Ciao a tutti, come va?
Proprio in questi giorni il settimanale giapponese Shonen Jump festeggia i suoi primi cinquant'anni, e lo fa con una copertina in cui il tradizionale mix di personaggi viene realizzato da vari autori di oggi che provano a disegnare alcuni personaggi che hanno fatto la storia della rivista... Come ad esempio Eiichiro Oda di One Piece che si cimenta con Goku di Dragon Ball, o Kōhei Horikoshi di My Hero Academia alle prese con Naruto...
E questa copertina, così apparentemente "banale", mi ha fatto riflettere una volta di più su quanto sia stretto il rapporto fra fumetto e animazione nel paese del Sol Levante. In particolare per quel che riguarda l'animazione televisiva. Inoltre mi ha fatto riflettere anche su un'altra cosa, solo apparentemente banale, e cioè sul fatto che la progressiva divisione dei manga per target di pubblico ha portato anche alla progressiva divisione per target delle produzioni animate. E questo, evidentemente, ha contribuito non poco all'affermazione di un comparto industriale che gode ancora di ottima salute, perlomeno stando ai dati che il Ministero degli Affari interni e delle
comunicazioni del Giappone ha pubblicato il mese scorso, nel suo rapporto “Analisi dello
stato dell’espansione dei contenuti di trasmissione all’estero” nel 2016.
Secondo lo studio (CLICCATE QUI),
il valore delle esportazioni di tali contenuti nell’anno fiscale 2016
era di 39,35 miliardi di yen (circa 358 milioni di dollari USA). Gli
anime costituivano il 77,1% del totale e l’84,2% delle entrate derivanti dai diritti di trasmissione in particolare. Del totale, il 32,7% proviene dai diritti di merchandising, il 31,4% dai
diritti di trasmissione, il 26,9% dai diritti di streaming su Internet,
il 5,3% dalle ritrasmissioni, il 2,3% dai diritti di home video e
l’1,4% da altro. A parte il 77,1% del totale dovuto agli anime, il 10,2% proveniva dai
drama, il 9,7% dai programmi di varietà, lo 0,6% dai documentari e
l’1,7% da altro.
Per regione, la composizione è la seguente: 58,7% per l’Asia, 27,2%
per il Nord America, 8,0% per l’Europa, 1,6% per l’America Latina e il
4,6% per altre regioni. Gli anime costituivano la maggior parte
del totale in Asia, Nord America ed Europa. Nel Nord America, gli anime
costituivano quasi tutto il totale per la categoria trasmissione, e cioè il
95,3%. Il totale di 39,35 miliardi di yen è aumentato del 36%
rispetto al numero dell’anno precedente, anche se l'indagine di quest'anno include anche i diritti per creare giochi, quindi è difficile fare un confronto attendibile.
Dati interessanti, che fanno riflettere sul reale potenziale dell'industria dell'animazione, in particolare quando riesce ad ottimizzare il suo rapporto con i manga da cui trae ispirazione nella maggior parte dei casi. E questo mi ha fatto riflettere su un'altra cosa apparentemente banale, e cioè sul perenne rinnovamento dell'industria fumettistica giapponese, che continua a sfornare personaggi e serie cult man mano che le generazioni si susseguono, riuscendo a seguire i gusti del pubblico man mano che si rinnova. Anche perchè, altro dettaglio molto banale, anche se i mangaka storici restano in attività le riviste che si rivolgono ad un pubblico giovane cercano sempre di dare spazio a professionisti giovani, con idee giovani e in sintonia con i gusti del pubblico che vogliono raggiungere.
Nel caso degli autori che ho citato all'inizio, ad esempio, Eiichiro Oda ha iniziato a realizzare One Piece quando aveva 22 anni e Kōhei Horikoshi ha debuttato a vent'anni, vincendo uno dei tanti concorsi che gli editori giapponesi organizzano per scovare giovani talenti...
Il che, effettivamente, ha una sua logica.
E al tempo stesso rende particolarmente interessante il confronto con l'Italia. Dove il mondo del fumetto continua ad invecchiare sempre di più, soprattutto se si
considera l'età media di chi gestisce e amministra il fumetto seriale (quello che una
volta veniva definito "popolare" e che arriva nel grande circuito delle
edicole). Un mondo che - mediamente - si rivolge ad un target sempre più
maturo, e abituato ad un approccio che anno dopo anno risulta sempre
più datato per gli standard a cui si sta abituando il pubblico giovane di oggi. E infatti giovani e giovanissimi, in Italia, non considerano più i fumetti come
una forma di intrattenimento in grado di competere con quelle che vanno
per la maggiore. Perchè in proporzione costano di più e perchè, a
livello di contenuti, sono sempre meno in linea con il loro target di
età e con i loro reali riferimenti culturali. Ovviamente non tutti i
giovani e i giovanissimi la pensano così, e questo discorso non si può
applicare a tutti i fumetti, ma si tratta comunque di una tendenza
generalizzata.
Nessuna meraviglia, quindi, se il rapporto fra fumetto italiano e animazione è così difficile... Tantopiù che, nel frattempo, possono arrivare delle proposte che possono scompensare ulteriormente la situazione.
Ad esempio: in questi giorni è stato annunciato ufficialmente il più grande progetto di animazione televisiva Made in Italy degli ultimi anni: Adrian... E cioè la serie dedicata alla biografia (spostata in un futuro distopico) del cantante Adriano Celentano. Presentata ufficialmente in occasione dei Mondiali 2018, dopo una gestazione di quasi dieci anni, un passaggio di diritti (da Sky a Mediaset) e innumerevoli traversie produttive. Il tutto per una serie che consterà di 13 ore di animazione a cui, presumibilmente, verrà anche data una grande eco mediatica.
Una serie concepita da un cantante ottantenne (che ovviamente ha richiesto di essere adeguatamente ringiovanito), ideata graficamente dal fumettista Milo Manara (73 anni a settembre) e con le musiche di Nicola Piovani (73 anni). La revisione dei dialoghi è di Vincenzo Cerami (1940-2013) e degli allievi della scuola Holden, coordinati da Alessandro Baricco (60 anni). Di come la scuola Holden gestisce il suo approccio al fumetto ho parlato QUI, staremo a vedere se con con il mondo dell'animazione le cose andranno meglio.
Ad ogni modo si intuisce già dal trailer che il tono sarà quello tipicamente autocelebrativo (e politicamente scorretto) dell'artista, che si riproporrà di nuovo in veste di guru esistenziale ed eroe ribelle (sigh!). Il tutto utilizzando l'animazione televisiva in maniera "adulta", come in Giappone si fa da molto tempo e negli USA da almeno un paio di decenni.
O perlomeno questo è quello che si intuisce.
Qual è il senso di questa operazione, oltre a quello di gratificare l'ego di chi l'ha ideata e di richiamare l'attenzione di tre o quattro generazioni di fans, cercando - forse - di incuriosire il pubblico generico e di utilizzare un linguaggio più moderno per rilanciare il cantante e il suo "messaggio" presso i più giovani? Difficile dirlo.
Quasi certamente un progetto del genere - nato "vecchio" - non farà bene all'animazione italiana in senso lato, e alla percezione di questa forma di entertainment nel nostro paese. E men che meno farà bene alla valorizzazione del suo rapporto col fumetto, che in questo caso si limita al coinvolgimento di Milo Manara per la caratterizzazione grafica... Anche perchè, come si diceva prima, è un progetto che nasce per mettere in risalto Adriano Celentano e il "personaggio" che ha fatto conoscere al pubblico negli ultimi sessant'anni.
D'altra parte se il rapporto fra animazione e fumetto italiano è così diverso rispetto a quella che si è venuto a creare in Giappone, o negli USA, non è solo per una questione di investimenti, quanto per una questione di contenuti e di approccio. Quanti e quali fumetti italiani, possono essere adatti per diventare una serie animata di successo, magari competitiva a livello internazionale e in grado di proseguire per più stagioni, coinvolgendo un pubblico trasversale?
Tradizionalmente le (poche) trasposizioni animate di fumetti italiani che vengono realizzate (anche e soprattutto attraverso coproduzioni internazionali) si rivolgono ad un pubblico prettamente infantile, non hanno un grande successo e si concludono dopo una sola stagione. Senza contare che, molto spesso, il successo di queste serie animate è proporzionale alle modifiche apportate al fumetto originale, di cui spesso viene mantenuto solo una parte del concept iniziale. Angel's Friends (trasmessa dal 2009), che ha all'attivo due serie di 105 episodi, uno special e un remake nel 2016 ne è un esempio. Tant'è che del fumetto pubblicato nel 2007 da Play Press non si ricorda praticamente nessuno...
Mentre la serie animata, in cui molti protagonisti sono praticamente irriconoscibili, viene ancora replicata in una ventina di nazioni diverse... E qualcosa vorrà pur dire.
E d'altra parte non si tratterebbe nemmeno di un caso isolato. Basti pensare alla serie di Martin Mistery (che ho citato più volte), che è andata avanti per tre anni (a partire dal 2003) con 66 episodi all'attivo...
E vari rimaneggiamenti rispetto al fumetto ci sono stati anche con W.I.T.C.H (due stagioni e 40 episodi, a partire dal 2004)... Perciò verrebbe da pensare che se in Giappone le serie animate tratte dai manga riprendono quasi alla lettera il contenuto dei suddetti (a partire dalle trame e dalle scelte grafiche degli autori), mentre con i fumetti italiani si rende necessaria un'opera di adattamento e revisione abbastanza importante, ci deve essere un motivo...
Anche la serie tratta da Monster Allergy, che graficamente riprende fedelmente lo stile del fumetto, è stata rimaneggiata in più punti... E forse non è un caso se è andata avanti per 52 episodi e 4 speciali, mentre la serie a fumetti si è arenata in edicola alla ventinovesima uscita... Ed è abbastanza ironico anche il fatto che la serie animata sia arrivata nel 2005, quando la serie a fumetti era già stata interrotta.
Ad ogni modo questo approccio sembra essere valido anche oggi, come si può intuire dalle differenze fra il concept grafico di Dragonero Adventures e quello della serie animata in produzione... Anche se si sono perse le sue tracce da un po', e in questi casi viene sempre il sospetto che si sia verificato qualche problema a livello di produzione... Ad ogni modo la speranza non muore mai.
In conclusione bisogna prendere atto che il rapporto fra fumetto italiano e animazione continua ad essere conflittuale, e se una produzione riprende alla lettera la sua fonte di ispirazione tendenzialmente diventa un prodotto molto di nicchia (come la serie di Corto Maltese) oppure si rivela un flop (come la serie in semi animazione dedicata ad ORFANI, che a quanto pare è stata già rimossa dalla coscienza collettiva).
Poi ci sono progetti come quello di Adriano Celentano, in cui il fumetto rientra in maniera molto marginale e solo attraverso il contributo di un autore importante. E non è nemmeno l'unico caso, in realtà. Nel 2012 la RAI ha trasmesso una serie per ragazzi ispirata all'Odissea di Omero, ideata dal fumettista Massimo Rotundo, che - come spesso accade dalle parti della RAI - non ha avuto modo di essere valorizzata in maniera adeguata... Anche se a suo tempo vinse persino il Premio Kineo/Diamanti al festival del cinema di Venezia...
A proposito: se dopo aver letto questo post qualche editore volesse raccogliere in volume le illustrazioni, gli studi e i bozzetti che Massimo Rotundo ha realizzato per questa serie non sarebbe male...
Ad ogni modo, da tutta questa analisi, penso si possano sintetizzare alcuni concetti importanti.
Ad esempio che allo stato attuale il fumetto italiano NON è in grado di rappresentare una fonte di ispirazione importante per il mondo dell'animazione. A meno che non si faccia un tentativo di modificare e adattare i suoi contenuti, in maniera più o meno invasiva... Inoltre è un dato di fatto che per vedere dell'animazione italiana dal taglio "adulto" è stato necessario aspettare la (solita) alzata di testa di Adriano Celentano. Il tutto mentre in Giappone non solo i manga recenti sono considerati un'inesauribile fonte di ispirazione, ma si riesce persino a proporre in animazione la versione aggiornata di manga realizzati due o tre decenni fa. Come nel caso di BANANA FISH: un manga del 1985 che solo in queste settimane ha visto partire la sua versione animata... Che è riuscita ad adeguarsi ai tempi senza snaturare la trama originale.
Una trama che - è bene ricordarlo - ha anche dei risvolti (e dei protagonisti) esplicitamente gay.
Cosa che probabilmente per l'animazione italiana, ripiegata com'è sul
target prescolare e su una serie di preconcetti superati che derivano
ANCHE dal mondo del fumetto italiano, sarebbe improponibile...
Comunque a proposito di animazione che si adegua ai tempi, rapporto animazione/fumetto e taglio gay friendly, credo che sarebbe ingiusto escludere da questo post un piccolo accenno all'animazione seriale statunitense degli ultimi anni. Anche perchè, a differenza di quella giapponese - che da sempre è divisa per target di pubblico - ultimamente ha imparato ad essere sempre più multitarget. Nel senso che, dietro ad una parvenza apparentemente semplice ed essenziale (e spesso infantile), diverse serie cercano di avere più livelli di lettura, per venire incontro ad un pubblico più ampio e trasversale. E, ultimamente, iniziano a considerare maggiormente anche il pubblico gay e gay friendly.
E di questo ho parlato molto spesso anche da queste parti.
La cosa interessante, però, è che questa tendenza ad essere gay friendly in maniera più esplicita potrebbe iniziare coinvolgere anche i reboot di alcuni personaggi cult. Dopo una lunga attesa, ad esempio, hanno iniziato a trapelare le prime immagini relative al reboot di She-Ra prodotto da Netflix... E la sensazione è che la protagonista verrà caratterizzata in maniera molto più androgina (o agender/bigender, come si dice oggi) rispetto alla versione degli anni Ottanta.
E il fatto che la produttrice della serie sia la ventiseienne Noelle Stevenson, attivista LGBT e lesbica dichiarata, nonchè ideatrice del fumetto cult Lumberjanes, fa pensare che Netflix avesse fin dall'inizio delle idee molto precise per il rilancio di questo personaggio... E che magari volesse agguantare il pubblico che - ad esempio - si è raccolto attorno a Steven Universe... O, più in generale, la crescente nicchia di mercato rappresentata dal pubblico LGBT friendly. Anche perchè ormai è da anni che vengono pubblicate ricerche che sostengono che le nuove generazioni sono molto più aperte (e interessate) nei confronti di certi argomenti, e sarebbe davvero sciocco continuare a fare finta di niente. Ad ogni modo la serie di She-Ra arriverà in blocco su Netflix a partire da novembre, e SICURAMENTE tornerò a parlarne qui.
Morale della favola: anche senza volere fare paragoni impietosi con il Giappone resta il fatto che - in fatto di animazione - negli USA si dà carta bianca alla fumettista Noelle Stevenson, mentre in Italia si dà carta bianca ad Adriano Celentano (ma giusto perchè i soldi ce li mette lui)...
Sicuramente varrebbe la pena di rifletterci un po' sopra.
Alla prossima.
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