha anche iniziato a fare delle classifiche tipo quella che trovate CLICCANDO QUI), è stato rimosso (probabilmente dopo che qualcuno ha fatto notare che si voleva mettere al rogo una serie che in Italia NON è trasmessa), ma penso che sia particolarmente interessante notare come questo episodio abbia messo in luce quanto sia grottesca la situazione attuale... E abbia evidenziato la vera natura delle persone che tengono in ostaggio i media del nostro paese.
Provo a spiegarmi meglio: una volta l'Italia era la nazione europea in cui gli anime avevano maggiore diffusione. Fin da subito, però, qualcuno si accorse del loro grande potenziale "eversivo" e di quanto erano pericolosi per il mantenimento dello status quo... Visto che - provenendo da una cultura molto lontana - offrivano un'interpretazione completamente nuova della realtà, dei sentimenti, della sessualità e persino della religione, facendo crescere delle nuove generazioni più elastiche, tolleranti e indipendenti, che una volta diventate adulte avrebbero potuto mettere in discussione la propria cultura di appartenenza e i relativi schemi, su cui si basavano molti rapporti di potere che in Italia si davano per scontati...
Cosa che in effetti poi è in parte avvenuta, anche se ovviamente non è merito solo delle serie animate giapponesi.
E così, negli anni, sono stati presi vari provvedimenti per estirpare il problema alla radice, facendo pressioni e usando l'innocenza dei bambini come cavallo di Troia... E infatti oggi la televisione italiana NON può più permettersi di dare spazio alle produzioni giapponesi con leggerezza... Perchè ora passerebbe dei guai anche a livello legale e pecuniario (CLICCATE QUI per leggere come si è evoluta la situazione e quali sono i provvedimenti che sono stati presi per limitare la libertà delle emittenti italiane).
Tant'è che Italia Uno ha appena deciso di riproporre, a partire dal 4 maggio (nella fascia delle 7.50), la prima serie di Sailor Moon (che con tutte le sue famose censure è già passata al vaglio dell'AGCOM), anche se ormai risale a 21 anni fa... E sicuramente a Mediaset, soprattutto in questo particolare periodo, non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di proporre SAILOR MOON CRYSTAL in Italia...
Situazione, questa, che peraltro avevo previsto in tempi non sospetti (CLICCATE QUI).
In poche parole, per quel che riguarda le serie animate giapponesi in TV, i conservatori, i bigotti e i fanatici religiosi hanno già vinto... Eppure, alla luce di quello che è successo in questi giorni col bacio di SAILOR MOON CRYSTAL, è evidente che non gli basta. E penso che a questo punto sia chiaro che non gli basta perchè in realtà il loro scopo non è mai stato quello raggiungere un obbiettivo concreto (che peraltro hanno già raggiunto trasformando la TV italiana in quello che è), ma quello di continuare a trovare delle ragioni per dare senso alle loro "battaglie", o magari alle loro carriere, e per affermare i loro principi (tradendo una buona dose di insicurezza personale, ma questo è un altro discorso).
Dopottutto i paladini del bene e della giustizia - e lo insegna anche Sailor Moon - trovano uno scopo nella misura in cui hanno problemi da risolvere, terribili nemici da sconfiggere e complotti maligni da sventare...
Quindi se un nemico non c'è, e/o è già stato sconfitto, bisogna inventarsene uno... Anche se poi i nemici reali sono altri, e continuano a fare danni e ad agire indisturbati.
D'altra parte è molto più facile prendersela con le serie animate giapponesi, o magari con la comunità LGBT (anche perchè talvolta i due concetti si sovrappongono), piuttosto che con chi detiene davvero il potere di fare del male e resta inattacabile nonostante le sue responsabilità...
E questo, forse, spiega anche perchè i conservatori (e chi vorrebbe manipolarli per i propri scopi) sono così intransigenti. La legittimazione (o addirittura l'affermazione) di un gruppo sociale minoritario - o di una nuova idea, o anche solo di un punto di vista alternativo - rappresenta sempre un problema per quanti necessitano di soggetti deboli e vulnerabili da colpevolizzare e prendere di mira per scaricare le proprie frustrazioni, visto che questo genere di persone ha sempre bisogno di qualcuno su cui accanirsi per affermarsi e sentirsi gratificato, ribadendo la propria superiorità e la propria vocazione a lottare per una giusta causa...
Di conseguenza ogni volta che si legittima un principio che queste persone non condividono, o un gruppo sociale a cui non appartengono, la loro autostima rischia dei pesanti contraccolpi e la loro importanza viene ridimensionata, quindi lottano con le unghie e con i denti per fare in modo che ciò non avvenga.
Tutto questo accanimento contro le istanze della comunità gay, probabilmente, parte da qui, anche se poi ci ricamano sopra motivazioni più o meno nobili... E infatti quando si cerca un confronto questi soggetti si mettono sempre sulla difensiva e alzano delle barricate, tradendo una personalità molto fragile e terribilmente spaventata all'idea di doversi mettere in discussione.
Non sono uno psicologo, ma penso sia abbastanza evidente che dandola vinta ai soggetti che esprimono queste dinamiche psicologiche si entra in circolo vizioso, perchè per quanto gli si verrà incontro cercheranno sempre nuovi nemici da sfidare, nuovi complotti da sventare, nuove perversioni da smascherare e tutto il resto... Per dare senso ad una battaglia del bene contro il male che hanno bisogno di portare avanti all'infinito per affermare il proprio Ego, ma che - in questi termini - è solo nella loro testa.
E così si rischia di abbassare sempre di più l'asticella della tolleranza...
Ad esempio: dato che ultimamente in Italia non ci sono più serie giapponesi con cui prendersela, di recente c'è stato anche qualcuno che ha scatenato il panico dicendo che ad essere fuorviante, pericoloso e pro-gay era addirittura l'ultimo film di Kung-Fu Panda... Tant'è che il suo doppiatore italiano, che è Fabio Volo, è letteralmente sbroccato in diretta radio... E se non ci credete potete CLICCARE QUI.
E non si è trattato di polemiche indolore: infatti è successo che almeno nel caso di un asilo dalle parti di Perugia i bambini non abbiano potuto andare a vedere il film perchè dei genitori si sono opposti, intimoriti da certe affermazioni (CLICCATE QUI)... E ad aggiungere un'ulteriore sfumatura paradossale al tutto c'è anche il fatto che il co-regista di Kung-Fu Panda 3 è l'animatore italiano Alessandro Carloni (foto sotto), che guardacaso per coronare le sue aspirazioni professionali è dovuto andarsene dall'Italia...
Secondo Reporters sans Frontiers l'Italia quest'anno è scesa di altre quattro posizioni nella classifica mondiale della libertà di stampa, e ora ci collochiamo in settantasettesima posizione (CLICCATE QUI). Eppure ci sono ancora certi ambienti che sostengono che i nostri media garantiscono troppe libertà... Certo i parametri di valutazione sono complessi, e bisogna prendere in considerazione vari fattori, ma penso sia sotto gli occhi di tutti come i nostri media non siano del tutto liberi di affrontare certi argomenti, soprattutto se lo fanno in certo modo, senza subire conseguenze e rappresaglie di vario tipo. E questa situazione si riflette anche quando c'è di mezzo tutto quell'entertainment legato all'immaginario pop, come i fumetti e le serie animate, che tradizionalmente (ed erroneamente) si associano ancora prevalentemente all'infanzia.
E così, in questo clima paradossale, può succedere che le emittenti televisive debbano farsi mille scrupoli quando vogliono proporre dell'entertainment che può avere una valenza artistica e contenutistica che invita alla riflessione, all'approfondimento e all'ampliamento delle prospettive dello spettatore... Mentre sono libere di mostrare spettacoli grevi e grotteschi quando sono funzionali all'affermazione di certi schemi mentali e al mantenimento di un certo scenario socio culturale...
E questa logica si riscontra nella televisione italiana, nella stampa generalista, alla radio e nelle case editrici che in Italia producono fumetto popolare. Anche se è sempre più evidente che, nel vano tentativo di venire incontro alle esigenze di chi non sarà mai soddisfatto, si sta compromettendo il futuro di interi settori dell'industria dell'intrattenimento, accelerando peraltro il fuggi fuggi generale verso il web... Dove, per inciso, ormai sono gli stessi giapponesi a mettere a disposizione del pubblico le nuove puntate di Sailor Moon con i sottotoli in italiano, e dove i gruppi di doppiatori amatoriali (che saranno pure abusivi, ma sono molto motivati e non hanno fini di lucro) fanno un lavoro più che dignitoso per adattare la serie di SAILOR MOON CRYSTAL nella nostra lingua...
Alla faccia di chi mette le emittenti italiane nella posizione di non poterla proporre ufficialmente nel nostro paese...
Probabilmente, arrivati a questo punto, non è più possibile paragonare le crociate contro i cartoni giapponesi che ci sono state negli anni Ottanta e Novanta con quelle che potrebbero manifestarsi in questo periodo, e che rientrano in fenomeni reazionari di più ampia portata... Anche perchè, per fortuna, ora i sostenitori della causa delle serie animate (e le minoranze in generale) non sono più vulnerabili come una volta... E comunque sul web hanno esattamente lo stesso peso di chi, una volta, poteva fare la voce grossa contando sull'appoggio delle lobby di potere e dei media compiacenti...
Quindi, al momento, è praticamente impossibile fare pronostici sullo sviluppo della situazione.
Quel che è certo è che, per fortuna, almeno questa volta chi vuole reprimere la libertà d'espressione non può più imporsi a tutti i livelli, come avveniva una volta... E forse, adesso, è possibile reagire in qualche modo e sfruttare almeno un media, e cioè internet, in cui è possibile combattere ad armi pari.
Probabilmente i prossimi anni saranno cruciali.
Alla prossima.
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
venerdì 22 aprile 2016
BACI DA FAVOLA...
Ciao a tutti, come va?
Ultimamente ha fatto abbastanza discutere la scelta dei produttori del serial televisive Once Upon a Time, che nella quinta stagione hanno voluto inserire una sottotrama omosessuale che coinvolge due personaggi molto noti della serie...
In realtà le sottotrame gay non sono una gran novità nei serial televisivi americani, ma Once Upon a Time è un caso un po' particolare per almeno due motivi: il primo è che è un serial che - per dirla molto in breve - racconta le vicissitudini dei protagonisti delle favole (presentati come abitanti di una realtà parallela che talvolta interagisce con la nostra), e il secondo è che viene ospitato su un canale che fa parte della multinazionale Disney (la ABC), con la conseguenza che buona parte dei personaggi che compaiono in Once Upon a Time sono di fatto la versione Disney delle favole più famose, se non addirittura la versione live di favole Made in Disney (come è avvenuto nel caso dei protagonisti di FROZEN)...
Quindi vedere una sottotrama omosessuale in questo serial ha un certo peso e un certo impatto simbolico... E infatti non appena Cappuccetto Rosso e Dorothy Gale (quella de Il Mago di Oz) hanno esternato i loro sentimenti le solite associazioni conservatrici hanno alzato gli scudi e minacciato boicottaggi... Lamentandosi di come questo sia un processo di normalizzazione dell'omosessualità forzoso e pretestuoso...
Quello che forse non hanno capito, al netto del fatto che si può criticare o meno la scelta di far innamorare Dorothy e Cappuccetto Rosso, è che questa sottotrama è più che altro una conseguenza di un processo di normalizzazione che è già in corso da diverso tempo... E probabilmente i bambini nati negli ultimi anni saranno gli ultimi a farsi dei problemi riguardo a questo genere di trovate... Anche perchè i prodotti gay friendly per bambini hanno già una loro nicchia di estimatori decisamente ampia.
E lo dimostra anche il fatto che il progetto lanciato su kickstarter da Adam Reynolds e Chaz Harris (foto sotto) ha superato la cifra dei 25.000 $ dollari necessari per la prima edizione del loro libro di favole gay, e l'ha quasi raddoppiato!
La loro idea era quella di produrre un libro di favole per bambini, incentrato sulla storia d'amore fra un principe e un contadno, con tutto il suo corollario di avventure, incantesimi, avversari, ecc.
E così hanno pensato di produrre la prima edizione passando per kickstarter, con i vari bonus e incentivi che questo sistema di raccolta fondi dà modo di offrire ai potenziali finanziatori (CLICCATE QUI)... E la cosa curiosa è che un progetto di questo tipo ha avuto successo nonostante non si trattasse nemmeno di una novità assoluta (di libri di favole gay ormai ne sono disponibili diversi, soprattutto in lingua inglese). Probabilmente quello che ha fatto la differenza è stato anche il messaggio interrazziale, la grafica vagamente disneyana e l'approccio moderno e accattivante della proposta...
E forse, soprattutto, il suo taglio estremamente "normale"... Nel senso che, pur essendo, un libro di favole con un'amore gay in primo piano, la caratterizzazione dei personaggi coinvolti nella storia che viene portata avanti non ha niente di particolarmente provocatorio o trasgressivo, e i due potrebbero essere tranquillamente i progonisti di un cartone animato di ultima generazione... Il che mi porta a fare alcune considerazioni su un fenomeno che si riallaccia al processo di normalizzazione di cui si parlava prima.
E per farlo mi aiuterò segnalandovi un altro progetto di finanziamento dal basso, che però non sta avendo il successo sperato.
Mi riferisco al fumetto Mama Tits SAVES THE WORLD, proposto da Terry Blas su IndeGoGo (CLICCATE QUI), e incentrato sulle avventure supereroistiche di una nota drag queen lanciata dal talent show di RuPaul...
Nonostante la (relativa) popolarità della protagonista e il taglio militante della storia, la raccolta fondi per questo progetto stenta a decollare, e forse varrebbe la pena di chiedersi il perchè. Nel senso che, forse, una delle conseguenze del processo di "normalizzazione" di cui tanto si lamentano le associazioni conservatrici è proprio il fatto che ormai stanno cambiando tutti i paradigmi culturali del mondo LGBT. Se in passato, diciamo una ventina di anni fa, fosse stato proposto un fumetto con un personaggio come Mama Tits probabilmente se ne sarebbe parlato molto di più e sicuramente avrebbe avuto più riscontri... Mentre adesso, al netto del fatto che le Drag Queen hanno comunque un valore artistico e culturale (quando sono brave), non hanno più il peso simbolico che avevano una volta nell'immaginario collettivo della comunità gay (e dei suoi simpatizzanti)...
Anche perchè si sta diffondendo sempre di più la consapevolezza che orientamento sessuale e identità di genere sono due concetti separati, e che per quanto si possano apprezzare le performance di una drag queen, le rivendicazioni e le aspirazioni della comunità gay di oggi hanno a disposizione un ventaglio di possibilità molto più ampio (e meno ambiguo) per affermarsi... Ad esempio attraverso una legittimazione che passa dal mondo delle favole... E a quanto pare questo lo hanno capito anche i produttori della ABC...
Probabilmente i tempi stanno davvero cambiando, e sarà molto interessante vedere dove si arriverà.
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
Ultimamente ha fatto abbastanza discutere la scelta dei produttori del serial televisive Once Upon a Time, che nella quinta stagione hanno voluto inserire una sottotrama omosessuale che coinvolge due personaggi molto noti della serie...
In realtà le sottotrame gay non sono una gran novità nei serial televisivi americani, ma Once Upon a Time è un caso un po' particolare per almeno due motivi: il primo è che è un serial che - per dirla molto in breve - racconta le vicissitudini dei protagonisti delle favole (presentati come abitanti di una realtà parallela che talvolta interagisce con la nostra), e il secondo è che viene ospitato su un canale che fa parte della multinazionale Disney (la ABC), con la conseguenza che buona parte dei personaggi che compaiono in Once Upon a Time sono di fatto la versione Disney delle favole più famose, se non addirittura la versione live di favole Made in Disney (come è avvenuto nel caso dei protagonisti di FROZEN)...
Quindi vedere una sottotrama omosessuale in questo serial ha un certo peso e un certo impatto simbolico... E infatti non appena Cappuccetto Rosso e Dorothy Gale (quella de Il Mago di Oz) hanno esternato i loro sentimenti le solite associazioni conservatrici hanno alzato gli scudi e minacciato boicottaggi... Lamentandosi di come questo sia un processo di normalizzazione dell'omosessualità forzoso e pretestuoso...
Quello che forse non hanno capito, al netto del fatto che si può criticare o meno la scelta di far innamorare Dorothy e Cappuccetto Rosso, è che questa sottotrama è più che altro una conseguenza di un processo di normalizzazione che è già in corso da diverso tempo... E probabilmente i bambini nati negli ultimi anni saranno gli ultimi a farsi dei problemi riguardo a questo genere di trovate... Anche perchè i prodotti gay friendly per bambini hanno già una loro nicchia di estimatori decisamente ampia.
E lo dimostra anche il fatto che il progetto lanciato su kickstarter da Adam Reynolds e Chaz Harris (foto sotto) ha superato la cifra dei 25.000 $ dollari necessari per la prima edizione del loro libro di favole gay, e l'ha quasi raddoppiato!
La loro idea era quella di produrre un libro di favole per bambini, incentrato sulla storia d'amore fra un principe e un contadno, con tutto il suo corollario di avventure, incantesimi, avversari, ecc.
E così hanno pensato di produrre la prima edizione passando per kickstarter, con i vari bonus e incentivi che questo sistema di raccolta fondi dà modo di offrire ai potenziali finanziatori (CLICCATE QUI)... E la cosa curiosa è che un progetto di questo tipo ha avuto successo nonostante non si trattasse nemmeno di una novità assoluta (di libri di favole gay ormai ne sono disponibili diversi, soprattutto in lingua inglese). Probabilmente quello che ha fatto la differenza è stato anche il messaggio interrazziale, la grafica vagamente disneyana e l'approccio moderno e accattivante della proposta...
E forse, soprattutto, il suo taglio estremamente "normale"... Nel senso che, pur essendo, un libro di favole con un'amore gay in primo piano, la caratterizzazione dei personaggi coinvolti nella storia che viene portata avanti non ha niente di particolarmente provocatorio o trasgressivo, e i due potrebbero essere tranquillamente i progonisti di un cartone animato di ultima generazione... Il che mi porta a fare alcune considerazioni su un fenomeno che si riallaccia al processo di normalizzazione di cui si parlava prima.
E per farlo mi aiuterò segnalandovi un altro progetto di finanziamento dal basso, che però non sta avendo il successo sperato.
Mi riferisco al fumetto Mama Tits SAVES THE WORLD, proposto da Terry Blas su IndeGoGo (CLICCATE QUI), e incentrato sulle avventure supereroistiche di una nota drag queen lanciata dal talent show di RuPaul...
Nonostante la (relativa) popolarità della protagonista e il taglio militante della storia, la raccolta fondi per questo progetto stenta a decollare, e forse varrebbe la pena di chiedersi il perchè. Nel senso che, forse, una delle conseguenze del processo di "normalizzazione" di cui tanto si lamentano le associazioni conservatrici è proprio il fatto che ormai stanno cambiando tutti i paradigmi culturali del mondo LGBT. Se in passato, diciamo una ventina di anni fa, fosse stato proposto un fumetto con un personaggio come Mama Tits probabilmente se ne sarebbe parlato molto di più e sicuramente avrebbe avuto più riscontri... Mentre adesso, al netto del fatto che le Drag Queen hanno comunque un valore artistico e culturale (quando sono brave), non hanno più il peso simbolico che avevano una volta nell'immaginario collettivo della comunità gay (e dei suoi simpatizzanti)...
Anche perchè si sta diffondendo sempre di più la consapevolezza che orientamento sessuale e identità di genere sono due concetti separati, e che per quanto si possano apprezzare le performance di una drag queen, le rivendicazioni e le aspirazioni della comunità gay di oggi hanno a disposizione un ventaglio di possibilità molto più ampio (e meno ambiguo) per affermarsi... Ad esempio attraverso una legittimazione che passa dal mondo delle favole... E a quanto pare questo lo hanno capito anche i produttori della ABC...
Probabilmente i tempi stanno davvero cambiando, e sarà molto interessante vedere dove si arriverà.
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
Terry Blas
mercoledì 20 aprile 2016
DUBBIO GUSTO...
Ciao a tutti, come va?
Questo non è un blog specializzato in videogames, ma devo ammettere che quando me ne occupo trovo sempre molto interessante analizzarne i risvolti sociologici, anche perchè i videogames sono diventati un prodotto culturale a tutti gli effetti.
E ovviament esu questo blog parlo di videogames che hanno una connotazione gay friendly o indubiamente omofoba. In questo caso, però, devo ammettere che sono andato un po' in crisi. Infatti parliamo di un videogames che tecnicamente sarebbe quanto di più omofobo possa essere realizzato, eppure non si capisce se ci siano sei sottotesti di altro tipo...
Tutto parte dal giornalista inglese Milo Yiannopoulos (foto sotto), piacente trentenne gay dichiarato di origini greche, che è dichiaratamente di destra ed è contrario all'Islam...
Proprio lui è diventato il protagonista di un videogioco realizzato da un certo Michael Garber, che sviluppa giochi sotto lo pseudonimo di riffraffgames, e che consiste nel manovrare tre estremisti dell'Isis per gettare Milo Yiannopoulos giù da un tetto... Facendogli centrare dei bersagli e facendogli colpire di sponda quanti più militanti dell'Isis possibili... Per darvi un'idea più precisa di quello di cui sto parlando potete vedere un trailer qui sotto...
L'autore sostiene che il videogioco servirebbe per sensibilizzare il pubblico nei confronti di una situazione che fa parte del mondo reale, dove effettivamente c'è un Isis che lapida e getta dai tetti le persone omosessuali... Eppure resta la sgradevole sensazione che si voglia fare dell'ironia fuori luogo... Facendo perdere la reale prospettiva della situazione.
Anche se, a quanto pare, persino lo stesso Milo Yiannopoulos trova che l'idea sia buona, e ha dato la sua approvazione al progetto...
Sia come sia potete scaricare gratuitamente questo gioco alquanto inquietante CLICCANDO QUI.
Voi cosa ne pensate?
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
Questo non è un blog specializzato in videogames, ma devo ammettere che quando me ne occupo trovo sempre molto interessante analizzarne i risvolti sociologici, anche perchè i videogames sono diventati un prodotto culturale a tutti gli effetti.
E ovviament esu questo blog parlo di videogames che hanno una connotazione gay friendly o indubiamente omofoba. In questo caso, però, devo ammettere che sono andato un po' in crisi. Infatti parliamo di un videogames che tecnicamente sarebbe quanto di più omofobo possa essere realizzato, eppure non si capisce se ci siano sei sottotesti di altro tipo...
Tutto parte dal giornalista inglese Milo Yiannopoulos (foto sotto), piacente trentenne gay dichiarato di origini greche, che è dichiaratamente di destra ed è contrario all'Islam...
Proprio lui è diventato il protagonista di un videogioco realizzato da un certo Michael Garber, che sviluppa giochi sotto lo pseudonimo di riffraffgames, e che consiste nel manovrare tre estremisti dell'Isis per gettare Milo Yiannopoulos giù da un tetto... Facendogli centrare dei bersagli e facendogli colpire di sponda quanti più militanti dell'Isis possibili... Per darvi un'idea più precisa di quello di cui sto parlando potete vedere un trailer qui sotto...
L'autore sostiene che il videogioco servirebbe per sensibilizzare il pubblico nei confronti di una situazione che fa parte del mondo reale, dove effettivamente c'è un Isis che lapida e getta dai tetti le persone omosessuali... Eppure resta la sgradevole sensazione che si voglia fare dell'ironia fuori luogo... Facendo perdere la reale prospettiva della situazione.
Anche se, a quanto pare, persino lo stesso Milo Yiannopoulos trova che l'idea sia buona, e ha dato la sua approvazione al progetto...
Sia come sia potete scaricare gratuitamente questo gioco alquanto inquietante CLICCANDO QUI.
Voi cosa ne pensate?
E non dimenticare di partecipare alla votazione dei premi GLAD! Vota anche tu il fumetto italiano che ti ha deluso di più! Trovi tutte le informazioni CLICCANDO QUI.
lunedì 18 aprile 2016
QUANDO CADE LA SCURE...
Ciao a tutti, come va?
Nel mio ultimo post segnalavo come la Archie Comics, che negli USA è un po' un'istituzione, avesse deciso di puntare al mercato digitale per lanciare la miniserie dedicata al "nuovo" Kevin Keller, che esplorerà la sua vita di gay ventenne nella New York di oggi (CLICCATE QUI).
La Archie Comics è nata nel 1939 come MLJ Magazines, e dopo il grande successo dei suoi fumetti umoristici per adolescenti ha cambiato il suo nome in Archie Comics, nel 1946. Da allora ha continuato a sfornare personaggi molto iconici, concentrandosi sempre di più sulla fascia di pubblico adolescenziale e preadolescenziale. Questo, ovviamente, ha richiesto che i suoi personaggi si adeguassero periodicamente alle mode, ai contesti e alle situazioni che coinvolgevano i loro coetanei nel mondo reale, anche perchè in caso contrario il ricambio generazionale si sarebbe bloccato e l'editore non sarebbe andato avanti per oltre settant'anni... E sicuramente adesso non starebbe ispirando un teen drama televisivo di ultima generazione, presto in onda per il canale CW (quello di FLASH e ARROW)...
Tutto questo per dire che, per avere un successo duraturo nel mondo dell'editoria a fumetti, è molto importante avere le idee chiare. Nel senso che è importante individuare un pubblico di riferimento e capire quali sono le dinamiche che possono portare a rinnovarlo ciclicamente... Altrimenti si rischia di conquistare una platea - magari anche ampia - senza riuscire a rinnovarla, finendo poi per morire con essa...
In Italia questo fenomeno si è verificato abbastanza spesso. Ad esempio è avvenuto con i pur popolarissimi fumetti dell'Editoriale Dardo, che erano perfettamente in sintonia con i gusti dei bambini e dei ragazzini degli anni Cinquanta, ma che nel tempo non seppero stimolare un ricambio generazionale del proprio pubblico. Il Grande Blek, ad esempio, debuttò nel 1953 e andò avanti fino al 1967: a quel punto i gusti del suo giovane pubblico iniziarono a cambiare e il suo stile cominciò a risultare anacronistico, ma invece di rinnovarne l'impianto narrativo si pensò di sospendere la produzione di storie nuove per rientrare coi costi (e per non rinnovare il contratto con gli ideatori originali) e di proseguire con delle ristampe. Lo stesso accadde con Capitan Miki (1951-1967), e con Akim dell'editore Tomasina (1950-1967)...
Ed è curioso notare come la "crisi" della fine degli anni Sessanta colpì anche serie che erano comparse dopo gli anni Cinquanta, ma che si rifacevano allo stile bonario e ingenuo di quel periodo, come ad esempio Kolosso (1962-1966)...
Tutte serie che inzialmente vendevano centinaia di migliaia di copie a numero, ma che nel giro di una dozzina d'anni non riuscirono più ad avere il pubblico necessario per garantire una produzione inedita, perchè si rivolgevano ad una fascia di pubblico che nel giro di dodici anni si era completamente rinnovata... Anche perchè i ragazzini della fine degli anni Sessanta, è risaputo, preferivano letture meno leggere e più trasgressive, tant'è che anche nella biografia di Angela e Luciana Giussani ("Le Regine del Terrore" - Edizioni BD) si racconta che, alla fine degli anni Sessanta, si presentavano spesso sulla porta della loro redazione dei lettori giovanissimi che chiedevano quando sarebbe stata pubblicata una nuova storia di Diabolik...
Un po' di anni prima, in effetti, anche negli USA si iniziava a porre lo stesso problema a livello di ricambio generazionale, e infatti per stare a galla la DC rinnovò il suo universo supereroistico a partire dalla fine degli anni Cinquanta, mentre nei primi anni Sessanta Stan Lee iniziò a ripensare completamente il concetto stesso di supereroe, a partire da Fantastic Four 1, del 1961...
E questi periodici rilanci per adeguare i vecchi personaggi, e i vecchi generi, ai gusti del nuovo pubblico sono ormai diventati una tradizione del fumetto popolare americano.
D'altra parte il ragionamento ha una sua logica: se un editore realizza fumetti che puntano ad avere un certo appeal su una fascia d'età precisa prima o poi deve fare i conti col tempo che passa. E a quel punto si trova davanti a un bivio: o si adegua ai gusti delle nuove generazioni o prova a seguire gli ex-giovanissimi mentre crescono, continuando a prenderli come punto di riferimento. Ovviamente c'è anche una terza soluzione, e cioè provare a realizzare qualcosa che sia un compromesso fra i gusti dei nuovi lettori e i gusti di quelli vecchi, ma pù passa il tempo e più questa strada diventa impraticabile... Anche perchè, come è giusto che sia, i gusti e le prospettive di un dodicenne di oggi non sono paragonabili a quelle di un dodicenne di trenta, quaranta o cinquant'anni fa.
E questo lungo prambolo mi porta al vero argomento di cui volevo parlarvi oggi, e cioè la notizia che la Bonelli - dopo aver reso disponibili in versione digitale i primi numeri di Mister No - ha deciso di rendere disponibili anche i primi numeri di Zagor (sulle piattaforme di Amazon a iTunes Store, Google Play e Kobo Books), che sono disponibili sia in bianco e nero che a colori... A breve distanza dalla morte del suo suo ideatore grafico Gallieno Ferri...
Sorvolando sul fatto che questo tempismo è un po' inquietante, e che magari sarebbe stato il caso di aspettare un po' per evitare che qualcuno potesse pensare che il lancio digitale di Zagor sia arrivato solo per sfruttare la notizia del trapasso del suo creatore, non ho potuto fare a meno di notare due cose.
La prima è che ancora una volta un editore italiano molto importante preferisce utilizzare un supporto nuovo per proporre qualcosa di vecchio (le prime storie di Zagor risalgono al 1961), e la seconda è che in questo modo il suddetto editore rischia di compromettersi fin da subito presso il pubblico potenziale che potrebbe non conoscere ancora le sue produzioni. Nel senso che se, per ipotesi, un giovane di oggi che non ha mai letto un albo Bonelli ed è molto a suo agio con le letture digitali, volesse provare ad avvicinarsi all'editore tramite queste storie di Zagor (anche per via del costo molto basso), avrebbe per le mani qualcosa che era stato concepito per i ragazzini del 1961, e nella migliore delle ipotesi troverebbe quelle storie alquanto astruse...
Anche perchè sarebbero molto lontane dal suo concetto di entertainment per ragazzi. Così, con il biglietto da visita rappresentato da queste prime storie di Zagor, il suddetto giovane potrebbe pensare che i fumetti di questo editore non fanno per lui, mettendoci una pietra sopra. E infatti, se leggete le recensioni ai fumetti digitali di Zagor già comparse su Amazon, vedrete che sono tutte opera di lettori molto stagionati, che lo leggevano quando erano piccoli (CLICCATE QUI e QUI)... E che si lamentano comunque del fatto che questi fumetti non sono ottimizzati per il formato digitale...
La sensazione, quindi, è che si sia voluta sperimentare la strada del mercato digitale senza volerlo prendere troppo seriamente, e senza considerare le sue dinamiche... E alla fine non escluderei che nel lungo periodo questa strategia, portata avanti in questo modo, possa portare più danni che benefici.
Staremo a vedere.
Ad ogni modo il caso di Zagor è un po' la prova di come la sua casa editrice NON punta più di tanto a rinnovare il pubblico delle sue serie più longeve, e di come adesso i nodi stiano iniziando a venire al pettine. Zagor naque nel 1961 per essere una serie "giovane", in grado di attirare lo stesso pubblico che in quel periodo seguiva Il Grande Blek, Capitan Miki e Akim (e infatti riprese molti elementi da queste serie, come l'uso di una spalla ridicola e la tendenza alle ambientazioni semifantastiche).
Quando le serie a cui Zagor si ispirava iniziarono a perdere lettori l'editore non pensò di avvicinarsi ai giovani degli anni Settanta, ma decise di allineare il prodotto ai gusti del suo pubblico storico che stava iniziando a crescere, e così lo rese più realistico e serio... Anche se poi, a quanto pare, si fece prendere un po' troppo la mano (e a dirlo è anche Sauro Pennacchioli, che potete leggere CLICCANDO QUI), con alcune conseguenze che lì per lì vennero sottovalutate.
Infatti Zagor era un incrocio fra un tarzanide e un personaggio western, ma aveva fatto colpo perchè fondamentalmente era uno pseudo supereroe che spesso aveva a che fare con temi, situazioni e avversari "supereroistici". Tuttavia l'ambientazione western lo vincolava molto e quando in Italia arrivarono i supereroi veri, quelli della MARVEL, il ricambio generazionale dei suoi lettori iniziò a rallentare sul serio. Infatti è molto realistico ipotizzare che la maggior parte del pubblico che segue Zagor, oggi, sia composta dagli ex bambini che hanno avuto 8-12 anni fra il 1961 e il 1975 (anno in cui gli albi MARVEL pubblicati dall'Editoriale Corno raggiunsero il picco di popolarità, accaparrandosi molti dei potenziali lettori di Zagor).
Quindi parliamo di persone nate soprattutto fra il 1949 e il 1967, e cioè un pubblico che oggi rientra prevalentemente nella fascia d'età compresa fra i 49 e i 67 anni, anche perchè dopo i fumetti MARVEL arrivarono le serie animate giapponesi e i gusti del pubblico più giovane cambiarono definitivamente... Nell'indifferenza generale degli editori italiani storici, che probabilmente pensavano che sarebbe stata una moda passeggera, e che non valeva la pena di rivedere le proprie posizioni.
Fatto sta che, col passare del tempo, Zagor ha continuato ad essere in linea con le aspettative del suo pubbico storico, tant'è che le copertine di Gallieno Ferri (qui sotto in una foto recente) sono rimaste una costante... Anche se era evidente che l'artista, per quanto bravo, col passare del tempo era sempre più lontano dai canoni estetici e grafici delle nuove generazioni... E d'altra parte, se nel resto del mondo le copertine dei fumetti che puntano ai giovani non vengono affidate a disegnatori che hanno più di ottant'anni, un motivo deve pur esserci.
Il problema, però, è che se si punta solo su un pubblico storico che non si rinnova, prima o poi la natura fa il suo corso e inizia ad avere un certo peso... Consultando i dati resi disponibili dal sito comicus (CLICCATE QUI), e che per Zagor coprono il periodo che va dal 2004 al 2014, vediamo che c'è stato un calo di 14.000 lettori in dieci anni. Ben poca cosa rispetto al tracollo di alcune serie più recenti, ma facendo i dovuti calcoli e le dovute proporzioni si scopre che in percentuale si è trattato di un calo che - in particolare negli ultimi anni - si è allineato a quello di TEX (che comunque ha sempre venduto molto più di Zagor). Quindi se ne deduce che TEX e Zagor hanno dei lettori con diverse caratteristiche in comune, e che probabilmente - ora che i lettori più anziani di TEX stanno passando a miglior vita - si sovrappongono sempre di più dal punto di vista anagrafico.
E d'altra parte che la situazione fosse questa lo si intuiva anche dal documentario NOI, ZAGOR del 2010, incentrato sugli autori e i fans del personaggio. Un documentario che alla fine è stato (anche) una parata di signori variamente attempati e molto orgogliosi di portare avanti una passione che coltivano fin da ragazzini...
Nei paesi stranieri in cui Zagor viene pubblicato con più successo, come Tuchia (qui sotto ne vedete alcuni fans di Istambul che incontrano gli autori), Serbia e Croazia, l'età media del pubblico è leggermente più bassa, ma questo dipende da un contesto socio culturale in cui - per varie ragioni - i gusti delle nuove generazioni si sono evoluti con più lentezza e in maniera meno "liberale" rispetto a quelli dei loro colleghi italiani.
Da notare che in Turchia il personaggio di cui stiamo parlando era così famoso che gli sono stati addirittura dedicati due film "apocrifi" nel 1971... Due film in cui la foresta nordamericana in cui si muove Zagor si era magicamente trasferita nella selva turca...
Però, come dicevo prima, la Turchia non è l'Italia, e men che meno si può paragonare a contesti più dinamici e fumettisticamente attivi di quello italiano.
E infatti pare proprio che l'edizione americana di Zagor proposta dalla Epicenter Comics - che, vi ricordo, è portata avanti da alcuni fans croati della Bonelli trapiantati negli USA - non riesca a fare breccia presso il grande pubblico locale... Anche perchè, se l'impostazione del personaggio risulta ostica per i giovani lettori italiani, probabilmente risulta pressochè incomprensibile per i loro coetanei americani, nonchè per il pubblico dei nerd più grandicelli, che da quelle parti si sono abituati a tutt'altro tipo di letture e a tutt'altro concetto di "avventura"... Quindi, per essere realisti, una proposta del genere può interessare giusto ai fumettofili americani più incalliti e a qualche immigrato europeo che ha nostalgia di casa...
Quando c'è stato il funerale di Gallieno Ferri era presente una piccola rappresentanza di lettori e colleghi... E gli è stato anche concesso di venire sepolto assieme ad una riproduzione della scure di Zagor, cosa che sicuramente avrebbe apprezzato...
Quello che forse avrebbe apprezzato meno è il fatto che sui forum di discussione dedicati a Zagor si è subito scatenato il toto autore (CLICCATE QUI), e che molti lettori di Zagor sono stati i primi a dire che gli piacerebbero delle copertine realizzate da disegnatori più "innovativi" di Gallieno Ferri... Anche se sono praticamente certi che la casa editrice non oserà mai attuare un cambiamento radicale, e sceglierà un sostituto in grado di non far percepire troppo la mancanza del copertinista storico della serie...
Una situazione molto curiosa senza dubbio, che mette ancora più in luce le tante contraddizioni del fumetto popolare italiano, che sembra fare sempre più fatica a rapportarsi con quello che dovrebbe essere il suo pubblico... Anche quello più affezionato, su cui in teoria vorrebbe puntare.
Da due anni non circolano dati ufficiali sulle vendite di Zagor, ma se il trend che c'è stato fino al 2014 si è mantenuto stabile ora dovrebbe vendere sulle 30.000 copie al mese. Sicuramente si tratterebbe di un dato ancora incoraggiante, ma se il calo degli ultimi anni si dovesse mantenere costante - e cioè 2000 lettori in meno ogni anno - in poco più di dieci anni la testata non riuscirebbe più a stare in piedi e finirebbe per chiudere...
E in effetti non sarebbe la prima volta che questa casa editrice preferisce accompagnare un suo personaggio lungo il viale del tramonto, piuttosto che tentare di rilanciarlo sul serio per un pubblico nuovo...
Così, invece di puntare ai giovani per rinnovare il pubblico di una serie, si preferisce coltivare gli ex-giovani per contare sul supporto del pubblico storico il più a lungo possibile... Magari pretendendo che - eventualmente - siano i giovani ad adeguarsi a determinati standard editoriali, e non viceversa. Tant'è che - come dicevo prima - un editore come Bonelli, oggi, non usa il mercato digitale per testare nuovi contenuti (come negli USA fanno la Archie Comics, la DC Comics e altri), ma per riproporre - per l'ennesima volta - storie che si sono già viste e riviste più volte dagli anni Sessanta ad oggi...
Perchè? In parte penso che una risposta - parziale - possa arrivare proprio riflettendo sul caso di Gallieno Ferri, al netto del fatto è stato un grande artista, una figura stimata e sicuramente una persona molto benvoluta nella sua comunità...
Il fatto è che non sono stati solo i personaggi a "invecchiare" assieme al loro pubblico, ma anche gli editori, i responsabili editoriali, i redattori, gli artisti e i collaboratori tutti. Tantopiù che spesso gli editori e i curatori redazionali sono ANCHE gli sceneggiatori delle storie che poi vengono pubblicate... E il fatto che col tempo, e per ovvi motivi, non abbiano mai favorito troppo il ricambio professionale all'interno delle loro case editrici ha creato un effetto domino che, ad esempio, fa sembrare normale che solamente Gallieno Ferri disegnasse le copertine di Zagor, nonostante fosse ormai prossimo alla novantina...
Certo si può dire che fosse anche una questione di "tradizione" e "rispetto", ma nei fatti situazioni come queste hanno portato ad una sorta di semi-gerontocrazia per quel che riguarda le serie più longeve, e questo approccio ha iniziato ad estendersi anche alle proposte un po' più recenti: Gianfranco Manfredi segue ADAM WILD a 67 anni, Claudio Chiaverotti scrive MORGAN LOST a 51 anni, Michele Medda ha lanciato LUKAS a 55 anni, e via dicendo... D'altra perte Alfredo Castelli è alla guida di Martin Mystere a 69 anni, Giancarlo Berardi segue Julia dall'alto sei suoi 67 e per Dylan Dog è stato richiamato Tiziano Sclavi, che ormai di anni ne ha 63, che poi è la stessa età di Mauro Boselli, che scrive Dampyr. La grande novità fantasy DRAGONERO è gestita da Luca Enoch (54 anni) e Stefano Vietti (51 anni), che si occuperanno anche delle avventure di DRAGONERO versione adolescente, di cui si sono già visti i primi studi...
E qualcosa mi dice che in questo caso ne vedremo delle belle, visto che proveranno ad accattivarsi una fascia di pubblico con cui ormai non hanno praticamente più nulla a che spartire... E d'altra parte a quanti sceneggiatori under 30, o anche solo under 40, la casa editrice Bonelli ha concesso di lanciare un nuovo personaggio, negli ultimi dieci anni?
E quante volte, invece, questo è avvenuto negli USA?
La risposta penso che sia evidente, anche perchè negli USA c'è un mercato molto ampio, mentre in Italia pochi editori hanno finito per cannibalizzare e accentrare tutto il settore del fumetto popolare, e mancando una reale concorrenza ora rappresentano l'unica prospettiva lavorativa per dozzine di autori sempre più attempati che non hanno alcuna intenzione di lasciare il posto alle nuove leve e alle nuove idee, anche perchè non saprebbero dove altro proseguire la loro carriera in maniera dignitosa (e con compensi accettabili)... Soprattutto se non hanno la possibilità (e le competenze) per tentare la sorte all'estero come i loro colleghi più giovani.
Qualche sceneggiatore nuovo, e qualche nuovo curatore editoriale, negli anni si è visto arrivare... Tuttavia è evidente che se a monte chi fa la "selezione del personale" adotta parametri datati, impone un certo approccio e certi contenuti (che sente propri), o magari non ha interesse a rinnovare davvero uno staff di cui lui stesso fa parte da parecchi decenni, la situazione non può migliorare. Tantopiù che, a quanto pare, è lo stesso metodo di lavoro a rivelarsi inadeguato per valorizzare le nuove idee, e a dirlo è anche Antonio Serra (che pure di anni ne ha 53) nella famosa intervista che rilasciò l'anno scorso (CLICCATE QUI).
Più precisamente, quando gli viene chiesto se i nuovi autori che sono arrivati potranno dare un contributo a rinnovare temi e personaggi, lui risponde che:
"Questa purtroppo è un’illusione, una prospettiva sbagliata legata al punto di vista con cui ci guardi. I nuovi sceneggiatori sono in realtà già “vecchi”, e tra l’altro sono già fuori gioco perché, col crollo delle vendite, non sarà possibile dar loro un numero sufficiente di storie da scrivere per far emergere le loro caratteristiche. Siamo autorizzati a scrivere solo fino a che il budget ce lo consente, e la paralisi è ormai alle porte. Tu dici: ci sono degli autori nuovi, avranno delle cose da dire, ci sarà una procedura. Non è così. Volevamo ci fosse, ma le condizioni del mercato non ci consentono assolutamente di progettare un futuro di contenuti narrativi. Procediamo coi piedi di piombo, passo dopo passo. Oggi come oggi, per immaginare un futuro radioso, ci vuole un miracolo, e anche bello grosso. Chi legge dall’esterno, non tende a valutare il tempo che passa. Nel senso che, per chi compra l’albo di questo mese, l’autore magari è “nuovo”, in realtà la storia era in giacenza da sei anni."
E, come se tutto ciò non bastasse, precisa anche che:
"quando Sergio era vivo era la scelta di una singola persona; ora c’è un gruppo dirigenziale, una struttura societaria. Prima era tutto nelle mani di una persona sola, che aveva le sue idee; ora c’è anche un ufficio che si occupa di decidere cosa è meglio fare, che prima non c’era. Oggi siamo legati a tutto un altro modo di vedere le cose, quindi per il momento dobbiamo vivere questa situazione per quella che è: un periodo di transizione tra un mondo e un altro."
Sergio Bonelli è passato a miglior vita nel 2011, a 79 anni. Quindi, in parole povere, più che una casa editrice dirigeva una monarchia gerontocratica, che fino al 2011 non ha potuto sviluppare un apparato gestionale e produttivo davvero moderno, competitivo e in grado di affrontare i grandi cambiamenti degli ultimi vent'anni... E infatti, adesso che certe criticità stanno diventando sempre più evidenti, la situazione sta precipitando...
Anche perchè il mondo va avanti sempre più velocemente, mentre il fumetto popolare italiano assomiglia sempre di più ad un dinosauro.
E così, mentre la Archie Comics quest'anno userà il mercato digitale per sperimentare la nuova serie di Kevin Keller (in versione ventenne gay rampante), in Italia la Bonelli lo utilizzerà per riproporre le prime storie di Zagor all'indomani del trapasso del suo copertinista/disegnatore ottantasettenne... Intendiamoci: l'età, di per sè, non è necessariamente una discriminante. Dan Parent (foto sotto), che segue il progetto di Kevin Keller, di anni ne ha 52: la differenza è che si impegna per aggiornarsi e per fare qualcosa che piaccia al pubblico giovane di oggi (di cui fa parte anche sua figlia, a cui spesso chiede consiglio), e non pretende che i lettori si adeguino alla sua idea di adolescenza (o che le sue storie piacciano anche a chi ha la sua età).
Invece, per fare un esempio banale, gli ultimi anni di Dylan Dog - per non parlare della serie Orfani - oltre a non avere un taglio propriamente "giovane" (nel senso attuale del termine) sono stati pieni di citazioni colte per chi ha vissuto negli Ottanta e Novanta: citazioni che risultavano spesso incomprensibili per i lettori occasionali che sono nati dal 1995 in poi... Per non parlare dei pesanti vincoli narrativi, delle tematiche tabù, nonchè delle censure sulle sequenze e sui disegni ritenuti "sconvenienti", che ho spesso segnalato su questo blog e che caratterizzano pesantemente i fumetti prodotti in Italia...
Forse stiamo arrivando davvero al punto in cui il fumetto popolare italiano (ad esclusione di quello firmato Disney, che però è un caso a parte) passerà ufficialmente dallo status di passatempo "per bambini" a quello di passatempo "per nonnini"?
Vedremo...
Di certo con questi presupposti non ci vorrà ancora molto tempo prima di scoprirlo.
Alla prossima.
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Nel mio ultimo post segnalavo come la Archie Comics, che negli USA è un po' un'istituzione, avesse deciso di puntare al mercato digitale per lanciare la miniserie dedicata al "nuovo" Kevin Keller, che esplorerà la sua vita di gay ventenne nella New York di oggi (CLICCATE QUI).
La Archie Comics è nata nel 1939 come MLJ Magazines, e dopo il grande successo dei suoi fumetti umoristici per adolescenti ha cambiato il suo nome in Archie Comics, nel 1946. Da allora ha continuato a sfornare personaggi molto iconici, concentrandosi sempre di più sulla fascia di pubblico adolescenziale e preadolescenziale. Questo, ovviamente, ha richiesto che i suoi personaggi si adeguassero periodicamente alle mode, ai contesti e alle situazioni che coinvolgevano i loro coetanei nel mondo reale, anche perchè in caso contrario il ricambio generazionale si sarebbe bloccato e l'editore non sarebbe andato avanti per oltre settant'anni... E sicuramente adesso non starebbe ispirando un teen drama televisivo di ultima generazione, presto in onda per il canale CW (quello di FLASH e ARROW)...
Tutto questo per dire che, per avere un successo duraturo nel mondo dell'editoria a fumetti, è molto importante avere le idee chiare. Nel senso che è importante individuare un pubblico di riferimento e capire quali sono le dinamiche che possono portare a rinnovarlo ciclicamente... Altrimenti si rischia di conquistare una platea - magari anche ampia - senza riuscire a rinnovarla, finendo poi per morire con essa...
In Italia questo fenomeno si è verificato abbastanza spesso. Ad esempio è avvenuto con i pur popolarissimi fumetti dell'Editoriale Dardo, che erano perfettamente in sintonia con i gusti dei bambini e dei ragazzini degli anni Cinquanta, ma che nel tempo non seppero stimolare un ricambio generazionale del proprio pubblico. Il Grande Blek, ad esempio, debuttò nel 1953 e andò avanti fino al 1967: a quel punto i gusti del suo giovane pubblico iniziarono a cambiare e il suo stile cominciò a risultare anacronistico, ma invece di rinnovarne l'impianto narrativo si pensò di sospendere la produzione di storie nuove per rientrare coi costi (e per non rinnovare il contratto con gli ideatori originali) e di proseguire con delle ristampe. Lo stesso accadde con Capitan Miki (1951-1967), e con Akim dell'editore Tomasina (1950-1967)...
Ed è curioso notare come la "crisi" della fine degli anni Sessanta colpì anche serie che erano comparse dopo gli anni Cinquanta, ma che si rifacevano allo stile bonario e ingenuo di quel periodo, come ad esempio Kolosso (1962-1966)...
Tutte serie che inzialmente vendevano centinaia di migliaia di copie a numero, ma che nel giro di una dozzina d'anni non riuscirono più ad avere il pubblico necessario per garantire una produzione inedita, perchè si rivolgevano ad una fascia di pubblico che nel giro di dodici anni si era completamente rinnovata... Anche perchè i ragazzini della fine degli anni Sessanta, è risaputo, preferivano letture meno leggere e più trasgressive, tant'è che anche nella biografia di Angela e Luciana Giussani ("Le Regine del Terrore" - Edizioni BD) si racconta che, alla fine degli anni Sessanta, si presentavano spesso sulla porta della loro redazione dei lettori giovanissimi che chiedevano quando sarebbe stata pubblicata una nuova storia di Diabolik...
Un po' di anni prima, in effetti, anche negli USA si iniziava a porre lo stesso problema a livello di ricambio generazionale, e infatti per stare a galla la DC rinnovò il suo universo supereroistico a partire dalla fine degli anni Cinquanta, mentre nei primi anni Sessanta Stan Lee iniziò a ripensare completamente il concetto stesso di supereroe, a partire da Fantastic Four 1, del 1961...
E questi periodici rilanci per adeguare i vecchi personaggi, e i vecchi generi, ai gusti del nuovo pubblico sono ormai diventati una tradizione del fumetto popolare americano.
D'altra parte il ragionamento ha una sua logica: se un editore realizza fumetti che puntano ad avere un certo appeal su una fascia d'età precisa prima o poi deve fare i conti col tempo che passa. E a quel punto si trova davanti a un bivio: o si adegua ai gusti delle nuove generazioni o prova a seguire gli ex-giovanissimi mentre crescono, continuando a prenderli come punto di riferimento. Ovviamente c'è anche una terza soluzione, e cioè provare a realizzare qualcosa che sia un compromesso fra i gusti dei nuovi lettori e i gusti di quelli vecchi, ma pù passa il tempo e più questa strada diventa impraticabile... Anche perchè, come è giusto che sia, i gusti e le prospettive di un dodicenne di oggi non sono paragonabili a quelle di un dodicenne di trenta, quaranta o cinquant'anni fa.
E questo lungo prambolo mi porta al vero argomento di cui volevo parlarvi oggi, e cioè la notizia che la Bonelli - dopo aver reso disponibili in versione digitale i primi numeri di Mister No - ha deciso di rendere disponibili anche i primi numeri di Zagor (sulle piattaforme di Amazon a iTunes Store, Google Play e Kobo Books), che sono disponibili sia in bianco e nero che a colori... A breve distanza dalla morte del suo suo ideatore grafico Gallieno Ferri...
Sorvolando sul fatto che questo tempismo è un po' inquietante, e che magari sarebbe stato il caso di aspettare un po' per evitare che qualcuno potesse pensare che il lancio digitale di Zagor sia arrivato solo per sfruttare la notizia del trapasso del suo creatore, non ho potuto fare a meno di notare due cose.
La prima è che ancora una volta un editore italiano molto importante preferisce utilizzare un supporto nuovo per proporre qualcosa di vecchio (le prime storie di Zagor risalgono al 1961), e la seconda è che in questo modo il suddetto editore rischia di compromettersi fin da subito presso il pubblico potenziale che potrebbe non conoscere ancora le sue produzioni. Nel senso che se, per ipotesi, un giovane di oggi che non ha mai letto un albo Bonelli ed è molto a suo agio con le letture digitali, volesse provare ad avvicinarsi all'editore tramite queste storie di Zagor (anche per via del costo molto basso), avrebbe per le mani qualcosa che era stato concepito per i ragazzini del 1961, e nella migliore delle ipotesi troverebbe quelle storie alquanto astruse...
Anche perchè sarebbero molto lontane dal suo concetto di entertainment per ragazzi. Così, con il biglietto da visita rappresentato da queste prime storie di Zagor, il suddetto giovane potrebbe pensare che i fumetti di questo editore non fanno per lui, mettendoci una pietra sopra. E infatti, se leggete le recensioni ai fumetti digitali di Zagor già comparse su Amazon, vedrete che sono tutte opera di lettori molto stagionati, che lo leggevano quando erano piccoli (CLICCATE QUI e QUI)... E che si lamentano comunque del fatto che questi fumetti non sono ottimizzati per il formato digitale...
La sensazione, quindi, è che si sia voluta sperimentare la strada del mercato digitale senza volerlo prendere troppo seriamente, e senza considerare le sue dinamiche... E alla fine non escluderei che nel lungo periodo questa strategia, portata avanti in questo modo, possa portare più danni che benefici.
Staremo a vedere.
Ad ogni modo il caso di Zagor è un po' la prova di come la sua casa editrice NON punta più di tanto a rinnovare il pubblico delle sue serie più longeve, e di come adesso i nodi stiano iniziando a venire al pettine. Zagor naque nel 1961 per essere una serie "giovane", in grado di attirare lo stesso pubblico che in quel periodo seguiva Il Grande Blek, Capitan Miki e Akim (e infatti riprese molti elementi da queste serie, come l'uso di una spalla ridicola e la tendenza alle ambientazioni semifantastiche).
Quando le serie a cui Zagor si ispirava iniziarono a perdere lettori l'editore non pensò di avvicinarsi ai giovani degli anni Settanta, ma decise di allineare il prodotto ai gusti del suo pubblico storico che stava iniziando a crescere, e così lo rese più realistico e serio... Anche se poi, a quanto pare, si fece prendere un po' troppo la mano (e a dirlo è anche Sauro Pennacchioli, che potete leggere CLICCANDO QUI), con alcune conseguenze che lì per lì vennero sottovalutate.
Infatti Zagor era un incrocio fra un tarzanide e un personaggio western, ma aveva fatto colpo perchè fondamentalmente era uno pseudo supereroe che spesso aveva a che fare con temi, situazioni e avversari "supereroistici". Tuttavia l'ambientazione western lo vincolava molto e quando in Italia arrivarono i supereroi veri, quelli della MARVEL, il ricambio generazionale dei suoi lettori iniziò a rallentare sul serio. Infatti è molto realistico ipotizzare che la maggior parte del pubblico che segue Zagor, oggi, sia composta dagli ex bambini che hanno avuto 8-12 anni fra il 1961 e il 1975 (anno in cui gli albi MARVEL pubblicati dall'Editoriale Corno raggiunsero il picco di popolarità, accaparrandosi molti dei potenziali lettori di Zagor).
Quindi parliamo di persone nate soprattutto fra il 1949 e il 1967, e cioè un pubblico che oggi rientra prevalentemente nella fascia d'età compresa fra i 49 e i 67 anni, anche perchè dopo i fumetti MARVEL arrivarono le serie animate giapponesi e i gusti del pubblico più giovane cambiarono definitivamente... Nell'indifferenza generale degli editori italiani storici, che probabilmente pensavano che sarebbe stata una moda passeggera, e che non valeva la pena di rivedere le proprie posizioni.
Fatto sta che, col passare del tempo, Zagor ha continuato ad essere in linea con le aspettative del suo pubbico storico, tant'è che le copertine di Gallieno Ferri (qui sotto in una foto recente) sono rimaste una costante... Anche se era evidente che l'artista, per quanto bravo, col passare del tempo era sempre più lontano dai canoni estetici e grafici delle nuove generazioni... E d'altra parte, se nel resto del mondo le copertine dei fumetti che puntano ai giovani non vengono affidate a disegnatori che hanno più di ottant'anni, un motivo deve pur esserci.
Il problema, però, è che se si punta solo su un pubblico storico che non si rinnova, prima o poi la natura fa il suo corso e inizia ad avere un certo peso... Consultando i dati resi disponibili dal sito comicus (CLICCATE QUI), e che per Zagor coprono il periodo che va dal 2004 al 2014, vediamo che c'è stato un calo di 14.000 lettori in dieci anni. Ben poca cosa rispetto al tracollo di alcune serie più recenti, ma facendo i dovuti calcoli e le dovute proporzioni si scopre che in percentuale si è trattato di un calo che - in particolare negli ultimi anni - si è allineato a quello di TEX (che comunque ha sempre venduto molto più di Zagor). Quindi se ne deduce che TEX e Zagor hanno dei lettori con diverse caratteristiche in comune, e che probabilmente - ora che i lettori più anziani di TEX stanno passando a miglior vita - si sovrappongono sempre di più dal punto di vista anagrafico.
E d'altra parte che la situazione fosse questa lo si intuiva anche dal documentario NOI, ZAGOR del 2010, incentrato sugli autori e i fans del personaggio. Un documentario che alla fine è stato (anche) una parata di signori variamente attempati e molto orgogliosi di portare avanti una passione che coltivano fin da ragazzini...
Nei paesi stranieri in cui Zagor viene pubblicato con più successo, come Tuchia (qui sotto ne vedete alcuni fans di Istambul che incontrano gli autori), Serbia e Croazia, l'età media del pubblico è leggermente più bassa, ma questo dipende da un contesto socio culturale in cui - per varie ragioni - i gusti delle nuove generazioni si sono evoluti con più lentezza e in maniera meno "liberale" rispetto a quelli dei loro colleghi italiani.
Da notare che in Turchia il personaggio di cui stiamo parlando era così famoso che gli sono stati addirittura dedicati due film "apocrifi" nel 1971... Due film in cui la foresta nordamericana in cui si muove Zagor si era magicamente trasferita nella selva turca...
Però, come dicevo prima, la Turchia non è l'Italia, e men che meno si può paragonare a contesti più dinamici e fumettisticamente attivi di quello italiano.
E infatti pare proprio che l'edizione americana di Zagor proposta dalla Epicenter Comics - che, vi ricordo, è portata avanti da alcuni fans croati della Bonelli trapiantati negli USA - non riesca a fare breccia presso il grande pubblico locale... Anche perchè, se l'impostazione del personaggio risulta ostica per i giovani lettori italiani, probabilmente risulta pressochè incomprensibile per i loro coetanei americani, nonchè per il pubblico dei nerd più grandicelli, che da quelle parti si sono abituati a tutt'altro tipo di letture e a tutt'altro concetto di "avventura"... Quindi, per essere realisti, una proposta del genere può interessare giusto ai fumettofili americani più incalliti e a qualche immigrato europeo che ha nostalgia di casa...
Quando c'è stato il funerale di Gallieno Ferri era presente una piccola rappresentanza di lettori e colleghi... E gli è stato anche concesso di venire sepolto assieme ad una riproduzione della scure di Zagor, cosa che sicuramente avrebbe apprezzato...
Quello che forse avrebbe apprezzato meno è il fatto che sui forum di discussione dedicati a Zagor si è subito scatenato il toto autore (CLICCATE QUI), e che molti lettori di Zagor sono stati i primi a dire che gli piacerebbero delle copertine realizzate da disegnatori più "innovativi" di Gallieno Ferri... Anche se sono praticamente certi che la casa editrice non oserà mai attuare un cambiamento radicale, e sceglierà un sostituto in grado di non far percepire troppo la mancanza del copertinista storico della serie...
Una situazione molto curiosa senza dubbio, che mette ancora più in luce le tante contraddizioni del fumetto popolare italiano, che sembra fare sempre più fatica a rapportarsi con quello che dovrebbe essere il suo pubblico... Anche quello più affezionato, su cui in teoria vorrebbe puntare.
Da due anni non circolano dati ufficiali sulle vendite di Zagor, ma se il trend che c'è stato fino al 2014 si è mantenuto stabile ora dovrebbe vendere sulle 30.000 copie al mese. Sicuramente si tratterebbe di un dato ancora incoraggiante, ma se il calo degli ultimi anni si dovesse mantenere costante - e cioè 2000 lettori in meno ogni anno - in poco più di dieci anni la testata non riuscirebbe più a stare in piedi e finirebbe per chiudere...
E in effetti non sarebbe la prima volta che questa casa editrice preferisce accompagnare un suo personaggio lungo il viale del tramonto, piuttosto che tentare di rilanciarlo sul serio per un pubblico nuovo...
Così, invece di puntare ai giovani per rinnovare il pubblico di una serie, si preferisce coltivare gli ex-giovani per contare sul supporto del pubblico storico il più a lungo possibile... Magari pretendendo che - eventualmente - siano i giovani ad adeguarsi a determinati standard editoriali, e non viceversa. Tant'è che - come dicevo prima - un editore come Bonelli, oggi, non usa il mercato digitale per testare nuovi contenuti (come negli USA fanno la Archie Comics, la DC Comics e altri), ma per riproporre - per l'ennesima volta - storie che si sono già viste e riviste più volte dagli anni Sessanta ad oggi...
Perchè? In parte penso che una risposta - parziale - possa arrivare proprio riflettendo sul caso di Gallieno Ferri, al netto del fatto è stato un grande artista, una figura stimata e sicuramente una persona molto benvoluta nella sua comunità...
Il fatto è che non sono stati solo i personaggi a "invecchiare" assieme al loro pubblico, ma anche gli editori, i responsabili editoriali, i redattori, gli artisti e i collaboratori tutti. Tantopiù che spesso gli editori e i curatori redazionali sono ANCHE gli sceneggiatori delle storie che poi vengono pubblicate... E il fatto che col tempo, e per ovvi motivi, non abbiano mai favorito troppo il ricambio professionale all'interno delle loro case editrici ha creato un effetto domino che, ad esempio, fa sembrare normale che solamente Gallieno Ferri disegnasse le copertine di Zagor, nonostante fosse ormai prossimo alla novantina...
Certo si può dire che fosse anche una questione di "tradizione" e "rispetto", ma nei fatti situazioni come queste hanno portato ad una sorta di semi-gerontocrazia per quel che riguarda le serie più longeve, e questo approccio ha iniziato ad estendersi anche alle proposte un po' più recenti: Gianfranco Manfredi segue ADAM WILD a 67 anni, Claudio Chiaverotti scrive MORGAN LOST a 51 anni, Michele Medda ha lanciato LUKAS a 55 anni, e via dicendo... D'altra perte Alfredo Castelli è alla guida di Martin Mystere a 69 anni, Giancarlo Berardi segue Julia dall'alto sei suoi 67 e per Dylan Dog è stato richiamato Tiziano Sclavi, che ormai di anni ne ha 63, che poi è la stessa età di Mauro Boselli, che scrive Dampyr. La grande novità fantasy DRAGONERO è gestita da Luca Enoch (54 anni) e Stefano Vietti (51 anni), che si occuperanno anche delle avventure di DRAGONERO versione adolescente, di cui si sono già visti i primi studi...
E qualcosa mi dice che in questo caso ne vedremo delle belle, visto che proveranno ad accattivarsi una fascia di pubblico con cui ormai non hanno praticamente più nulla a che spartire... E d'altra parte a quanti sceneggiatori under 30, o anche solo under 40, la casa editrice Bonelli ha concesso di lanciare un nuovo personaggio, negli ultimi dieci anni?
E quante volte, invece, questo è avvenuto negli USA?
La risposta penso che sia evidente, anche perchè negli USA c'è un mercato molto ampio, mentre in Italia pochi editori hanno finito per cannibalizzare e accentrare tutto il settore del fumetto popolare, e mancando una reale concorrenza ora rappresentano l'unica prospettiva lavorativa per dozzine di autori sempre più attempati che non hanno alcuna intenzione di lasciare il posto alle nuove leve e alle nuove idee, anche perchè non saprebbero dove altro proseguire la loro carriera in maniera dignitosa (e con compensi accettabili)... Soprattutto se non hanno la possibilità (e le competenze) per tentare la sorte all'estero come i loro colleghi più giovani.
Qualche sceneggiatore nuovo, e qualche nuovo curatore editoriale, negli anni si è visto arrivare... Tuttavia è evidente che se a monte chi fa la "selezione del personale" adotta parametri datati, impone un certo approccio e certi contenuti (che sente propri), o magari non ha interesse a rinnovare davvero uno staff di cui lui stesso fa parte da parecchi decenni, la situazione non può migliorare. Tantopiù che, a quanto pare, è lo stesso metodo di lavoro a rivelarsi inadeguato per valorizzare le nuove idee, e a dirlo è anche Antonio Serra (che pure di anni ne ha 53) nella famosa intervista che rilasciò l'anno scorso (CLICCATE QUI).
Più precisamente, quando gli viene chiesto se i nuovi autori che sono arrivati potranno dare un contributo a rinnovare temi e personaggi, lui risponde che:
"Questa purtroppo è un’illusione, una prospettiva sbagliata legata al punto di vista con cui ci guardi. I nuovi sceneggiatori sono in realtà già “vecchi”, e tra l’altro sono già fuori gioco perché, col crollo delle vendite, non sarà possibile dar loro un numero sufficiente di storie da scrivere per far emergere le loro caratteristiche. Siamo autorizzati a scrivere solo fino a che il budget ce lo consente, e la paralisi è ormai alle porte. Tu dici: ci sono degli autori nuovi, avranno delle cose da dire, ci sarà una procedura. Non è così. Volevamo ci fosse, ma le condizioni del mercato non ci consentono assolutamente di progettare un futuro di contenuti narrativi. Procediamo coi piedi di piombo, passo dopo passo. Oggi come oggi, per immaginare un futuro radioso, ci vuole un miracolo, e anche bello grosso. Chi legge dall’esterno, non tende a valutare il tempo che passa. Nel senso che, per chi compra l’albo di questo mese, l’autore magari è “nuovo”, in realtà la storia era in giacenza da sei anni."
E, come se tutto ciò non bastasse, precisa anche che:
"quando Sergio era vivo era la scelta di una singola persona; ora c’è un gruppo dirigenziale, una struttura societaria. Prima era tutto nelle mani di una persona sola, che aveva le sue idee; ora c’è anche un ufficio che si occupa di decidere cosa è meglio fare, che prima non c’era. Oggi siamo legati a tutto un altro modo di vedere le cose, quindi per il momento dobbiamo vivere questa situazione per quella che è: un periodo di transizione tra un mondo e un altro."
Sergio Bonelli è passato a miglior vita nel 2011, a 79 anni. Quindi, in parole povere, più che una casa editrice dirigeva una monarchia gerontocratica, che fino al 2011 non ha potuto sviluppare un apparato gestionale e produttivo davvero moderno, competitivo e in grado di affrontare i grandi cambiamenti degli ultimi vent'anni... E infatti, adesso che certe criticità stanno diventando sempre più evidenti, la situazione sta precipitando...
Anche perchè il mondo va avanti sempre più velocemente, mentre il fumetto popolare italiano assomiglia sempre di più ad un dinosauro.
E così, mentre la Archie Comics quest'anno userà il mercato digitale per sperimentare la nuova serie di Kevin Keller (in versione ventenne gay rampante), in Italia la Bonelli lo utilizzerà per riproporre le prime storie di Zagor all'indomani del trapasso del suo copertinista/disegnatore ottantasettenne... Intendiamoci: l'età, di per sè, non è necessariamente una discriminante. Dan Parent (foto sotto), che segue il progetto di Kevin Keller, di anni ne ha 52: la differenza è che si impegna per aggiornarsi e per fare qualcosa che piaccia al pubblico giovane di oggi (di cui fa parte anche sua figlia, a cui spesso chiede consiglio), e non pretende che i lettori si adeguino alla sua idea di adolescenza (o che le sue storie piacciano anche a chi ha la sua età).
Invece, per fare un esempio banale, gli ultimi anni di Dylan Dog - per non parlare della serie Orfani - oltre a non avere un taglio propriamente "giovane" (nel senso attuale del termine) sono stati pieni di citazioni colte per chi ha vissuto negli Ottanta e Novanta: citazioni che risultavano spesso incomprensibili per i lettori occasionali che sono nati dal 1995 in poi... Per non parlare dei pesanti vincoli narrativi, delle tematiche tabù, nonchè delle censure sulle sequenze e sui disegni ritenuti "sconvenienti", che ho spesso segnalato su questo blog e che caratterizzano pesantemente i fumetti prodotti in Italia...
Forse stiamo arrivando davvero al punto in cui il fumetto popolare italiano (ad esclusione di quello firmato Disney, che però è un caso a parte) passerà ufficialmente dallo status di passatempo "per bambini" a quello di passatempo "per nonnini"?
Vedremo...
Di certo con questi presupposti non ci vorrà ancora molto tempo prima di scoprirlo.
Alla prossima.
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