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lunedì 20 aprile 2020

QUANDO I GABBIANI VOLAVANO ALTO...

Ciao a tutti, come va?

Fa un po' strano dover aggiornare questo blog continuando a prendere spunto da quello che sta succedendo in questo periodo, ma direi che è inevitabile. Anche perchè in un modo o nell'altro finisce per avere a che fare con quello di cui mi occupo qui.

Ad esempio: il fatto che il virus abbia contagiato e consegnato ad una morte prematura lo scrittore cileno Luis Sepúlveda ha riportato all'attenzione generale il lungomentraggio italiano tratto dal suo romanzo "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", che nel 1998 andò benissimo nei cinema di tutto il mondo. All'epoca si parlò di un vero e proprio "caso" che prometteva di far rinascere il cinema di animazione italiano, che negli anni successivi beneficiò anche di numerosi finanziamenti... Senza però approdare a nulla. E la sequela di flop che seguirono a "La Gabbianella e il Gatto", probabilmente, determinò anche a una sua prematura rimozione dai palinsensti televisivi... Che in seguito hanno preferito riproporre a getto continuo i classici di Walt Disney. Anche perchè i temi di quel fim - che forse erano stati anche alla base del suo grande successo - col tempo avevano iniziato a diventare abbastanza "scomodi"...

Dopotutto si parlava di un gatto, maschio, di nome Zorba, che accetta di covare un uovo di gabbiano e di allevare come una figlia la gabbianella che ne viene fuori, con l'aiuto di altri tre papà felini e di un "fratellino" adottivo. Inutile dire che un film del genere, nell'Italia di oggi, non verrebbe mai ne prodotto ne distribuito. E forse, a pensarci bene, non deve essere stato proprio un caso se i film di animazione italiani che sono arrivati negli anni immediatamente successivi, tentando di bissarne il successo, abbiano perlopiù puntato su tutta una serie di tranquillizzanti e innoqui stereotipi legati a una certa cultura italiana molto tradizionale.... Pizze (Totò Sapore), presepi (Opopomoz), opere liriche (Aida degli Alberi) e quant'altro, piazzandoci magari qualche noto cantante italiano nella colonna sonora (Gianna Nannini per Momo o Lucio Dalla per Pinocchio, ad esempio)... A patto che non venissero più toccate determinate tematiche sociali o di attualità... Tant'è che le uniche cose interessanti che si sono viste di recente si sono viste nell'ambito dei film di animazione d'autore (Gatta Cenerentola), che però non si rivolgono al grande pubblico, e men che meno ai bambini.
Ad ogni modo, vista la sequela di flop, il cinema d'animazione italiano per il grande pubblico - con tutti i suoi nomi di punta - aveva finito per puntare più che altro sulle coproduzioni straniere, che bene o male puntavano ad un modesto margine di rientro a fronte di un investimento relativo, ma poi la straordinaria capacità italiana di non capire (o di non voler capire) cosa può interessare al grande pubblico di oggi ha di nuovo preso il sopravvento, e così siamo arrivati al gigantesco flop de "La famosa invasione degli orsi in Sicilia", che ha addirittura determinato il fallimento dello studio di animazione francese che lo aveva materialmente realizzato...

La storia di questo film è abbastanza interessante, visto che mette in primo piano un certo modo di ragionare tipico anche dell'editoria a fumetti e dell'intrattenimento italiano in generale. Come si legge nell'intervista che trovate CLICCANDO QUI, la bella idea di realizzare questo film è venuta a Lorenzo Mattotti, un fumettista e illustratore molto apprezzato in Francia, che aveva alle spalle anche la caratterizzazione grafica del film su Pinocchio coprodotto da Italia/Francia/Belgio/Lussemburgo nel 2012, con un discreto riscontro di pubblico... Anche se in quel caso sarebbe stato interessante capire fino a che punto sia stato determinante il contributo di Lorenzo Mattotti, e fino a che punto l'interesse del pubblico fosse dovuto all'abile regia di Enzo D'Alò o al fatto che Pinocchio è un personaggio ancora molto conosciuto.

Fatto sta che, probabilmente reduce da quell'esperienza positiva, Lorenzo Mattotti ha cercato dei produttori per mettere assieme gli 11 milioni di euro necessari per realizzare un film di animazione ispirato a un racconto comparso a puntate sul Corriere dei Piccoli del 1945, e diretto da lui stesso... Senza nulla togliere a Dino Buzzati e al messaggio del suo racconto, e senza mettere in dubbio la fama di cui gode Lorenzo Mattotti, la domanda che sorge spontanea è come sia stato possibile investire 11 milioni di euro nel progetto di un film di animazione (presumibilmente per famiglie) ideato da un fumettista/illustratore nato nel 1954 che voleva dare corpo a un racconto che lo aveva conquistato quando era bambino, ma che era totalmente avulso dall'immaginario (anche visivo) dei bambini prossimi al 2020... Tantopiù che parliamo di un autore, Lorenzo Mattotti,  che ha sempre avuto una certa propensione per un'estetica visionaria e molto personale, e che per giunta non aveva mai diretto un film di animazione... E infatti ha finito per portare al cinema qualcosa che, inevitabilmente, risultava astruso per la maggior parte del pubblico di oggi... Tant'è che ha finito per incassare meno di un terzo dei soldi che sono stati necessari per produrlo (CLICCATE QUI).

E tutto perchè, ancora una volta, qualcuno ha pensato che quello che ha fatto presa sulla sua infanzia avrebbe sicuramente fatto presa su chi è bambino oggi... Che poi è lo stesso ragionamento che, ormai, detta legge nel fumetto italiano, anche perchè è un ottimo pretesto per evitare di affrontare tutta una serie di argomenti e di temi che finirebbero per risultare difficili da gestire e da veicolare... Soprattutto nel clima di perenne campagna elettorale che caratterizza il nostro paese da decenni (e che a quanto pare tiene banco anche in piena pandemia).

Eppure lo stesso regista de "La Gabbianella e il Gatto" lo aveva detto e ripetuto quali erano stati i motivi che lo avevano spinto a puntare su quel progetto:


«L’idea del film mi è venuta due anni fa, dopo aver letto il libro di Sepúlveda. Non avevo ancora chiuso il libro che già riuscivo a visualizzare i disegni e le atmosfere e, in particolare, a intravedere al di là della metafora favolistica, una storia drammaticamente attuale sulla tolleranza e sul rispetto dei “diversi” [...] Da subito mi è sembrata una storia perfetta per il cinema. Così ne ho parlato con Rita Cecchi Gori e lei ne è stata entusiasta. Come lo è stato Sepúlveda, con cui abbiamo lavorato quasi a una riscrittura del racconto, sviluppando alcuni temi, focalizzando più profondamente alcuni personaggi, aggiungendo il gatto Pallino, che è la mascotte del gruppo, e anche Nina, la figlia del poeta... Mentre lavoravo alla sceneggiatura con Umberto Marino, immaginavo già le voci dei personaggi, perché mi ricordavano altri personaggi reali, del mondo dello spettacolo, che assomigliavano molto a quegli eroi di cartone» (E. D’Alò, www.lombardiaspettacolo.com/cinema).

«Mi sono incontrato più volte con Sepúlveda, a Gijòn, nelle Asturie, per esporgli i cambiamenti. Ne abbiamo discusso, trovando piena intesa. L'ambientazione nel porto di Amburgo è diventata più neutra: i personaggi si sono un po' italianizzati, soprattutto il pittoresco popolo dei gatti, che arieggiano i camalli di Genova. Abbiamo stemperato anche l'apologo ecologista, puntando, con tocco lieve e ironico, sulle incognite della diversità e dell'integrazione, di grande attualità oggi in Europa. La storia di una gabbianella salvata e allevata in un mondo felino scatena una serie di contraddizioni storiche - un gatto che cova e un uccellino che fa le fusa e miagola - da cui l'ottusa truppa dei topi trae veloci conclusioni: quegli stupidi si sono rimbambiti a furia di croccantini, è giunta l'ora di prendere il potere. [...] Mi è sempre parso pesante il modo hollywoodiano di appropriarsi delle culture altrui: Pinocchio che diventa un tirolesino, Hercules che balla il blues. La fiaba e il mito al servizio della spettacolarità, la magia vera dell'immaginazione soffocata da quella esteriore dell'effetto speciale. Le fiabe cinematografiche dovrebbero essere, prima di tutto, fiabe» (E. D’Alò, “la Repubblica”, 26.8.1998).


Sinceramente non saprei dire quali prospettive ci saranno per il cinema d'animazione italiano a questo punto, anche se sono abbastanza sicuro che nessuno vorrà guardare in faccia alla realtà, e al fatto che - molto banalmente - se si fosse continuato a seguire l'esempio de "La Gabbianella e il Gatto" le cose sarebbero andate in modo molto diverso... Anche perchè, molto banalmente, sarebbe bastato prendere in considerazione il fatto che il romanzo di Sepúlveda era stato scritto nel 1996 e il film di animazione è arrivato - a tempo di record - nel 1998, parlando di una realtà che era quella in cui viveva il pubblico di allora, e iniziando a toccare temi (come l'inclusione della diversità e le famiglie non tradizionali) che sarebbero rimasti attualissimi anche negli anni a venire... Segno evidente che al pubblico piacevano dei film di animazione di un certo tipo e con un certo approccio... Che però NON sono più stati realizzati.

Come e perchè dopo un film così riuscito (che costò 10 miliardi di lire e ne incassò il doppio solo in Italia) e con tanti livelli di lettura si sia precipitati nel qualunquismo e nell'approssimazione più totale non saprei dirlo...Forse più di qualcuno ha fiutato l'affare e ha cercato di cavalcare l'onda senza avere le competenze per farlo, finendo poi per buttare tutto alle ortiche? Forse ci si è fermati all'apparenza? Forse si è cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, perchè i produttori italiani erano talmente impreparati e sprovveduti che non avrebbero mai sganciato un euro per film di animazione che erano troppo al di là delle loro limitate competenze? Certo è che è quantomai curioso che si sia arrivati ad animare un racconto abbastanza oscuro di Dino Buzzati, mentre tanti altri classici che al giorno d'oggi potrebbero riservare delle sorprese continuano d essere ignorati... Tant'è che a tutt'ora nessuno si è mai sognato di animare "Il Giornalino di Gianburrasca", tanto per dirne una...

E se pensate che sarebbe un film di animazione noioso potete provare ad ascoltare integralmente il romanzo CLICCANDO QUI. 

Ad ogni modo penso che sia molto indicativo il fatto che per rivedere "La Gabbianella e il Gatto" in TV sia stata necessaria la tragica morte del suo autore, quando invece è evidente l'apporto educativo che avrebbe potuto avere la valorizzazione più costante di un film di animazione che spiega che ci possono essere anche famiglie adottive composte da quattro papà, che riescono a proteggere e ad allevare una figlia nel miglior modo possibile... Però la verità è che, ogni anno a Capodanno, sulla RAI vengono riproposti gli Aristogatti della Disney...

Niente di male, però sono cose che fanno riflettere.

Alla prossima.

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