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martedì 19 marzo 2019

Anteprime e considerazioni

Ciao a tutti, come va?

Sulla quarta di copertina del numero 5 della serie Cani Sciolti della Bonelli, come da prassi, si trova l'anticipazione del numero successivo... E a quanto pare di tratterà di un numero particolare, visto che racconterà di come - accidentalmente - due dei protagonisti della serie (in qualità di universitari in vacanza) si ritrovano a New York proprio il 28 giugno del 1969, venendo coinvolti dalla rivolta di Stonewall... Questo albo dovrebbe essere distribuito in edicola a partire dall'11 aprile (se fosse stato disponibile in occasione del 17 maggio, o per la stagione dei Pride, sarebbe stato meglio, ma forse era chiedere troppo).

Dato che l'evento è a modo suo storico, per vari motivi, ho pensato che fosse il caso di trarne qualche spunto di riflessione con  un po' di anticipo, anche perchè qualcosa mi dice che quando uscirà le cose da dire saranno comunque tantissime. Anche se in realtà ci tenevo a parlarne prima anche nella speranza di evitare alcuni scivoloni che già potrebbero prospettarsi all'orizzonte... Perlomeno a giudicare dalla preview della copertina...

Anche volendo tralasciare il fatto che sulla vetrina del locale raffigurato in copertina viene scritto "Stonewall", e non "The Stonewall Inn" (che era il nome del locale da cui partì tutto, e che ha mantenuto il nome tale e quale anche oggi)...


Ecco... Anche volendo trascurare questo piccolo dettaglio, diciamo... Un'altra cosa che spicca nella copertina è il fatto che tutti i "rivoltosi" sono bianchi, mentre quel locale era frequentato da tantissime persone appartenenti alla minoranza ispanica e afroamericana... Come peraltro viene testimoniato anche dalle foto di quel periodo... Quindi la speranza è che quello che si vede nella preview sia giusto un errore di colorazione (per quanto inopportuno, soprattutto in questo periodo), e che all'interno della storia questo aspetto della vicenda non venga rimosso...

Tra l'altro, sempre nella suddetta copertina, fra i rivoltosi spicca la mancanza di persone visibilmente transgender, quando questa categoria ebbe una rappresentanza e un peso importante in tutta la vicenda... E anche in questo caso non sarebbe male se si trattasse di una "svista" presente solo in copertina, anche perchè proprio nel numero di Cani Sciolti di questo mese si è vista una prostituta transgender italiana (anche se all'epoca si facevano chiamare "travestiti"... E in più di qualche caso non erano propriamente persone transgender, ma omosessuali maschi che nel crossdressing avevano più opportunità di trovare un punto di equilibrio con il loro orientamento sessuale)...

Quindi non sarebbe carino se, anche in questa serie, fosse concesso di rappresentare questa categoria di persone solo in qualità di prostitute sottomesse all'italica libido, e non - ad esempio - in qualità di ribelli di Stonewall... Anche perchè, in questo caso, si confermerebbe definitivamente la vocazione anacronistica del progetto "Audace" della Bonelli, che finora ha dimostrato di essere "Audace" solo per i parametri del suo pubblico storico, che è sempre più stagionato... E che magari trova molto esaltante anche il fatto che "finalmente" negli albi Bonelli si parli del clima della fine degli anni Sessanta, quando magari aveva la stessa età dei protagonisti di Cani Sciolti, e viveva le loro stesse esperienze... O magari avrebbe voluto viverle se non fosse stato vincolato da alcune dinamiche tipiche dell'Italia di quel periodo (e non solo)...

Quindi adesso non possiamo fare altro che restare in attesa di vedere come Gianfranco Manfredi gestirà il numero 6 della serie... E nel frattempo prendiamo atto di una cosa, che è sotto gli occhi di tutti: anche se in Italia inizia a crearsi un clima sociale molto partecipato su diverse questioni, il massimo che riescono a fare i fumetti italiani è ambientare le loro storie più trasgressive alla fine degli anni Sessanta...

Cercherò di essere più chiaro. Nel giro di due settimane abbiamo avuto: il 2 marzo una manifestazione antirazzista a Milano che ha riempito Piazza Duomo...

L'8 marzo una serie di cortei che hanno dimostrato che, per quanto incredibile, il movimento femminista sta tornando a farsi largo anche in Italia...

Il 14 marzo centinaia di migliaia di ragazzi che si sono riversati in strada aderendo allo sciopero globale per il clima...

Quindi, anche a voler essere di manica stretta, bisognerebbe perlomeno ammettere che ci sono tre temi che coinvolgono in maniera crescente e trasversale un'ampia fetta di società civile, e in buona parte la sua rappresentanza giovanile: il razzismo, la questione femminile e la preoccupazione per la crisi ambientale...

Mentre in edicola, oltre ad una discreta quantità di ristampe di materiale risalente a parecchi decenni fa, si ritrovano produzioni che - come da prassi - scelgono di non prendere spunto dalla realtà in cui vivono i loro potenziali lettori... E che, come dicevo all'inizio, nella migliore delle ipotesi trattano di tensioni sociali relative alla fine degli anni Sessanta.

Un ottimo modo per cercare di fare breccia nel pubblico di oggi, direi. E soprattutto in quello giovane, che oltretutto è già un target sempre più difficile da agguantare... Anche se in realtà non partirebbe poi così prevenuto come sembra...

Generalmente quando si solleva l'argomento, in particolare per quel che riguarda il fumetto seriale italiano, chi difende un certo tipo di scelta ribatte che - anche volendo - sarebbe impossibile stare sul pezzo perchè si tratta di prodotti elaborati con anni di anticipo, e che in molti casi richiedono che gli autori vengano messi all'opera su una determinata storia con mesi e mesi di anticipo.

Perchè in Italia, si sa, la media delle pagine mensili per ciascuna storia è molto maggiore rispetto ai corrispettivi statunitensi o di altri paesi... E quindi richiede più tempo per essere ultimata.

Tutto vero. Però al netto del fatto che comunque a monte c'è - da parte del fumetto italiano che arriva in edicola - un'atavica paura di rapportarsi con temi eticamente sensibili,  a volte c'è anche la netta sensazione che certe scelte editoriali siano una giustificazione valida e al tempo stesso un pretesto.

Anche perchè, se i tempi di lavorazione sono così lunghi, non c'è scritto da nessuna parte che non possano essere pubblicati mensili antologici con storie di massimo venti pagine l'una. L'editoria giapponese si regge quasi tutta su periodici antologici, anche settimanali, in cui le storie vengono portate avanti al ritmo di poche decine di pagine per volta...

Cosa che, tra l'altro, garantisce un periodico rinnovamento delle storie, degli autori e delle idee... Anche in base alla risposta del pubblico. E forse è per questo che, anche se parliamo di una nazione altamente informatizzata, i fumetti pubblicati da queste riviste poi vengono raccolti in volumetti che vendono milioni di copie ciascuno (e solo in Giappone).

Qui sotto, per completezza, potete vedere la classifica dei dieci volumetti più venduti del 2018 in Giappone:
  1. One Piece – 8,113,317
  2. My Hero Academia – 6,718,185
  3. L’Attacco dei Giganti – 5,235,963
  4. Slam Dunk – 5,214,085
  5. Haikyu!! – 5,030,624
  6. Kingdom – 4,970,171
  7. The Seven Deadly Sins – 4,867,680
  8. The Promised Neverland – 4,246,955
  9. Vita da Slime – 3,460,066
  10. Tokyo Ghoul:re – 3,267,843
Parliamo, nell'ordine, di pirati, di supereroi, di un fantasy distopico, di pallacanestro, di pallavolo (maschile), di combattimenti e intrighi sullo sfondo dell'antica Cina, di fantasy ispirato al medioevo occidentale, di horror a base di bambini in balia di demoni, di avventura fantasy ispirata ai giochi di ruolo e di un urban fantasy dark/horror...

E in tutti i casi i personaggi chiave sono bambini, ragazzini, adolescenti o giovani adulti... Che in un modo o nell'altro riescono a creare un rapporto di identificazione con i loro lettori, e in particolare con quelli che hanno la loro stessa età..

E bisogna tenere presente che, anche quando si muovono in contesti poco legati al mondo reale, cercano di toccare temi ed emozioni che fanno comunque parte della quotidianità del loro pubblico di riferimento.

Però, quando si paragona il fumetto giapponese con quello italiano, i soliti difensori della causa insorgono dicendo che gli autori giapponesi hanno un metodo di lavoro diverso, che hanno stuoli di assistenti e che in Italia non si lavora così... Anche perchè, come si diceva sopra, i fumetti italiani vengono pubblicati prendendo come riferimento altri criteri tipografici, stilistici, editoriali, ecc...

E anche questo è vero. Però, se a questo punto il nocciolo della questione è che il metodo di lavoro tradizionalmente adottato in Italia non consente di sperimentare e articolare l'offerta come in Giappone, dove i fumetti vengono milioni di copie, non sarà che - forse - il problema sta anche nel metodo di lavoro italiano, e nel fatto che ormai è superato e poco competitivo?

Se, ad esempio, non consente di mettere in atto quelle dinamiche che gli permetterebbero - se volesse - di affrontare con pochissimo scarto temporale i temi e gli argomenti che potrebbero intrigare il pubblico di oggi, non sarebbe il caso di rivederlo?


Chissà...

La cosa ironica è che, se proprio volessimo essere onesti, il formato bonelliano che intendiamo oggi ha molte più cose in comune con i manga giapponesi di quanto non si direbbe. Nel senso che nasceva per raccogliere dei fumetti che precedentemente erano arrivati in edicola sottoforma di strisce settimanali (o quindicinali) di poche decine di pagine... Quindi, tecnicamente, si tratterebbe di una specie di ritorno alle origini...
Ovviamente per concretizzare l'idea di un periodico antologico su carta economica, che ogni volta ospita i capitoli di diverse storie in qualche modo collegate ai temi caldi del momento, sarebbe necessario rivoluzionare da cima a fondo tutto l'establishment fumettistico italiano... Escludendo automaticamente tanti nomi noti che non riuscirebbero a starci dietro, e dando spazio a tanti nuovi direttori editoriali, sceneggiatori e disegnatori: giovani, veloci e col dono di sapersi relazionare davvero con il pubblico italiano.

Quindi bisognerebbe fare una grande selezione, con un'operazione di scouting senza precedenti e a tutti i livelli, e sarebbe una strage...

E forse, e dico forse, questo potrebbe essere uno dei motivi per cui questa strada non è mai stata percorsa, e a tutt'ora si preferisce navigare a vista sperando di trovare prima o poi l'approdo giusto.

Puntando, nel frattempo, sugli ex giovani degli anni Sessanta... E iniziando a nominare timidamente i moti di Stonewall giusto nel 2019... E cioè quando a New York si celebra il cinquantennale dell'evento, e tra l'altro lo si fa con un WORLD PRIDE...

Meglio tardi che mai, insomma...
Ad ogni modo, come dicevo all'inizio, sarà molto interessante verificare come verrà trattato l'argomento... E sicuramente questo blog ne riparlerà a tempo debito.

Alla prossima.

4 commenti:

H P L ha detto...

Buongiorno. Sono perfettamente d'accordo su quasi tutto. Non mi convince il paragone immediato italia-Giappone: in Giappone sono più del doppio degli italiani, per forza di cose quasi qualunque prodotto venderà di più. Se a questo si aggiunge che i manga, in particolare, in terra natia costano quasi niente -qui da noi costano relativamente tanto, un prezzo giustificato visto il lavoro di traduzione, l'acquisto dei diritti etc., ma comunque sopra la media dei bonellidi da edicola- e, differentemente dall'italia, il Giappone ha "accettato" il manga come forma d'arte già da diversi decenni, mentre qui in itaglia ancora viene visto perlopiù come un passatempo da bambini... direi che è normale che il mercato dei manga sia -e continuerà a essere- sempre maggiore dei bonellidi, anche in proporzione...

Ciò non significa che non ci siano problemi nell'editoria italiana, anzi, e le soluzioni che elenchi tu (gli antologici) forse aiuterebbero a dare una spinta (anche se ci sarà chi, come me, odia il formato degli antologici, di quasi tutti i tipi...). Servirebbero comunque un paio d'anni per ambientarsi (da parte degli editori) e per abituarsi (da parte del potenziale pubblico).

Sul resto, ineccepibile. Mi chiedo ogni volta dove trovi le immagini dei bambini ;)

Buonagiornata.

Wally Rainbow ha detto...

Buondì, forse sono stato frainteso. Lo scopo non era mettere manga e fumetti italiani sullo stesso piano sotto tutti i punti di vista. A parte la popolazione più numerosa, in Giappone si legge molto di più in senso lato (l'analfabetismo è pari a zero) e i manga hanno saputo reinventarsi e aggiornarsi in continuazione dal secondo dopoguerra ad oggi. E oltretutto, bontà loro, hanno un mercato che si rivolge ai collezionisti/appassionati e un'altro mercato parallelo studiato per i lettori occasionali, che ancora stampa settimanali antologici su carta usa e getta ammortizzando tantissimo i costi (e comunque recuperando eventuali perdite dalle vendite dei manga di maggior successo in versione volumetto). Quello che volevo dire è che se in Giappone, che a livello di distrazioni multimediali è messo molto bene, si riescono ancora a fare certi numeri, è perchè evidentemente si investe su autori e temi giusti. Se poi in Italia qualche volume vendesse anche solo 1/34 di quello che vende One Piece probabilmente al suo editore verrebbe un infarto (dalla gioia)... Ovviamente i manga tradotti in Italia costano di più, ma anche perchè arrivano DIRETTAMENTE in versione per collezionisti, e comunque hanno tirature più basse. La domanda è: negli ultimi due decenni, qualcuno ha mai pensato che, a parte i collezionisti da spremere, in Italia c'è ancora un altro tipo di pubblico? A cui magari non interesssa di avere la rilegatura di pregio, se ne frega di aprire troppo le pagine dei brossurati e magari cerca solo dei fumetti divertenti e coinvolgenti da leggere, e magari seguire, senza doversi ipotecare un rene?

Unknown ha detto...

Ma slam Dunk nel 2018? E' una ristampa?

Wally Rainbow ha detto...

No no, è il sequel ambientato 10 anni dopo :-)