Ciao a tutti, come va?
Per il post di oggi ho pensato che fosse il caso di partire da un fatto di cronaca di cui si è molto parlato anche in Italia, seppur con qualche giorno di ritardo, tant'è che nel frattempo c'è stato anche il tempo di organizzare una manifestazione di solidarietà in Belgio, dove si è consumata la vicenda.
Mi riferisco all'aggressione omofoba subita dal fumettista Mauro Padovani e da suo marito Tom Freeman nella cittadina di Gand, ad opera dei suoi vicini di casa (che però non sono belgi, ma bulgaro/ucraini). All'indomani di questa vicenda, che si qualifica da sola, Mauro Padovani ha scelto di condividere sui social le immagini scattate poco dopo, con la testa immersa in un lago di sangue, e successivamente la stampa ha riportato l'accaduto con dovizia di particolari. E questa volta la notizia ha avuto anche una grande eco sui media italiani, e persino sui siti che si occupano di fumetti e derivati (anche se, in realtà, ne hanno parlato solo alcuni, ma considerando la situazione di partenza è già qualcosa).
Ovviamente massima solidarietà alle due vittime, e speriamo che possano riprendersi (in tutti i sensi) quanto prima.
Questa notizia, però, mi ha offerto qualche spunto di riflessione collaterale abbastanza interessante. Io avevo conosciuto Mauro Padovani in occasione di una mostra che avevo organizzato a Genova in occasione del Pride Nazionale del 2009. Si chiamava Arcobaleni fra le Nuvole (CLICCATE QUI), e mi sembra che siano passati secoli... Secoli nei quali tutte le buone premesse di quell'evento sono andate un po' a farsi benedire. Nel senso che, per dare un po' di reale visibilità al concetto di fumettista associato alla parola gay, in Italia e al di fuori di una parte - molto risicata - del mondo gay, è stato necessario aspettare l'aggressione a Mauro Padovani... Che tra l'altro al TG1 ha mostrato la sua libreria con il suo Winter's Moon e Gengoroh Tagame in bella vista...
Oltretutto penso che sia stata la prima volta che ho sentito così spesso la parola "fumettista" pronunciata in televisione... O forse addirittura è stata la prima volta che in televisione ho sentito il termine "fumettista" in assoluto, anzichè "disegnatore di fumetti" o simili. E credo che comunque sia stata la prima volta in assoluto che l'opinione pubblica sia stata messa di fronte al fatto che esistono fumettisti omosessuali, e per giunta sposati. Magari può sembrare una questione da poco, ma forse tanto da poco non è. Perchè ha dimostrato quanto una realtà a suo modo ovvia e banale, in senso buono, finora sia sempre stata ignorata e/o tenuta ai margini. Anche dallo stesso mondo del fumetto, tant'è che per diventarne consapevole ha dovuto essere messo di fronte a qualcosa di obbiettivamente scioccante... Tipo le foto di Mauro Padovani sanguinante, che sembrava uscito da uno dei suoi fumetti più truculenti.
E tutta questa vicenda, al di là di quello che rappresenta in quanto tale, ha probabilmente messo in evidenza quanto sia anomalo parlare di fumetti e gay nello stesso momento, perlomeno dalle nostre parti. E forse anche quanto è diventato anomalo parlare di fumetti in generale, a meno che non siano supportati da qualche film in uscita o da qualche caso editoriale (possibilmente con risvolti politici)... Tant'è che, ripeto, solo in questa occasione mi sono accorto di quanto mi sembrasse strano sentire la parola "fumettista" pronunciata in televisione.
E questo mi ha portato ad una seconda riflessione. Mauro Padovani, negli ultimi anni, ha dovuto un po' accantonare la sua carriera di fumettista. Infatti adesso si mantiene facendo il benzinaio (e prima faceva l'idraulico).
Forse è dipeso anche dal fatto che i suoi fumetti sono sempre stati di quelli che non conoscono mezze misure. Può piacere o può non piacere, ma sicuramente non si può dire che abbia remore quando deve spazio a scene di sesso, violenza, splatter e tutto il resto. E infatti mano mano che in Italia il fumetto popolare chiudeva le porte a questo genere di contenuti, e man mano che le fumetterie perdevano il loro ruolo di riferimento per autoproduzioni e fumetti davvero alternativi (mentre venivano colonizzate dai prodotti "per collezionisti" degli editori più importanti), autori come Mauro Padovani hanno avuto sempre meno occasioni per farsi conoscere... Fino a scomparire gradualmente dalla scena. Anche se, paradossalmente, in Belgio (dove si è trasferito da cinque anni, quando già aveva messo un po' da parte le sue aspirazioni fumettistiche) gli veniva ancora dato spazio in qualche modo, anche in qualche antologia...
E questo mi ha portato a tutta una serie di riflessioni collaterali. La prima delle quali è: quando è successo che il mondo del fumetto, quello vero, è davvero uscito dall'ambito delle cose di cui si parla? Quando ha iniziato a perdere la connotazione più sperimentale e innovativa, perlomeno in edicola? Perchè siamo arrivati al punto in cui si parla di "fumettisti" solo in occasione di fatti di cronaca o, al limite, di fumetti di denuncia sociale o di casi editoriali che col fumetto in senso lato non hanno poi molto a che spartire? Sicuramente le alternative in fatto di entertainment, in particolare dopo la diffusione di internet, hanno fatto molto. Soprattutto per quel che riguarda le giovani generazioni. Tuttavia dargli tutta la colpa non avrebbe molto senso, e basterebbe guardarsi un po' attorno per capirlo.
Faccio qualche esempio relativo agli ultimi giorni.
Il 14 agosto sono andato al multisala per vedere il nuovo film di Ant-Man, un personaggio MARVEL che fino a pochi anni fa era un perfetto sconosciuto per il grande pubblico. Poi ai MARVEL STUDIOS ne hanno intuito il potenziale, lo hanno reinventato e ritoccato a dovere, e lo hanno riproposto con un buon successo. Io sono andato al secondo spettacolo e sono arrivato un po' in anticipo, così ho potuto vedere il pubblico che usciva dalla proiezione precedente. Ora: anche se era il 14 agosto un terzo del pubblico era composto da bambini e bambine, un altro terzo da under 18 o giù di lì e il restante terzo da adulti (nerd o genitori che accompagnavano i figli). Considerando che era un infrasettimanale e che il prezzo era pieno se ne possono dedurre varie cose. La prima è che i supereroi piacciono ai giovani, perlomeno al cinema, e la seconda è che i suddetti giovani un po' di disponibilità economica ce l'hanno ancora...
Eppure, proprio in questi giorni, dalla Panini è arrivata la notizia che gli albi di supereroi che arriveranno in edicola passeranno a 24 pagine per due euro (con una sola storia per albo), e che ci sarà un taglio generale dei titoli... Ampliando nel frattempo le uscite dei brossurati in fumetteria e dei cartonati (anche nelle librerie di varia). Qualcosa, evidentemente, non torna. Anche perchè le edicole sono ancora un canale distributivo con un grande potenziale (anche se si sono ridotte di numero e tutto il resto), e di sicuro hanno un pubblico occasionale più ampio rispetto alle fumetterie e alla maggior parte delle librerie (dove comunque la gente non è ancora abituata a cercare o ordinare fumetti, peraltro in versioni molto costose).
Ovviamente il motivo principale del riassetto editoriale della Panini, scuse a parte, è che i supereroi in edicola non tirano più come una volta, e sarebbe davvero molto interessante analizzare i motivi di questa situazione paradossale (ovviamente parlo dell'Italia, perchè altrove le dinamiche sono diverse). Visto che, ad esempio, personaggi come gli AVENGERS o lo stesso ANT-MAN non sono mai stati così popolari presso il grande pubblico del nostro paese. E il problema a monte non è certo la veste editoriale o l'edicola in quanto tale, ma la promozione e l'accessibilità di un contenuto che solo parzialmente può essere sovrapposto a quello dei film (anche quando riprende pari pari i titoli delle saghe fumettistiche come CIVIL WAR o INFINITY WAR)... E che quindi meriterebbe di essere proposto e curato in modo tale da sfruttare al meglio i film di supereroi, invece di trasformarli nel suo peggiore nemico.
Cosa che però non è avvenuta, e continua a non avvenire. Trasformando sempre di più i fumetti di supereroi in prodotti per collezionisti o nerd all'ultimo stadio. E mettendoli in secondo piano (nella migliore delle ipotesi) rispetto ai film che hanno ispirato. E tutta questa situazione sta facendo in modo che i fumetti di supereroi, semplicemente, escano dal campo visivo del grande pubblico... A differenza dei film derivati.
Sempre in questi giorni la Bonelli ha annunciato la chiusura anticipata del progetto 4HOODS in edicola, dopo soli sei numeri. Personalmente la cosa non mi stupisce affatto: si trattava di qualcosa che nasceva giusto per capitalizzare quelli che, molto superficialmente, erano considerati gli interessi dei giovanissimi di oggi... Senza che dietro ci fosse una vera sintonia con la fascia di pubblico a cui era destinato il tutto.
Alla fine gli unici giovanissimi che lo leggevano, evidentemente, erano quelli che erano sollecitati dai genitori che già seguivano le produzioni della casa editrice e gli ideatori del progetto.
D'altra parte, per interrompersi solo al sesto numero (quando c'erano ancora centinaia di pagine pronte per la pubblicazione), questa serie doveva vendere davvero molto poco. Però anche questa volta la colpa non era del progetto o dell'approccio in sè, a quanto pare, ma del modo in cui è stato promosso il tutto (CLICCATE QUI)... Il che, in effetti, suona tanto come uno scaricabarile.
Al momento non mi pare che ci siano dati ufficiali sull'andamento degli altri prodotti YOUNG della Bonelli, ma la sensazione - e le voci di corridoio - non parlano di un successo straordinario... E il fatto che si sia reputato necessario dedicare l'ultimo color fest di Dylan Dog al lancio della serie CREEPY PAST non promette granchè bene... Anche perchè, fra le righe, è un po' come ammettere che per stare a galla si spera di agganciare un po' di lettori di Dylan Dog (magari pensando, erroneamente, che l'horror sia un genere anagraficamente trasversale a prescindere), perchè evidentemente si teme già di non coinvolgere abbastanza giovanissimi...
E forse fanno bene a temerlo, perchè effettivamente di questo CREEPY PAST non sta parlando proprio nessuno... E se cercate delle recensioni su YOUTUBE, a distanza di quattro mesi dal debutto della serie, trovate solo quelle fatte da dei nerd perlopiù intorno alla trentina (che tra l'altro raccontano di come gli ricorda MONSTER ALLERGY, e considerando la fine che ha fatto quella serie anche questo non è esattamente un buon segno). Comunque, siccome due più due fa sempre quattro, direi che tornerò presto a parlare di tutta questa faccenda... Anche perchè la pagina facebook ufficiale della serie - dopo quattro mesi - ha meno di 2000 like, mentre sui social che sono più usati dai giovani la Bonelli non sta promuovendo in maniera diretta nessuno dei suoi prodotti YOUNG...
Comunque è interessante anche il fatto che, per giustificare certi insuccessi, si finisca sempre per parlare di "tendenze di mercato", che però sono le stesse che continuano a premiare lo Scottecs Megazine di Sio...
Quindi forse il problema non sono le tendenze di mercato in quanto tali, ma il fatto che si sia perso il contatto con i gusti del pubblico reale, e in particolare con quello giovane... Visto che gli si propinano cose che erano, forse, adeguate ai giovani di dieci, venti o trenta anni fa... Per poi lamentarsi se non hanno la presa sperata sul pubblico di oggi. Che, ad esempio, ha molta più famigliarità col concetto di "gay" rispetto a qualche anno fa, ma che a quanto pare si continua a ritrovare produzioni che in edicola lo considerano un tabù...
Quindi, tirando le somme, il fatto che per vedere nella televisione italiana un "fumettista gay" sia stato necessario aspettare una pesante aggressione omofoba non dovrebbe stupire più di tanto. Quello che stupisce è che il mondo del fumetto italiano stia continuando a giocare così male le sue carte (soprattutto in edicola), adducendo poi vagonate di giustificazioni che hanno poco e niente a che fare con il vero problema.
E cioè che, da venti o trent'anni almeno, il settore è finito nelle mani di curatori editoriali che - a suo tempo - si sono fatti largo partendo dalla loro esperienza personale di lettori/collezionisti/autori, e che per una serie di motivi (che sarebbe troppo lungo affrontare qui) hanno finito per perdere il contatto con la realtà circostante (e in particolare con quella giovanile), che nel frattempo si è evoluta a ritmi sempre più serrati. E poichè la concorrenza è progressivamente diminuita questi soggetti difendono la loro posizione con le unghie e con i denti, favorendo un sistema che li mantiene al sicuro e impedisce un sano ricambio generazionale. Non è solo un problema del fumetto (avete mai notato quanti programmi radiofonici "giovani" sono gestiti da ultracinquantenni?), ovviamente, ma diciamo che nell'ambito dell'entertainment in generale diventa particolarmente evidente.
E così ci si ritrova alle prese con idee, contenuti, formule editoriali e strategie promozionali che hanno fatto il loro tempo ancora prima di essere proposte al grande pubblico... E che magari fanno presa solo su altri appassionati, possibilmente con un background simile a quello di chi elabora questi prodotti, ma non sul gigantesco pubblico potenziale che è cresciuto con i canali tematici per ragazzi, che si informa tramite i social o che - più banalmente - è una fans sfegatato dei film MARVEL fin da piccolo senza averne mai letto un fumetto in vita sua.
Quindi se negli anni Settanta e Ottanta, e nei primi anni Novanta, le redazioni delle case editrici pullulavano di collaboratori e autori molto giovani, e le vendite andavano decisamente meglio, forse non dipendeva solo dal fatto che non c'era internet. D'altra parte se in quel periodo si fossero presentati stuoli di cinquanta/sessantenni - o anche solo ultraquarantenni senza esperienza nei fumetti per ragazzi - convinti di sapere quali erano le idee migliori da proporre ai giovani, probabilmente sarebbero stati riaccompagnati alla porta senza tanti complimenti... O perlomeno li si sarebbe testati PRIMA di affidargli un progetto sul lungo periodo, con relativi investimenti economici.
Questo, però, non avviene più.
E se poi tutto il settore diventa sempre più autoreferenziale e isolato dal mondo reale (quello dove esistono anche le tematiche gay e i fumettisti gay), tutto il resto viene da sè.
Alla prossima.
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4 commenti:
Ciao Valeriano, immaginavo avresti parlato di Padovani, ma francamente speravo avresti dato al tuo post un taglio diverso. Piuttosto che andare a parare sulla consueta situazione del fumetto in generale, avrei apprezzato se avessi usato questo blog per lanciare una qualche iniziativa a favore del fumettista. Ancora di piu' viste le difficoltà che, come hai illustrato, sta incontrando in questo campo. Perche', per esempio non lanciare (dopo essersi messi d'accordo con lui, si capisce) un gofundme con obiettivo flessibile per permettere a Padovani di realizzare una storia a fumetti, che i partecipanti riceverebbero in digitale se si raggiunge un certo importo o magari stampata se se ne raggiunge uno superiore?
Se chi ha dato notizia dell'aggressione omofoba, in particolare i siti di fumetti, aiutassero a pubblicizzare l'iniziativa credo l'iniziativa potrebbe avere successo.
Caro Anonimo, mi fa piacere che tu abbia lanciato questa proposta :-) Vuol dire che c'è ancora della gente sensibile a questo mondo. Sarebbe molto bello se da questo fattaccio ne venisse fuori qualcosa di buono, e sinceramente non avevo pensato alla possibilità di promuovere una raccolta fondi, anche perchè di recente sono stato contattato da un editore per un progetto top secret, che avrebbe dovuto coinvolgere anche lui, ma mi hanno detto che ha declinato. Perchè il tempo che non passa a lavorare (per mantenersi) lo dedica in buona parte al marito (che purtroppo è malato di Alzheimer) e ad altre contingenze. Quindi sinceramente non so se sarebbe molto per la quale. Però magari gli dico che qualcuno ha fatto questa proposta e sento che mi dice :-) Non si sa mai.
Hai centrato in pieno: è un problema demografico. D'altronde l'età media si è alzata, l'età degli appassionati di fumetti pure e persino l'età, ahimè, prima della quale un autore (o un umano) non riesce molto a dire la sua: quindi è logico che i "nuovi" non siano dei diciottenni o ventenni ma degli adulti o dei giovani adulti, in casi estremi persino dei collaboratori del fumettista anziano, promossi a leader a cinquantaqualcosa per sopraggiunta pensione del maestro (cosa che in certi prodotti classici si nota pochissimo, anzi è pregio e rispetto della tradizione, ma se vuoi fare "giovanilismo", è fiasco sicuro). Io stesso mi ritrovo a difendere i miei gusti (e la vitalità di certe trovate o impostazioni che mi piacciono) da tendenze più recenti e ben diverse. E non è che pretenda cose inamidate o super-conservatrici, vorrei che fosse possibile una via di mezzo: fare il ragazzino non è possibile, proporre a forza cose incomprensibili a un ragazzino odierno è ancora più stupido, però. Una volta si riusciva, e ognuno coglieva il suo dalla stessa storia o dallo stesso personaggio...
Secondo me, una volta, il segreto era che gli sceneggiatori erano più consapevoli della loro età e dei loro limiti. Quindi non si sforzavano di essere, o fare, cioè che era al di là delle loro possibilità. E magari facevano pure dell'IRONIA sulla cosa, giocando con personaggi di una certa età . Una volta Zio Paperone era davvero un vecchiardo acido e scorbutico, mentre adesso è caratterialmente indistinguibile dai suoi pronipoti, per fare un esempio. Da un venti/trent'anni gli STESSI sceneggiatori continuano a credersi ancora GGGGGGGIOVANI e in grado di essere un riferimento per I GGGGGGIOVANI... E i risultati infatti si vedono. Però è generalizzato. Penso che siamo uno dei pochi paesi al mondo in cui i programmi radiofonici GGGGGGIOVANI sono condotti da dei sessantenni rampanti.
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