Ciao a tutti, come va?
Una delle caratteristiche principali della professione di fumettista, in Italia e non solo, è data dal fatto che - mediamente - non è un lavoro che garantisce a priori entrate stabili. Nel senso che per avere entrate stabili, che magari consentano di vivere dignitosamente SOLO grazie a questa professione, bisogna cercare perennemente di essere sulla cresta dell'onda... Cosa tutt'altro che semplice, anche solo calcolando che i formati editoriali e i gusti del pubblico possono cambiare, ma lo stile di uno sceneggiatore, un disegnatore, o un autore completo no. Certo, ci sono fumettisti che diventano titolari di uno stile (o di una serie) talmente personale e riconoscibile che possono avere successo potenzialmente all'infinito senza dover rendere conto a nessuno delle proprie scelte (cosa che, ad esempio, accade spesso in Giappone), ma chi si vuole concentrare su un progetto particolare, o magari su un romanzo grafico, che richiede anni per essere ultimato e infine pubblicato, inevitabilmente si scontra con le incombenze della vita reale.
Anche perchè fino al momento della pubblicazione - o della consegna del suo lavoro - chi lavora a questo genere di progetti non ha alcun guadagno da quello che sta portando avanti...
Quindi, in questo caso, le alternative non sono molte, e nella maggior parte dei casi il nostro ipotetico fumettista deve portare avanti parallelamente altri progetti che hanno scadenze più regolari, o magari un lavoro che non ha niente a che fare coi fumetti, per garantirsi di che vivere. Il problema è che, ovviamente, così facendo sottrae tempo ed energie al suo progetto principale, e se malauguratamente le incombenze della vita aumentano deve metterci una pietra sopra.
Se poi la sua fonte di reddito principale è davvero un lavoro che non ha niente a che fare con i fumetti, la situazione si complica ulteriormente, e non di rado finisce per appendere la matita al chiodo... Cosa che, ad esempio, è molto frequente in Italia, anche per via della nostra particolare situazione editoriale, che è strutturata per dare entrate regolari solo a chi è entrato nelle grazie dei soliti due o tre editori che sono rimasti a spartirsi le le edicole, con tutta una serie di conseguenze non proprio positive sulla qualità e sulla varietà del fumetto prodotto nel nostro paese.
Da questo punto di vista, in effetti, all'estero sono messi un po' meglio. Se un autore famoso, o perlomeno interessante, lavora per qualche anno a un graphic novel, ad esempio, l'editore che ha opzionato la sua opera può anche pagare le sue tavole man mano che le consegna, o addirittura dando un compenso mensile fisso a fronte di un minimo garantito di tavole per ogni trimestre... Le soluzioni sono tante, e sicuramente questo è uno dei motivi per cui la produzione fumettistica americana è sicuramente più variegata e vivace della nostra. E poi, in America, qualche fumettista fortunato può anche destare l'interesse di un mecenate o di una fondazione... Come è avvenuto in questi giorni ad Alison Bechdel.
La MacArthur Foundation è stata fondata nel 1975 da uno degli uomini più ricchi d'America, che voleva che le grandi ricchezze da lui accumulate e il patrimonio da lui amministrato potessero continuare a servire per sostenere iniziative, associazioni e persone meritorie (e pare che dalla morte di John D. MacArthur, nel 1978, la fondazione abbia dispensato qualcosa come quattro miliardi di dollari!). Ogni anno, fra le altre cose, questa fondazione assegna un premio in denaro ad una ventina di persone che "hanno mostrato eccezionali doti e meriti, per permettere loro di continuare e migliorare il loro lavoro creativo" .
Un premio che è tutt'altro che simbolico, visto che consiste nell'elargizione - a ciascun prescelto - della somma di 625.000 dollari (circa 480.000 euro) in quattro anni!
Un premio per cui, quest'anno, è stata selezionata proprio la fumettista Alison Bechdel.
Probabilmente se lei non avesse cocciutamente insistito per proseguire un discorso personale, esprimendo attraverso i suoi lavori il suo punto di vista sulla vita, le cose sarebbero andate in maniera molto diversa...
Però, giusto per mettere un po' di sale sulla ferita, c'è da dire che all'inizio ha avuto modo di farsi conoscere e apprezzare tramite le sue striscie per i quotidiani: un tipo di fumetto che garantisce estrema libertà creativa e che - guardacaso - in Italia di fatto non esiste (anche solo perchè da noi i quotidiani non hanno pagine dedicate ai fumetti, e al massimo ospitano qualche vignetta satirica).
Un tipo di fumetto che, tra l'altro, permette di spaziare fra tantissimi argomenti e può lanciare spunti di riflessione che possono anche prendere piede al di fuori del mondo del fumetto.
Ad esempio: in una sua striscia del 1985, Alison Bechdel ha persino lanciato un test (poi noto proprio come Bechdel Test), per analizzare il rapporto delle pellicole cinematografiche con la rappresentazione del sesso femminile.
Il test è molto semplice e consiste in tre domande:
1) Nel film ci sono almeno due personaggi femminili?
2) Se ci sono parlano e discutono fra di loro?
3) Se parlano e discutono fra di loro, parlano e discutono di qualcosa che non siano gli uomini?
Se le risposte non sono tutte positive il test non è passato, e il film - forse - è l'ennesimo prodotto in cui le donne sono rappresentate in funzione delle aspettative di una società maschilista.
Non male, vero?
E infatti, a distanza di una trentina d'anni, Alison Bechdel ha destato l'interesse della MacArthur Foundation.
Ovviamente adesso attendono tutti che nei prossimi anni la brava autrice possa elaborare qualche nuovo romanzo grafico all'altezza dei precedenti.
Personalmente credo che fare paragoni fra il suo caso e la situazione italiana attuale sia un po' come sparare sulla croce rossa, quindi mi asterrò. Tuttavia mi limito a far notare che si tratta di un'autrice lesbica dichiarata, che mette al centro dei suoi lavori il punto di vista delle lesbiche dichiarate, e che la sua storia e la sua carriera sono la dimostrazione di come i tempi cambiano e la situazione si può evolvere positivamente.
Nel mondo civile, se non altro.
Alla prossima.
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