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giovedì 6 dicembre 2012

MAX BUNKER CHIUDE

Ciao a tutti e ciao a tutte, come va?
La notizia di oggi - probabilmente - è solo l'antipasto di ciò che potrebbe diventare una tendenza nei prossimi decenni. Lo storico editore milanese Max Bunker Press chiude i battenti, o meglio: questo sostiene il direttore Max Bunker (alias Luciano Secchi, che vedete nella foto sotto) su una lettera comparsa anche sul sito della casa editrice e poi rimossa.
La lettera, che verrà pubblicata anche sul prossimo numero della serie Alan Ford, dice:

"Carissimi alanfordissimi,
Quante volte ho scritto che io sono un autore che ha deciso di fare l’editore di se stesso per non dovere sottostare a imposizioni e impedimenti da parte di terzi? Tante!

Quante volte ho scritto che non mi piace fare l’editore ma che è una tassa che devo pagare se voglio gestirmi a mio totale piacimento? Tante!
Ora siamo alle soglie del 2013, la MBP fu fondata nel 1983, quasi trent’anni fa, godendo di ottimi periodi e subendo quelli di crisi che hanno condizionato tutti quanti e non solo nell’editoria.
Quest’altalena di alti e bassi ricca di soddisfazioni e di delusioni posso valutarla, in una scala da 1 a 10, con un bell’8 ½, che è di rimembranza felliniana, e che comunque è una media di tutto rispetto.
Però siamo giunti al termine, al termine della mia lunga e sudata esperienza di editore in proprio. La parte dell’editore è quella che uccide il mio entusiasmo per tutte quelle piccole e meno piccole forme burocratiche che sembrano inventate apposta per far scappare la voglia di lavorare.
Un creativo non potrà mai essere un amministrativo, i due termini sono inconciliabili e se è obbligato a esserlo ne scaturisce una sofferenza che a lungo andare diventa una forma di insopportabile oppressione.
Così ho deciso la chiusura volontaria della MBP, una chiusura con tutti i conti in ordine senza dovere alcunché a nessuno. MBP sta per Max Bunker Press, e il mio nom-de-plume non può, né voglio che diventi un nome commerciale. Voglio salvare la mia identità di artigiano preservando il mio nome d’arte da ogni qualsiasi tipo di contaminazione. L’artigiano Max Bunker, probabilmente l’ultimo degli artigiani, decide di non fare più l’editore e quindi il nome dell’artigiano viene ritirato dal mercato. Ci sono due cose che amo fare sopra le altre: scrivere e viaggiare. Grazie alla tecnologia posso fare entrambe insieme. Infatti anche se fossi a Timbuctù posso mandare via email una sceneggiatura in pochi minuti.
Questo è l’ultimo numero di Alan Ford edito dalle MBP, ma non l’ultimo di Alan Ford in assoluto. Tutt’altro. Max Bunker artista riprende quello che non aveva mai lasciato, la sua creatività, ma sgravata da condizionamenti editoriali. Max Bunker continuerà a scrivere Alan Ford, di cui è padrone di tutti i diritti, e li affitta alla figlia Raffaella che ha una sua piccola casa editrice la:
1000 volte meglio Publishing
In tempi recenti e meno recenti ho ricevuto offerte per cedere la società e me ne sono sempre ben guardato. In tempi molto recenti qualcuno ha tentato anche di acquisirla de facto con una manovra da birbantello, ma era così smaccatamente dilettantesca da suscitare non indignazione ma tenera commiserazione.
Per quelli dello zoccolo duro informo che ho anche preso l’impegno di tenere una rubrica periodica, che si intitolerà “Max dixit”. Alan Ford continuerà nella sua numerazione e avrà Dario Perucca principe del foro disegnandi, più qualche aiutante di belle speranze.

È tutto. Ci leggiamo sul prossimo numero.

Sempervoster,
MAX BUNKER"

Perchè ne parlo qui? Per diversi motivi. 

Motivo uno: Max Bunker è un po' l'emblema dell'editoria a fumetti italiana, quella in cui - per amore o per forza - le case editrici sono un prolungamento degli editori che le gestiscono, o al limite dei loro eredi naturali. Il fatto che Max Bunker abbia deciso di sbaraccare prima che sopravvengano motivi di ordine naturale (com'è accaduto nel caso di Sergio Bonelli) mette in luce il fatto che non fa parte della nostra tradizione creare case editrici di fumetti fatte per restare, o per essere gestite da individui estranei alla dinastia dei loro fondatori.

Motivo due: fra le righe si legge che la gestione di una casa editrice, al giorno d'oggi, è una questione complessa, impegnativa e - probabilmente - al di sopra delle possibilità di editori che non si sanno  aggiornare periodicamente, anche a livello di nuovi media e tecnologie (facebook, twitter, smartphone, app per iPhone e tutto il resto). Tant'è che, anche se Max Bunker (classe 1939) non lo dice, sicuramente le vendite calanti dei suoi fumetti (quanti ventenni di oggi conoscono Alan Ford?) non giustificavano più la quantità di impegno (anche economico) necessario per mantenere in piedi una simile attività.

Motivo tre: i fumetti della Max Bunker Press, anche in anni recenti, hanno parlato di tematiche omosessuali in maniera diretta, ma molto approssimativa, stereotipata e retrò... C'è stata anche una testata, Kerry Kross, dedicata ad una detective lesbica dichiarata. L'idea si è rivelata un FLOP, dimostrando che - al giorno d'oggi - non si può più parlare di omosessualità come si faceva in passato e aspettarsi che la curiosità morbosa dei lettori faccia il resto (garantendo, cioè, delle buone vendite).

Ora: non si sa quale sarà l'approccio della figlia di Luciano Secchi, che peraltro è un nome che giunge nuovo nel panorama editoriale (a differenza di quello del figlio di Sergio Bonelli, che ha rilevato la casa editrice del padre dopo averci lavorato per diverso tempo in varie vesti), ma è molto probabile che la presenza del padre continuerà ad influenzare le pubblicazioni a fumetti della neonata casa editrice, determinando ulteriori cali di vendite, soprattutto in un periodo di ristrettezze economiche come quello in cui viviamo ora... In cui di certo anche i lettori di fumetti devono fare delle scelte.

Se fossimo in una nazione rampante, in cui gli editori di fumetti sono personaggi ricettivi e attenti, il caso della Max Bunker Press dovrebbe fare scuola e far drizzare le orecchie a tutti quanti, soprattutto a quegli storici editori italiani (Bonelli e Disney Italia su tutti) che negli ultimi anni hanno venduto un decimo di quanto vendevano una ventina di anni fa... E nonostante tutto si ostinano a mantenere il loro classico approccio al fumetto e ai suoi contenuti... Strizzando l'occhio a quella che sono convinti essere la cultura dominante del nostro paese: conservatrice e mummificata... 
Ma le cose stanno davvero così? Probabilmente no, altrimenti le suddette case editrici venderebbero molto di più, anche perchè se è vero che c'è crisi è anche vero che qualche euro da spendere per le cose che piacciono sul serio si può ancora trovare... O al limite si possono mettere due tre euro di ricarica in meno sul cellulare e trovare il modo di comprare un fumetto in più. Però, se le cose non vanno così, un motivo dovrà pur esserci...
Certo, iniziare a valutare l'ipotesi di parlare di tematiche omosessuali in maniera nuova e competente potrebbe non bastare per riavvicinare lettori, ma di certo potrebbe essere un buon segno, che potrebbe comunque attirare l'attenzione e offrire molte nuove possibilità...
Restiamo in attesa che qualche editore se ne renda conto... Prima di leggere la sua lettera di commiato, magari.
Alla prossima!
  

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