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venerdì 25 aprile 2014

MASCOTTE E FRANCOBOLLI IN ARRIVO!

Ciao a tutti, come va?
Il concetto di Gay Pride è abbastanza occidentale, nella fattispecie americano, e perlopiù newyorkese, anche se generalmente non si pone mai l'accento su questo piccolo - ma importante - dettaglio.
Il fatto è che a New York, per via della sua composizione multietnica e multiculturale, ci sono sempre state diverse parate per ribadire l'orgoglio delle minoranze... Quella portoricana, quella pellerossa, quella irlandese, e via dicendo... E pertanto venne spontaneo - dal momento in cui la comunità gay prese coscienza di sè proprio a New York, peraltro con un'ampia partecipazione dei gay di origine latina - organizzare una parata gay in stile etnico, con i carri, i palloncini e tutto il resto.
In altre città americane, come ad esempio San Francisco, acquistò sfumature di rivendicazione politica più accentuate, ma il corteo del Gay Pride nasceva in un contesto molto particolare, ed esportarlo senza fornire gli strumenti per comprenderlo è sempre stato complicato... Tant'è che a tutt'ora in paesi che non hanno una tradizione di "parate" per le minoranze viene percepito come una baracconata fine a sè stessa.
Se questo avviene in Italia potete ben immaginare cosa può succedere in una realtà ancora più distante, culturalmente e geograficamente, come quella giapponese. Eppure, per una questione di principio, da diversi anni i gay di Tokyo stanno provando a proporre il loro Tokyo Rainbow Pride, che quest'anno si tiene domenica 27 aprile (perchè, giustamente, di sabato i giapponesi lavorano).
Parlo della parata di Tokyo perchè, evidentemente, i nostri amici giapponesi si sono resi conto che la manifestazione andava maggiormente "giapponesizzata", con una serie di riferimenti e accorgimenti che a quanto pare non sono mai stati ritenuti importanti dalle parate occidentali... Come ad esempio la scelta di una mascotte in stile kawaii (nel senso di "adorabile", tipo Hello Kitty, per intenderci), che in effetti è arrivata proprio quest'anno!
Si tratta di uno scoiattolo volante di nome Tobe (che si scrive con gli ideogrammi che vogliono dire "vola restando te stesso", o qualcosa del genere), e nella sua "biografia ufficiale" c'è scritto che vive a Shinjuku, che poi sarebbe il quartiere di riferimento per i gay di Tokyo. Devo amettere che lo potrei trovare anche carino, se non fosse per quell'espressione da invasato psicopatico, ma presumo (e spero) che negli anni potrà subire qualche aggiustatina...
Comunque, a parziale giustificazione dei suoi creatori, c'è da dire che una mascotte con lo sguardo simile al suo, tale Kukamon, ha recentemente avuto l'onore di esibirsi per la coppia imperiale... Quindi forse  le fattezze di Tobe non sono poi così casuali, dopotutto, ma rispecchiano una qualche tendenza giapponese del momento...
Tra l'altro non ho potuto fare a meno di notare che i colori che sfoggia Tobe non sono quelli della classica bandiera rainbow, segno evidente che forse i nostri amici gay giapponesi non danno troppa importanza ai suoi colori e al loro significato, quanto piuttosto al suo effetto "arcobalenoso"... Che evidentemente hanno voluto potenziare nel caso della mascotte del Tokyo Rainbow Pride.

Vedremo mai un manga dedicato a Tobe? Restiamo in attesa, e intanto prendiamo atto che un certo tipo di immaginario pop ha fatto breccia anche nel Gay Rainbow Pride...

Comunque, visto che sono in tema di orgoglio gay e Giappone, siccome questo è il BLOG che vi dice tutto quello che gli altri non vi dicono, dopo avervi segnalato i francobolli di Tom of Finland che vedranno la luce in Finlandia ora mi sento in dovere di segnalarvi anche i francobolli che il Giappone ha dedicato al teatro Takarazuka!
In caso non sapeste di cosa parlo, vi posso riassumere - molto brevemente - che il  Takarazuka è una compagnia teatrale tutta al femminile, in cui anche i ruoli maschili sono appannaggio di attrici particolarmente portate per i suddetti ruoli. Vero oggetto di culto per le lesbiche nipponiche (e non solo), le attrici del Takarazuka hanno ispiritato una notevole quantità di manga (compresa Lady Oscar) e dal mondo dei manga sono state più volte ispirate. Quest'anno il teatro Takarazuka festeggia i suoi primi cento anni, e i francobolli celebrativi non potevano certo mancare, assieme a tutta una serie di altre iniziative collaterali, ovviamente...
Evidentemente, se ancora ci fosse stato bisogno di dimostrarlo, iniziative come questa dimostrano che - almeno in parte -  la cultura giapponese ha mantenuto un atteggiamento estremamente inclusivo nei confronti di alcune spressioni culturali e artistiche dalle spiccate sfumature omosessuali... Il che, effettivamente, fa ben sperare per il futuro... Anche e soprattutto per le nazioni che con la cultura giapponese entrano in contatto.

Alla prossima.

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10 commenti:

Alessio ha detto...

A parte che non è scontato che tutti i giapponesi lavorino il sabato. E anche in Italia si lavora spesso quel giorno.
Shinjuku non è un quartiere, ma è la vera capitale del Giappone, poiché Tokyo è una prefettura, non una città, che nasce dalla conurbazione di varie città, fra cui, appunto, Shinjuku. Il quartiere di riferimento per i gay, comunque, pare essere harajuku
Se vuoi fare il blog che dice quello che gli altri non dicono, dovresti informarti e non solo su questi dettagli geografici: il rapporto fra l'omosessualità e il Giappone ha una storia di tolleranza che, ti assicuro, rende l'italia molto più fuori dal mondo del sol levante. Quindi non limiterei il tutto dicendo che i giapponesi danno spazio a cose con influenza gay. Mi sembra che l'unica cosa reale in questo post sia la loro lontananza dall'idea del gay pride, sulla cui utilità e importanza si potrebbe discutere parecchio, essendo frutto della cultura pop americana, che pone l'idea del manifestare con orgoglio qualunque cosa, spesso senza troppo significato. Un paese come il Giappone potrebbe unire alla manifestazione una cultura che il pride in america non ha mai avuto e non può avere, essendo gli statunitensi privi di cultura classica.
E anche l'Italia potrebbe, se non arrancasse dietro la cultura pop di cui sopra

Wally Rainbow ha detto...

Ohibò! Che commento acidello! Vediamo un po'... Tokyo è divisa in 23 municipalità di cui una, appunto è Shinjuku. Anche altre metropoli sono divise in municipalità, come ad esempio San Franciso e Los Angeles, ma generalmente in questi casi non si parla di "municipalità", ma di quartieri (anche wikipedia parla di "quartieri speciali"), e mi sembrava coerente usare questo termine. Da quello che so e che mi dicono i diretti interessati (nonchè wikipedia) a Shinjuku c'è una delle più alte concentrazioni di locali gay al mondo, mentre harajuku (che è la zona dell'omonima stazione del quartiere/distretto di Shibuya) è più una zona frequentata da giovani "alternativi" in senso lato. Che fra loro possano esserci anche tanti ragazzi gay può anche essere, ma non è una zona di riferimento specifica per loro. Detto ciò qualcosina sulla storia dell'omosessualità in Giappone ho avuto modo di approfondirla e, se è vero che ha effettivamente una lunga tradizione di inclusione, è anche vero che la suddetta inclusione si manifestava solo in alcuni ambiti e a determinate condizioni (ad esempio un samurai poteva avere un amante a patto di non rinunciare a mettere su famiglia, un attore di kabuki poteva indossare abiti femminili anche fuori dal palcoscenico, i rappresentanti di medicinali potevano offrire prestazioni sessuali a pagamento, e via dicendo). Chi non rispettava questi criteri, purtroppo, non viveva la propria omosessualità in maniera troppo serena, per dirla con un eufmenismo. Certo in Giappone non c'erano specifici anatemi religiosi al riguardo, e nemmeno persecuzioni o leggi repressive (perlomeno fino all'arrivo della cultura occidentale) ma da lì a presentare il Giappone tradizionale come un paese in cui tutto era consentito, magari alla luce del sole, ce ne passa. Resta il fatto che, essendo che in Giappone tutto ciò che ha a che fare con la sessualità viene percepito in maniera molto più naturale rispetto a quanto avviene da noi, anche l'approccio di chi disapprova l'omosessualità non è caratterizzato dall'omofobia nel senso occidentale del termine.

Alessio ha detto...

Nonostante la questione municipalità, shinjuku era una città che si è conurbata per coprire la prefettura di Tokyo, restando comunque la capitale. E tuttora è legalmente la vera capitale del Giappone, non un quartiere. Lo diventa perché in un centro urbanizzato totalmente, le città interne perdono i limiti, divenendo quartieri.
Harajuku è un quartiere autentico, invece. E ti assicuro che è molto frequentato dai gay, a mio avviso più di shinjuku.

Mai detto che il giappone sia stato il regno dove tutto era consentito. Ho solo specificato che definirlo più lontano dall'idea del gaypride nonlo rende meno aperto dell'Italia, che tu hai definito come più vicina a queste idee, , peraltro discutibili

In merito alla storia dell'omosessualità legata al Giappone, citi solo ciò che vi è di negativo, omettendo i diritti imperiali in merito e la teoria dell'omosessualità infantile, per esempio. Non sono cose perfette, ma sono tappe che l'Italia non ha mai lambito. Io tenevo a specificare solo questo con il mio commento

Grazie dell'acidello

Non ho diretti interessati con cui parlare come te, ma solo i miei quindici anni di vita in Giappone, anche se ora vivo in italia. E mi è sembrato che fossi superficiale sul giappone, attraverso stereotipi e teorie che mi sembrava esaltassero l'Italia al suo confronto. Contento di essere acidello, se queste sono le ragioni

Wally Rainbow ha detto...

Se ho usato "acidello" era un modo ironico per non dire "astioso",quindi mi scuso se ti ho urtato. Comunque deduco che questo blog non lo leggi spesso, altrimenti sapresti che se c'è una cosa che NON faccio è esaltare l'Italia molto facilmente. E comunque, giusto per ribadire il concetto, più che di una cultura in cui si può parlare di integrazione dell'omosessualità, quella giapponese è una cultura in cui l'omosessualità viene vista in maniera relativamente naturale in quanto manifestazione della sessualità. E non essendoci tabù particolari riguardo al sesso (a parte un generale rifiuto dello shinto nei confronti delle secrezioni corporee, che però a quanto pare ha l'effetto opposto sulle libidini giapponesi), e considerando che secoli fa l'omosessualità divenne una "moda" grazie ai preti buddhisti, tutto il resto vien da sè. Se non ricordo male fino agli anni '90 l'età del consenso in Giappone era addirittura 13 anni, e giravano persino video hard con tredicenni senza che nessuno avesse niente da ridire. Poi si sono omologati ai 18 anni internazioneli e infatti hanno iniziato a esserci polemiche anche in Giappone sull'età dei protagonisti dei manga erotici. C'è poi tutto il discorso dei love hotel, dei locali che offrono sollecitazioni sessuali estreme legando i clienti e tutto il resto... Però, per dirtene una, fino a qualche decennio fa gli unici gay bar giapponesi erano quelli gestiti e animati da travestiti, segno evidente che l'omosessualità era tollerata, ma a certe condizioni. E infatti una banalità come i manga gay a base di omosessuali virili sono stai una conquista degli ultimi vent'anni, mentre di manga con personaggi omosessuali "femminili" - anche solo a livello di comparse - ce ne sono sempre stati a profusione.

Alessio ha detto...

Continui a rivolgerti a me come se millantassi il Giappone, ma io non l'ho mai fatto. Oltre che parlare di fatti, peraltro da te spesso deviati in questa conversazione, oppure glissati dai punti negativi che citi e che io non nego, io ho solo curato alcune inesattezze che hai commesso e ti ho fatto notare che la lontananza dall'idea del pride, perché di questo hai scritto nel post, non rappresenta chiusura mentale. E inoltre ho puntualizzato che l'Italia, per vicinanza solo, se mi passi il termine, larvante con il gay pride non ha condizioni migliori del Giappone.
Vedere l'omosessualità come un'espressione naturale della sessualità è proprio ciò che intendevo con cultura che gli USA, così attenti solo all'impatto e alla manifestazione fine a sé stessa, non hanno.
Ma questo è un argomento infinito da discutere e non c'entrava col resto.

Non mi ha offeso il termine acidello e non sono nemmeno astioso. Forse sei solo abituato alle lusinghe dei tuoi fans e hai dimenticato cos'è il confronto su argomenti seri e un commento minimamente appassionato ti sembra acido perché esce dal tuo universo di riferimento, ma mi spiacerebbe, visto che ti seguo da tanto e so che normalmente non sei così.
Come so che non esalti l'Italia facilmente, visto che ti seguo da quando ero in Giappone, opere e blog, infatti il tuo modo di parlare del bel paese stavolta mi aveva proprio sorpreso

Wally Rainbow ha detto...

Boh... Sarà come dici, ma io continuo a percepire un certo astio. In ogni caso se rileggi il post io non ho detto che l'Italia è meglio del Giappone, ma che il Giappone è più distante dagli USA (e dal loro modo di manifestare) rispetto all'Italia, che è una cosa diversa, anche perchè non ho nemmeno scritto che essere più o meno vicini all'america è un valore di per sè. C'è del buono e del cattivo in tutte le nazioni, per fortuna. Il fatto che non ti ritrovi in una manifestazione come il corteo del gay pride è legittimo, ma questo accanimento nel voler smontare tutto il post solo per dimostrare che, se in qualche modo io lo giustifico, non so quello che dico mi sembra eccessivo.

Mister T. ha detto...

Wally, ti leggo da anni, anche se non commento mai. Lo faccio adesso perché voglio confortarti: i commenti di Alessio (specialmente il primo) sono davvero "acidelli". Prima ancora di leggere la tua risposta ho pensato la stessa cosa! Può darsi che lui non se ne renda conto e sia convinto di usare tutto il garbo del mondo; ciò non toglie che il tono dei suoi commenti sia esagerato e fuori luogo. Quanto a te, complimenti per la pazienza (dimostrata anche in altri casi, in effetti.)
Stai bene.
T.

Alessio ha detto...

Ma veramente lo scopo non era dimostrare nulla. Semplicemente ho percepito delle inesattezze sul Giappone e te l'ho detto. Mi è sembrato che ponessi l'italia in posizione migliore rispetto al Giappone e ho pensato che se ne potesse discutere.
Io non ho detto che non sai quanto dici. Ho detto che per me il pride degli statunitensi è superficiale e fine a sé stesso e che non necessariamente essere vicini a questa idea sia positivo. Ma rileggendo noterai che su questo aspetto ho detto che se ne può discutere all'infinito proprio perché è legittimo ritrovarsi o meno nel pride. Non ti ho mai attaccato perché lo appoggi, ma semplicemente ho detto che non appoggiarlo alla maniera degli statunitensi non è qualcosa di negativo o retrogrado.
Non mi pare di aver detto nulla di diverso da questo.
In merito all'astio, ti assicuro che non c'è: non amo le salameleccherie e scrivo in maniera appassionata perché credo in quello che dico. E se l'allusione al fatto che non sei abituato a discutere ti sembra un attacco, forse potrebbe voler dire che ci ho azzeccato, no?
Ciao

Alessio ha detto...

Oltre che allisciarvi, sapreste dirmi o indicarmi cos'ho detto di tanto sgarbato?

Wally Rainbow ha detto...

Boh... Sarà che io ho un modo di fare diverso... E comunque discutere mi piace, e per fortuna non mi sembra che questo blog sia mai servito a ricevere adulazioni e salamelecchi, che infatti non arrivano (di solito la poca gente che interviene lo fa su quello che scrivo e non su di me in quanto blogger o altro). Detto questo per fortuna mi hanno chiamato Valeriano e non Guerrino... Pace e bene.