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venerdì 29 gennaio 2016

GLAAD NOMINATIONS 2016

Ciao a tutti, come va?

Proprio qualche giorno fa vi ho segnalato come i Diversity Media Awards italiani, a differenza dei premi GLAAD americani, non hanno calcolato nemmeno di striscio il mondo del fumetto (CLICCATE QUI), e manco a farlo apposta questa settimana la GLAAD ha annunciato le sue nominations per i premi 2016 (CLICCATE QUI per l'elenco completo), comprensive della categoria comics...

Così, come ogni anno, vado a presentarvi candidati per i comics anche qui, anche perchè molto difficilmente gli altri siti e blog italiani specializzati in fumetti daranno spazio alla notizia.

Cominciamo dalla DC Comics, che quest'anno è in gara con due titoli. Il primo è la nuova serie regolare di Harley Quinn, presumo per il fatto che finalmente la protagonista ha manifestato apertamente la sua indole bisessuale (oltre che per gli elementi queer nelle storie e nella caratterizzazione di buona parte dei comprimari).

Il secondo, invece, non poteva che essere la nuova serie dedicata a Midnighter... Non certo perchè il suo titolare è un supereroe gay dichiarato, anche perchè questo supereroe aveva già avuto una serie dedicata alle sue avventure (seppur ambientata nell'universo alternativo della Wildstorm, prima che venisse fuso con quello "Ufficiale" delal DC Comics), quanto per il fatto che è la prima serie dedicata ad un supereroe gay dichiarato e single... E dato che ora Midnighter non fa più coppia fissa con il collega Apollo questa serie può avere un approccio molto più sperimentale su tutta una serie di tematiche e di situazioni, affrontando aspetti della vita gay che finora erano sempre stati tenuti a debita distanza dai fumetti mainstream di supereroi.

La MARVEL, stranamente, quest'anno è presente solo con la serie dedicata ad Angela... Probabilmente perchè è il suo unico titolo dedicato ad un personaggio che ha manifestato pubblicamente la sua attrazione per il proprio sesso, e forse anche perchè è il primo personaggio LGBT con ascendenze divine ad avere una propria serie... Se la MARVEL non avesse represso gli aspetti LGBT di Hercules, e non avesse mantenuto sottotesto la bisessualità di Loki, probabilmente adesso sarebbe in gara anche con quelle serie, ma ha preferito evitare e quindi è giusto che paghi pegno.

Per il secondo anno consecutivo la BOOM!STUDIO arriva ai premi GLAAD grazie alla serie lesbo friendly Lumberjanes, che continua ad affrontare certi temi e certe situazioni con estrema naturalezza e calando il tutto in un contesto surreale. Da notare che le avventure di questo gruppo scout così singolare dovrebbero presto diventare una serie TV, che probabilmente contribuirà ulteriormente a sdoganare certe tematiche presso il grande pubblico.

Infine la IMAGE è presente con un solo titolo (e suppongo che, con tutti i titoli LGBT friendly del suo catalogo, non sarà stato semplice sceglierlo). Si tratta della serie dark fantasy The Wicked + The Divine, in cui le divinità di varie religioni presenti e passate si sono reincarnate in giovani persone comuni, senza distinzione di etnia e orientamento sessale... Tant'è che Lucifero ora si presenta come una specie di versione lesbica di David Bowie, la dea babilonese Inanna è genderqueer, il dio fenicio Baal ha un ragazzo e la profetessa greca Cassandra si è incarnata in una transessuale... Solo per citarne alcuni...

Da notare che, non appena le nominations sono state diffuse, la DC Comics ha voluto subito rivendicare con orgoglio il suo primato (CLICCATE QUI).

Ora non ci resta che aspettare la cerimonia di premiazione per sapere chi vincerà... Nel frattempo, però, credo proprio che questo BLOG presenterà la seconda edizione dei sui premi GLAD (Gay e Lesbiche Ancora Denigrati)... E cioè il premio che gli utenti di questo blog possono assegnare tramite un sondaggio al fumetto italiano mainstream che ha dato la PEGGIORE rappresentazione dell'omosessualità. Icandidati alla prima edizione li trovate CLICCANDO QUI. L'anno scorso le vostre votazioni premiarono la pessima rappresentazione di Oscar Wilde comparsa in uno speciale della Bonelli...

Chi farete vincere quest'anno?

Alla prossima.

mercoledì 27 gennaio 2016

PICCOLI DETTAGLI...

Ciao a tutti, come va?

Forse avrete notato che cerco sempre di rendervi partecipi dei progressi nella rappresentazione fumettistica delle tematiche omosessuali, soprattutto - e per ovvie ragioni - quando avvengono al di fuori dell'Italia.

Anche perchè la situazione si sta evolvendo in maniera perlomeno curiosa, ed è davvero molto interessante verificare la direzione che stanno prendendo i comics americani... Soprattutto quando rielaborano dei personaggi con almeno mezzo secolo di vita editoriale alle spalle in chiave più gay friendly.

Come ad esempio è avvenuto nel caso della supercriminale della DC Comics Poison Ivy, anche se in realtà non è che fosse proprio nuova nel ruolo di catalizzatrice di tematiche gay friendly... Infatti nella copertina del numero di Batman in cui comparve la prima volta (nel 1966) venne indicata come una terribile minaccia per l'armonia del "dinamico duo"...

All'inizio era dotata solo del potere di resistere a ogni forma di avvelenamento, e della capacità di emettere feromoni che piegavano i maschi alla sua volontà, poi la sua passione per il mondo vegetale l'ha trasformata in una sorta di ecoterrorista psicopatica, in grado di parlare alle piante e capace di creare in laboratorio ogni sorta di mostruosità vegetale al suo comando... Ad ogni modo non fece in tempo a rientrare nella storica serie di telefilm, ma una sua versione molto "queer" intepretata da Uma Thurman comparve nel quarto film di Batman (quello del 1997 con George Cooney)...
E questo quando era già diventata un personaggio ricorrente nelle serie animate di Batman ideate da Bruce Timm... Che in parte hanno seguito l'evoluzione del personaggio nei fumetti, mentre assumeva connotazioni più "vegetali", come il colorito della pelle tendente al verde clorofilla...

Nelle serie animate di Bruce Timm, però, aveva debuttato anche la squinternata Harley Quiin, che sarebbe presto diventata una sua cara amica e compagna di  (criminose) avventure... Cosa che fin da subito fece sorgere diversi dubbi sulla natura della loro relazione...

Che in effetti, perlomeno nei fumetti, sono stati confermati proprio l'anno scorso...

Ma questa non è una novità... La novita è che, sul numero uno della nuova testata dedicata a Poison Ivy (che ora ha ottenuto la capacità di tornare ad avere un'apparenza completamente umana), la protagonista è riuscita a sintetizzare un nuovo tipo di feromone... Specifico per i maschi... E ha deciso di sperimentarlo su due energumeni che volevano farle la pelle...

Scatenando fra di loro un'irresistibile attrazione omosessuale nel giro di cinque secondi...

Premesso che il suddetto feromone spray è probabilmente il genere di trovata che ci si aspetterebbe di trovare in fumetto porno gay, piuttosto che in fumetto di supereroi manstream...

E premesso che probabilmente tutti i lettori gay di fumetti DC Comics ora si augurano che Poison Ivy inizi a vendere abbondanti forniture dei suoi feromoni a tutti i suoi colleghi supercriminali (con tutte le conseguenze del caso anche sui supereroi più convintamente eterosessuali)...

Direi che, anche se sembra una trovata da poco, la nuova invenzione di Poison Ivy - nel suo piccolo - segna comunque un nuovo passo avanti nello sdoganamento dell'omosessualità nei fumetti mainstream...
Anche perchè fino a qualche anno fa una simile applicazione delle doti di Poison Ivy sarebbe stata del tutto inapplicabile.

In ogni caso, passando dalla DC Comics alla Dark Horse Comics, e più precisamente al numero di gennaio 2016 dei fumetti di Buffy l'Ammazzavampiri (che da diversi anni prosegue le vicende della serie televisiva, che sulla carta stampata è arrivata alla decima stagione), quello che si nota è una sempre maggiore integrazione del mondo gay reale con la rappresentazione che ne viene data nell'universo cartaceo di Buffy.


Anche in questo caso parliamo di un prodotto per cui essere gay friendly non è una novita (lo era anche la serie televisiva originale, peraltro in un'epoca in cui era una scelta molto più coraggiosa rispetto ad oggi), e in effetti nella serie cartacea la componente gay non è mai mancata (tant'è che la protagonista stessa ha avuto esperienze lesbiche)... Tuttavia il numero di gennaio è interessante perchè, a modo suo, parla dell'universo gay in cui si muovono i giovani d'oggi...

L'occasione viene data dal personaggio del giovane apprendista stregone Andrew Wells. che era già comparso nelle ultime stagioni della serie dal vivo, ma che solo nella serie a fumetti ha avuto modo di essere approfondito quanto basta per fargli fare coming out ufficialmente... Anche se c'è voluta una pozione in grado di fargli sviluppare il suo pieno potenziale, e di fargli dichiarare il suo amore nei confronti di un altro stregone, di nome Clive (il tutto all'inizio del 2015).

Con conseguente imbarazzo e senso di colpa nel dover ammettere che è stata necessaria una pozione magica per metterlo di fronte a quelle che erano le sue vere pulsioni... E che a quanto pare solo lui si rifiutava ancora di accettare...

Sia come sia anche questa, ormai, non sarebbe una grande novità. Il dettaglio su cui vorrei portare la vostra attenzione è la discussione che, sul numero di gennaio 2016, Andrew intrattiene con il suo amico Jonathan (anche lui proveniente dalle ultime stagioni del telefilm)... Anche se è momentaneamente "scorporato" e intrappolato sotto forma di coscienza digitale...
Jonathan rinfaccia all'amico il fatto che passa più tempo su Grindr che non a cercare un modo per ridargli un corpo fisico, e che si sè infiltrato nel computer del tizio con cui dovrebbe uscire, scoprendo che fa cosplay solo per rimorchiare, pur non avendo mai letto nulla di Nightwing... E in effetti i cosplayer di Nightwing hanno un loro fascino, con o senza la loro classica tutina attillata...


Detto ciò non vorrei sbagliarmi, ma credo che sia la prima volta che in fumetto americano mainstream c'è un riferimento esplicito a Grindr, o al fatto che i giovani omosessuali possono avere un debole per i ragazzi in cosplay... Certo Jonathan ed Andrew sono notoriamente nerd, ma questo ormai non è più considerato un comportamento eccentrico come quando venenro ideati per la serie televisiva... Quindi direi che in questo caso si è trattato di un semplice tentativo di voler dare una rappresentazione credibile e aggiornata dei ragazzi gay di oggi, o almeno di una parte di loro.

E anche questa scelta, all'apparenza banale, non mi sembra da sottovalutare...

Anche perchè prima di sentir parlare di Grindr in un qualsiasi fumetto italiano, ad esempio, sono abbastanza sicuro che dovrà passare ancora moltissimo tempo... Anche se nei fatti parliamo, appunto, di una app diffusissima e abbastanza conosciuta anche al di fuori dell'ambiente strettamente gay.

Dopotutto le rivoluzioni culturali si vedono anche dai piccoli dettagli, ed è un peccato trascurarli.

Alla prossima.

lunedì 25 gennaio 2016

TU VUÒ FA L'AMERICANO...

Ciao a tutti, come va?

Anche se è un argomento un po' scomodo, che nessuno vuole tirare fuori (soprattutto in questo periodo), è un dato di fatto che i "gay", per Italia, sono un'acquisizione recente...

Mi spiego meglio: gli omosessuali in Italia hanno una storia lunga e articolata, ma i gay intesi come individui omosessuali che rivendicano la propria identità e il senso di appartanenza ad una comunità ben visibile (con i suoi riferimenti e una "cultura" specifica), che vuole farsi strada nella società, sono un concetto che - al di fuori del mondo degli attivisti - ha iniziato a farsi largo solo nel nuovo millennio.

Certo in Italia avevamo intellettuali, artisti di vario genere e personaggi televisivi abbastanza in vista, ma la triste realtà è che generalmente gli omosessuali "comuni" erano persone che preferivano farsi i fatti propri nell'anonimato e nella discrezione, e senza alzare troppo la testa, tant'è che per anni la principale associazione gay italiana era nota soprattutto perchè le sue tessere garantivano l'accesso ad una rete di circoli privati molto discreti in cui era possibile andare soprattutto alla ricerca di relax e avventure sessuali...

Poi, anche grazie alla diffusione di internet, gli omosessuali italiani (soprattutto quelli delle nuove generazioni) si sono resi conto che c'era anche un altro mondo possibile: un mondo in cui si possono rivendicare dei progetti di vita seri e in cui le associazioni gay servono per interagire con la società, e non per isolarsi dai suoi pericoli e dai suoi sguardi indiscreti...

E a quel punto, per le associazioni italiane, sono cominciati i disagi.

In primo luogo perchè i "nuovi" gay italiani avevano tutta una serie di nuove esigenze e rivendicazioni, davanti alle quali si trovavano impreparate... Anche perchè, strutturalmente e ideologicamente, erano ancora ancorate al modello dei circoli e dei collettivi politici degli anni Settanta (che di certi partiti erano un'emanazione) e dei luoghi di incontro semiclandestini...

E in secondo luogo perchè queste associazioni sono state messe di fronte al fatto che all'estero il concetto di associazione gay intesa come "ente ricreativo finalizzato a lanciare la carriera politica dei suoi dirigenti nella speranza che facciano pressione dall'interno delle Istituzioni" era stato superato da decenni... E comunque, all'estero, anche questo modello di associazione aveva adottato strategie completamente diverse rispetto a quelle che hanno caratterizzato l'associazionismo italiano per lungo tempo... Tant'è che certe strategie di mobilitazione e di lobbyng "americane", in Italia, non sono state proposte per tantissimo tempo. Anche solo per il fatto che dalle nostre parti sono sempre stati di più gli aspiranti politici "accidentalmente" omosessuali (che magari frequentavano circoli di partito fin da giovanissimi, e prima ancora di capire che erano omosessuali) che non gli omosessuali che hanno scelto di darsi alla politica (magari dopo i quarant'anni) per portare avanti la causa gay... Quelli come Harvey Milk, per intenderci...

Quindi, nei fatti, le associazioni gay italiane avevano dei conflitti di interesse che le loro controparti americane non avevano, soprattutto quando era il caso di porsi in aperto conflitto con la classe dirigente, criticandola a viso aperto... E così, per vedere in Italia delle iniziative tutto sommato ovvie come le fiaccolate contro l'omofobia, è stato necessario che in Italia arrivasse proprio un film sulla vita di Harvey Milk... Un film che guardacaso si concludeva proprio con una fiaccolata... Con la differenza che la fiaccolata del film ricostruiva un evento che si era tenuto a San Francisco nel 1978...

Mentre in Italia queste fiaccolate si sono viste dal 2009 in poi (MILK è un film del 2008), e peraltro inizialmente sono partite da comitati spontanei sorti grazie ad internet, e non dalle associazioni tradizionali...

E per vedere in Italia una manifestazione per i diritti civili degli omosessuali che raccogliesse oltre un milione di persone in varie piazze, senza che ci fosse di mezzo un corteo del Gay Pride e un'unica associazione di riferimento, si è dovuto aspettare... Sabato scorso...

Ad ogni modo le suddette associazioni italiane tradizionali, per stare a galla e non restare indietro rispetto alle nascenti associazioni di categoria (come la Rete di Avvocatura Lenford, l'Agedo, le Famiglie Arcobaleno, ecc), all'inizio avevano provato ad adeguarsi in fretta e furia a standard più "internazionali", spesso non avendo nemmeno gli strumenti e le competenze per farlo...
E infatti negli scorsi anni i risultati di questo sofferto processo, in molti casi, sono stati goffi e maldestri... Forse anche perchè chi di dovere non aveva nemmeno il tempo e la voglia di approfondire più di tanto la questione, preferendo scimmiottare in maniera molto superficiale le strategie delle associazioni più influenti nelle altre nazioni... Come la GLAAD e il suo prestigioso premio dedicato ai prodotti e agli artisti più gay friendly nell'ambito dell'entertainment (CLICCATE QUI).

Nel 2010, ad esempio, Arcigay tentò di lanciare il premio "Pegaso d'Oro" e - non si sa bene chi - decise di assegnarlo a Iva Zanicchi... Perchè nella fiction "Il bello delle donne" aveva interpretato la madre di un giovane omosessuale!

Scelta assurda considerando che era stato premiato, di fatto, il personaggio che interpretava (mentre lei, anche nella sua veste di europarlamentare, è sempre stata contraria alla parità dei diritti degli omosessuali). In quel caso, semmai, avrebbero dovuto essere premiati i produttori o gli sceneggiatori della fiction, ma non certo un'attrice che si era limitata a recitare un copione... Eppure - in un vortice di faciloneria - le cose andarono così, e dopo questa figura barbina i premi per l'entertainment gay friendly italiano sono spariti dalla circolazione per sei anni...

Oggi se ne inizia a riparlare per via dei Diversity Media Awards, un premio che verrà assegnato a maggio dall'associazione Diversity... Di cui finora, in realtà, nessuno aveva sentito parlare (anche se dall'atto costitutivo, che trovate CLICCANDO QUI, si evince che è stata fondata nel 2013), ma il cui intento dichiarato sul suo sito (CLICCATE QUI) è proprio quello di diventare la GLAAD italiana.

Come i premi GLAAD anche i Diversity Media Awards sono divisi in varie categorie (CLICCATE QUI), e una volta tanto ci sono di mezzo sponsor e collaboratori prestigiosi (CLICCATE QUI) e un comitato scientifico composto da vari ricercatori universitari (CLICCATE QUI), quindi sicuramente siamo avanti anni luce rispetto al Pegaso d'Oro di cui sopra...

Tuttavia la sensazione è che, anche in questo caso, la voglia di adeguarsi ai modelli di successo americani abbia portato ad un approccio che punta alla forma e non alla sostanza.

E lo si capisce anche solo confrontando le ricerche annuali portate avanti dalla GLAAD e da Diversity. Il report 2015 della GLAAD (che potete scaricare CLICCANDO QUI) è di fatto una sfilza di PAGELLE: per ogni canale televisivo (via cavo e non) vengono elencati i pro e i contro e alla fine gli viene assegnato un voto basato sulla sua capacità di rappresentare la comunità LGBT in maniera bilanciata e non pregiudizievole... Un voto che può essere "eccellente", "buono", "adeguato" o "carente". Inoltre per ogni emittente la GLAAD offre suggerimenti specifici e consigli vari per correggere il tiro, laddove lo ritiene necessario (e ovviamente lo fa gratis)...

Quello che invece offre Diversity nelle sue infografiche (che trovate CLICCANDO QUI) non è un'indagine qualitativa, ma quantitativa, peraltro solo nell'ambito dell'informazione giornalistica e mettendo in un unico grafico TUTTI i notiziari delle maggiori reti nazionali... Senza neppure segnalare in che percentuale hanno dato notizie in maniera faziosa e omofoba, o anche solo utilizzando termini impropri o un registro in qualche modo offensivo...

Per quel che riguarda l'entertainment vero e proprio, invece, si dice solo che 42 ricercatori, sotto la guida di 15 docenti in 11 Atenei, hanno selezionato per i Diversity Media Awards le produzioni che hanno meglio rappresentato la condizione LGBT (non si sa bene in base a quale criterio e con quale titolo di rappresentanza)... Che potranno essere votate online da aprile...

Ora: lungi da me l'idea di essere disfattista a tutti i costi, ma stando così le cose la sensazione è che Diversity appartenga ad un certo tipo di associazione gay italiana 2.0, di quelle cioè che sono nate dopo il 2000 con l'intento evidente (ma non dichiarato) di usare la causa LGBT come grimaldello per vendere servizi e consulenze di vario tipo... Ai gay stessi (che sono diventati più "sensibili" nei confronti della loro causa) e/o a chi non sa come rapportarsi con loro, ma vorrebbe stare al passo coi tempi (magari per sfruttare al meglio il nuovo clima socio-culturale per il proprio tornaconto economico).

E lo dico anche perchè nella presentazione di Diversity (CLICCATE QUI) c'è proprio scritto che "progetta e realizza programmi formativi dedicati sia all’impresa privata che alla pubblica amministrazione, in particolare al mondo della scuola"... E sicuramente non intende farlo gratis...

Anche perchè, entrando nello specifico, spiega nei dettagli la sua offerta commerciale:

"Nel caso della formazione alle imprese i temi su cui si concentra maggiormente l’offerta di Diversity sono la comunicazione interna e la gestione della diversità quale fattore di sviluppo in termini di risorse umane. Altro tema di fondamentale importanza si situa in ordine prevalentemente economico. Attraverso l’attività di consulenza Diversity evidenzia e analizza la specificità sui differenti mercati del target lgbt e dei contesti famigliari ad esso legati. Lo scopo è la possibilità da parte delle aziende del raggiungimento di un consumatore definito dalle analisi di mercato “high spender, trend setter, early adopter, opinion leader”. Ciò avviene attraverso la creazione e l’offerta di strumenti di analisi ad hoc, piani comunicativi mirati con grande attenzione verso new media e social network.
I programmi formativi rivolti al settore pubblico hanno invece l’obiettivo di fornire gli strumenti per fare cultura sui temi della diversità e creare le condizioni per il superamento del pregiudizio nell’ambiente di studio e di lavoro. In tal senso grande importanza assumono i corsi dedicati a insegnanti e formatori, con particolare attenzione rivolta al mondo della scuola dell’infanzia e dell’istruzione primaria. Attraverso un lavoro congiunto con insegnanti e alunni Diversity propone occasioni formative in grado di fornire strumenti cognitivi indispensabili a rilevare e affrontare nella pratica quotidiana episodi di bullismo e discriminatori."

E così viene il sospetto che i Diversity Media Awards, e la relativa cerimonia di premiazione, siano stati pensati anche e soprattutto come vetrina per promuovere le attività di Diversity...

Attività che magari saranno anche utili (e daranno lavoro a tanti ricercatori universitari che ne hanno bisogno), ma che inevitabilmente creano dei conflitti di interesse...

Come quello che potrebbe essere dietro alla decisione di NON assegnare dei voti alle emittenti televisive italiane sul modello della GLAAD, onde evitare di compromettere le relazioni diplomatiche - e l'eventuale vendita di programmi formativi - dalle parti di RAI o Mediaset (e le galassie aziendali che gli ruotano attorno)... Visto che, in caso di vere e proprie pagelle, le emittenti di questi gruppi avrebbero avuto voti mediamente più bassi rispetto a quelli di un canale come REAL TIME (di cui vedete il promo di un programma gay friendly qui sotto) e agli altri marchi del gruppo Discovery... Che peraltro, ironia della sorte, è il media partner ufficiale dei Diversity Media Awards...
E d'altra parte nel solito STATUTO di Diversity c'è scritto chiaro e tondo che l'associazione nasce anche per promuovere eventi multimediali, mentre la GLAAD era nata negli anni '80 soprattutto per segnalare e boicottare quei media che erano soliti associare l'omosessualità e l'AIDS, tant'è che GLAAD sta per Gay & Lesbian Alliance Against Defamation (alleanza gay e lesbica contro la diffamazione). Quindi siamo su due piani completamente diversi, e il continuo accostamento alla GLAAD da parte di Diversity suona perlomeno inappropriato.

Anche perchè sul sito di Diversity (CLICCATE QUI) c'è scritto che:

"Diversity immagina un evento finale, uno show dedicato alla consegna dei premi in grado di coinvolgere i mass media, le istituzioni e il grande pubblico divulgando i risultati della ricerca.
Un evento glamour che unisca vari mondi: moda, spettacolo, musica, cinema, si incontreranno sul red carpet di un grande teatro della capitale.
L’evento sarà costruito sul modello dei GLAAD Awards americani: una manifestazione di rilievo internazionale con la partecipazione di personaggi dello spettacolo, della cultura e dello sport.
Eleganza, tendenza e stile saranno le parole d’ordine."

Certo è bello sapere che "eleganza, tendenza e stile saranno le parole d’ordine", ma è di questo che abbiamo bisogno nel nostro paese? Un fashion party per premiare chi è stato bravo stando ben attenti a non criticare chi è stato cattivo? O non sarebbe forse più utile un'associazione che si prendesse anche la briga di tirare le orecchie a chi fomenta l'omofobia attraverso un uso improprio dei media?

Chissà...

Inoltre in questa operazione c'è un'altra notevole lacuna.

Poichè è gestita a monte da "seri" ricercatori universitari, e poichè EVIDENTEMENTE vuole essere una vetrina prestigiosa presso istituzioni scolastiche e aziende a cui proporre servizi, ESCLUDE COMPLETAMENTE la categoria dei fumetti... Mentre la GLAAD ha un apposito premio da anni (e se seguite questo blog lo sapete bene, perchè ogni anno vi faccio un report dettagliato al riguardo).

Perchè non sono ritenuti una forma di entertainment da prendere sul serio?
Perchè i grandi editori sono tutti omofobi e non c'è margine per avere un ritorno economico dalla proposta di programmi di formazione nel loro ambito?
Perchè i ricercatori universitari considerano i fumetti una minaccia per il prestigio della loro ricerca sui media?
Perchè gli Atenei italiani sono totalmente incompetenti in fatto di fumetti, e magari pensano che - per definizione - siano prodotti per bambini e che quindi non possono trattare temi LGBT?

Ovviamente non possiamo saperlo, ma in ogni caso ci troviamo di fronte ad un'associazione che dovrebbe battersi contro le discriminazioni nei media, ma alla fine discrimina un media che, guardacaso, in Italia è storicamente vittima di pregiudizi di vario tipo...

E badate che un premio del genere per i fumetti italiani sarebbe estremamente utile, perchè dato che i grandi editori di fumetti italiani parlano poco e male di certi  argomenti (CLICCATE QUI), un simile premio andrebbe giocoforza a qualche piccolo editore coraggioso, e forse potrebbe contribuire davvero a smuovere le acque... E a far capire ai grandi editori che dovrebbero iniziare a rivedere le loro posizioni per non restare indietro...

Però ai Diversity Media Awards, per ora, la categoria fumetti non c'é, e per come siamo messi è anche difficile capire in che misura questa mancanza sia determinata dalle prospettive limitate di chi li organizza e in che misura sia determinata da un settore dell'entertainment che - nel nostro paese - ha finito per diventare sempre più autoreferenziale e impermeabile per il mondo esterno.

E anche su questo aspetto della questione varrebbe la pena di riflettere seriamente.

In ogni caso di una cosa sono abbastanza certo: buona parte degli editori di fumetti Made in Italy saranno molto felici di sapere che l'editoria a fumetti nostrana non è stata toccata dai Diversity Media Awards... Anche perchè in questo modo avranno avuto l'ennesima conferma della loro teoria secondo cui ai gay e ai progressisti italiani i fumetti non interessano, mentre la maggior parte del loro pubblico è composta  da omofobi e conservatori... Con tutte le conseguenze del caso.

Altra occasione persa.

E comunque, per la cronaca, la GLAAD prevede anche dei premi per chi si è distinto nella stampa cartacea, in quella digitale e nel mondo dei blog... Cosa che i Diversity Media Awards non considerano, e anche sui motivi di questa scelta ce ne sarebbe abbastanza per scrivere un saggio dai risvolti un po' inquietanti...

Alla prossima.

venerdì 22 gennaio 2016

GIOCARE CON TATTO...

Ciao a tutti, come va?

A quanto pare alcuni recenti sviluppi nella percezione della questione gay iniziano ad influenzare anche il lancio internazionale di un videogioco giapponese, e per la precisione di Fire Emblem: Fates, quattordicesimo capitolo di una nota serie di videogiochi di strategia ad ambientazione fantastica.
Il capitolo precedente Fire Emblem Awakening, infatti, era stato aspramente contestato sulla scena internazionale proprio perchè non consentiva la possibilità di sposarsi ai personaggi dello stesso sesso... E così i programmatori della Intelligent System (su indicazione della Nintendo) hanno pensato bene di risolvere questo piccolo problemino in Fire Emblem: Fates (dove finalmente anche le coppie omosessuali possono convolare a nozze), ma non solo...

Infatti, per andare sul sicuro, hanno deciso che per la versione internazionale ritoccheranno alcune parti del gioco che potrebbero essere fraintese, o magari lette in chiave omofoba.

Nella fattispecie in Fire Emblem: Fates c'è un personaggio di nome Soleil (immagine sotto), una giovane guerriera, che è dichiaratemente lesbica e ha un debole per le belle ragazze.

Ad un certo punto del gioco, nella versione giapponese, il protagonista (quando è di sesso maschile), può utilizzare una polverina magica che ha il potere di incantare Soleil, facendole vedere i maschi sotto forma femminile...  E facendole prendere delle sbandate "eterosessuali"...

Ovviamente questo è uno stratagemma che consente al giocatore di essere accompagnato da Soleil, e di poter usufruire delle sue abilità facendo leva sulla sua passione per le ragazze, ma i produttori giapponesi hanno pensato di ritoccare questa opzione... Perchè temevano che potesse essere interpretata come una promozione degli stupefacenti e un sostegno alle famigerate "terapie riparative" o "di conversione", e cioè alle terapie con cui alcune organizzazioni religiose (aiutate da psicologi compiacenti) promettono di far cambiare orientamento agli omosessuali che vivono con difficoltà la loro condizione...

Premesso che le suddette terapie non hanno alcun fondamento, che sono state discosciute dall'ordine degli psicologi (in tutto il mondo occidentale) e che in alcune nazioni hanno iniziato ad essere giustamente illegali, bisogna comunque prendere atto del fatto che i programmatori della Intelligent Systems hanno sicuramente dato prova di una certa sensibilità (e di un buon senso per gli affari). Anche perchè si sono resi conto che, quello che per i giapponesi poteva essere visto solo come un trucchetto innocente, poteva creare una serie di malintesi che era meglio evitare.

Anche perchè pare che alla Nintendo stia crescendo la consapevolezza che una buona fetta dei loro clienti (anche potenziali) non sono eterosessuali, e di certo non valeva la pena di giocarseli per così poco... Anche se ovviamente questa scelta ha fatto storcere il naso ai puristi.

Ad ogni modo direi che anche questa notizia è abbastanza indicativa dei tempi che stanno cambiando, anche se purtroppo in Italia il livello della discussione sulla questione LGBT resta ancora alquanto imbarazzante... Tant'è che dalle nostre parti non è nemmeno sicuro che la recente proposta per un primo, e abbastanza blando, riconoscimento delle unioni omosessuali (che dovrà essere votata a breve) riuscirà a diventare legge... Mentre chi sostiene che l'omosessualità e la tutela dei diritti delle persone omosessuali sono una minaccia per la società ha ancora un margine di manovra pressochè illimitato...

Alla faccia dei videogiochi giapponesi.

Alla prossima.

mercoledì 20 gennaio 2016

FUMETTERIE DEL DOMANI...

Ciao a tutti, come va?

Ultimamente sta avendo un certo risalto l'apertura della fumetteria Amalgam Comics & Coffeehouse di Filadelfia...

In realtà nell'apertura di una fumetteria in una grande città statunitense non ci dovrebbe essere niente di strano, se non fosse per il fatto che questa specifica fumetteria ha alcune interessanti particolarità, che probabilmente sono il riflesso dei tempi che cambiano.

Breve riassunto: le fumetterie hanno preso piede negli USA a partire dagli anni Ottanta, e più precisamente da quando il Presidente Reagan aveva fatto chiudere gli Head Shop (gli empori dei prodotti legati alla controcultura fin dagli anni '60) in cui venivano commercializzati i fumetti "alternativi" e le autoproduzioni underground, nonchè i fumetti che non volevano essere vincolati alle censure del Comics Code...

Poi le case editrici hanno notato che le fumetterie potevano diventare un canale di distribuzione affidabile e hanno iniziato a privilegiarlo rispetto agli altri (prima i fumetti arrivavano soprattutto nelle edicole e negli empori alimentari), e il fenomeno è esploso.

Questi esercizi commerciali, fino a pochi anni fa, erano considerati un ambiente quasi esclusivamente maschile, gestito da nerd trasandati e vagamente sociopatici... Ben rappresentati anche nella serie animata dei Simpsons, per intenderci...

Poi, da una decina d'anni o poco più, è successo che la percezione dei fumetti è cambiata. Un po' per merito dei manga e un po' per via dei cinecomics, che hanno ampliato enormemente il pubblico potenziale di questo media... Anche in direzioni impensabili fino a qualche anno prima.

Così le case editrici hanno iniziato ad adeguarsi, diventando più propositive ed accoglienti verso il pubblico femminile, verso le minoranze etniche, verso quelle sessuali e via dicendo... E le fumetterie hanno iniziato ad adeguarsi, magari aprendo le porte anche alla celebrazione di qualche matrimonio gay in occasione dell'uscita di qualche fumetto particolarmente rappresentativo... Come ad esempio quello con la storia del matrimonio di Northstar degli X-Men...

Ora, però, stiamo entrando in una nuova fase. Quella, cioè, in cui le fumetterie si pongono ufficialmente come punti di riferimento per le nuove fasce di pubblico, anche perchè vengono gestite direttamente dai loro rappresentanti.

Lo scorso giugno, ad esempio, i titolari della fumetteria Red Pegasus Comics and Games di Dallas (nel pur conservatore Texas), hanno deciso di sposarsi non appena la Corte Suprema ha sancito la legittimità del loro progetto... E così Kenneth Denson e Gabriel Mendez (foto sotto) sono diventati la prima coppia gay regolarmente coniugata a portare avanti una fumetteria negli USA...

Ovviamente in Italia nessun sito di fumetti ha voluto dare risalto alla notizia, ma in compenso qualcuno ha voluto segnalare il caso della Amalgam Comics & Coffeehouse di Filadelfia, anche perchè forse è ancora più emblematico...

Cosa ci può essere di ancora più emblematico di una coppia gay regolarmente coniugata che gestisce una fumetteria? A quanto pare c'è l'intraprendente Ariell R. Johnson, che si è rimboccata le maniche ed è diventata la prima donna di colore a gestire una fumetteria sulla Est Coast... Un progetto che, stando a quanto dichiara Ariell (CLICCATE QUI), coltivava da almeno dodici anni...

La cosa interessante è che ha voluto personalizzare ulterioriormente la sua idea: infatti la sua fumetteria si presenta come un vero e proprio bar con piccola cucina, e il suo intento è quello di creare un luogo dove gli appassionati (e le appassionate) di fumetti possano trovare soprattutto un punto di ritrovo accogliente...

Inoltre, altro dettaglio particolarmente interessante, la rampante fumettara ha detto chiaro e tondo che vuole mettere particolarmente in risalto i fumetti (e le relative iniziative) che trattano tematiche relative alle donne e alle minoranze, compresa la comunità LGBTQ... Proponendo un modo nuovo, e decisamente originale, di intendere le fumetterie e le sue dinamiche di socializzazione...
Niente male davvero...


Ad ogni modo pare che ci abbia visto giusto, anche perchè per la comunità dei nerd afroamericani è diventata una specie di eroina, come dimostra l'ovazione con cui è stata accolta al Black Comic Festival di Harlem (trovate un video sul profilo facebook del negozio, CLICCANDO QUI). A proposito: lo sapevate, vero, che in america c'è un festival del fumetto incentrato sui fumetti e i fumettisti afroamericani? Giusto per ribadire il concetto che il processo di identificazione nei fumetti è importante, e che i fumettari gay americani non sono pazzi se organizzano ANCHE delle manifestazioni fumettistiche più specifiche la loro comunità, come la Bent-Con e la FlameCon... Visto che il senso di appartenenza alla propria comunità, negli USA, è considerato un valore da coltivare e non un modo per ghettizzarsi...

Ad ogni modo la speranza è che l'idea di  Ariell R. Johnson possa essere ripresa anche da altre fumetterie, e che - magari - anche in Italia l'ipotesi di avviare un'attività del genere possa essere valutata da qualche rampante (e competente) imprenditore in qualche grande città... Anche perchè, ora che le librerie gay hanno fatto il loro tempo, i punti di ritrovo ufficiali per i nerd/geek gay italiani sono decisamente scarsetti, e considerando che sono una categoria in aumento forse varrebbe la pena di fare un tentativo...

Staremo a vedere.

Alla prossima.

lunedì 18 gennaio 2016

CHIUSURA A SORPRESA?

Ciao a tutti, come va?

Come forse avrete notato spesso ci viene ricordato che l'Italia è un paese conservatore e tradizionalista, che è fondamentalmente maschilista e tendenzialmente sessuofobo, con una cultura profondamente cattolica e tutte le conseguenze del caso...

Pertanto è opinione abbastanza diffusa che sarebbe da pazzi non prendere in considerazione questa situazione quando si vuole lanciare un prodotto di intrattenimeno a larga diffusione, soprattutto nell'ambiente dell'editoria, e in particolare per quel che riguarda i fumetti... E sarebbe da ipocriti negare che questa è una delle ragioni per cui i principali editori di fumetti italiani scelgono di avere un approccio ben preciso - e poco progressista - su vari argomenti "delicati", tra cui la questione LGBT.

Se le cose stessero davvero così, quindi, un fumetto italiano per ragazzi (e cioè per un pubblico che arriva alla preadolescenza inoltrata) che tenesse in debito conto tutte queste variabili dovrebbe avere un successo crescente e duraturo, avendo il supporto della maggioranza delle famiglie e di un clima accondiscendente verso un certo tipo di approccio.

I fatti, però, sembrerebbero contraddire questa teoria.

Del caso di REAL LIFE della Disney Panini ho parlato abbondantemente nel 2015, fino alla sua grottesca conclusione (CLICCATE QUI), ma oggi vorrei concentrarmi su un altro caso che - a modo suo - è persino più emblematico... E cioè sul caso della chiusura del mensile Super G della Periodici San Paolo, che rivolgendosi soprattutto al pubblico dei "fedelissimi" di parrocchie e oratori, in teoria, avrebbe dovuto avere la strada spianata... E invece ha annunciato la sua chiusura col numero del gennaio 2016 (foto sotto), a poco più di due anni dal suo debutto.

Breve riassunto per i non addetti ai lavori: la Periodici San Paolo è il ramo "periodici" della Edizioni San Paolo, la casa editrice della congregazione religiosa nota some Società di San Paolo, che in vario modo si occupa di pubblicazioni "apostoliche" fin dal 1914. Infatti fin da allora viene gestita da personale consacrato. In poche parole produce editoria a prova di cattolico, e che promuove i valori cattolici: dal 1924 pubblica il settimanale a fumetti IL GIORNALINO e dal 1931 il più noto FAMIGLIA CRISTIANA. Possiede anche l'emittente Telenova e Radio Marconi.

Niente di male: al mondo c'è spazio per tutti...

Fatto sta che negli ultimi anni le vendite dei periodici San Paolo stavano calando (gli ultimi dati ADS de IL GIORNALINO risalgono al 2011 e parlano di 30.000 copie alla settimana, quando nel 2001 erano oltre 83.000), e così - dal 2013 - chi di dovere aveva pensato di rinnovare e ampliare le proposte dedicate ai fumetti, affiancando a IL GIORNALINO delle pubblicazioni per i bambini in età prescolare (come G Baby) e un mensile dedicato ai lettori più grandicelli: Super G, appunto, che doveva rivolgersi al pubblico dai 12 anni in su.

Sul numero di gennaio di Super G, però, è comparso un editoriale di commiato...

E gli abbonati hanno anche ricevuto una specie di lettera di scuse, visto che effettivamente la chiusura è avvenuta senza preavviso...

Ovviamente, come sempre accade in questi casi, la colpa è stata data alla crisi editoriale generale... Non certo alle scelte di Super G, o al fatto che non aveva idea di come agguantare il target che si era prefissato di raggiungere...

E men che meno è stato preso in considerazione il conflitto di interessi fra il suo essere "a prova di cattolico" e la sua necessità di risultare "intrigante" per chi entrava nella prima adolescenza dal 2013 in poi... Anche se è probabile che, dalle parti di Super G, dessero realmente per scontato che la situazione italiana di questi anni fosse quella di cui parlavo all'inizio di questo post... E che avrebbero avuto tutte le carte in regola per lanciare un prodotto di successo.

Evidentemente le cose non stavano così.

In realtà che l'editore avesse le idee un po' confuse si notava fin dal debutto della testata: sulla copertina del numero uno, infatti, compariva un anziano dall'aria sconsolata e in odore di santità... E come biglietto da visita non è che fosse proprio il massimo...

Tecnicamente era uno dei protagonisti del romanzo FROZEN BOY, scritto da Guido Sgardoli proprio per le Edizioni San Paolo nel 2011 (sigh), e avrebbe dovuto introdurre nel migliore dei modi il taglio editoriale del mensile: un storia a fumetti lunga e autoconclusiva ogni mese, affiancata da una selezione di storie ripescate dal grande serbatoio della casa editrice, ma anche da rubriche e racconti...

Però quanto poteva risultare accattivante una copertina del genere per il debutto di un mensile per ragazzi dai dodici anni in su?

In realtà, a parte alcuni fumetti italiani decisamente poco invitanti, la qualità delle storie presentate dal mensile era mediamente abbastanza alta, soprattutto quando ospitava autori stranieri. Infatti sulle sue pagine hanno trovato posto anche titoli raffinati come Jaybird dei fratelli finlandesi Lauri e Jaakko Ahonen, che ha vinto anche il Premio Gran Guinigi a Lucca 2014...

E la recente serie francese I quattro di Baker Street, che di fatto è uno spin-off dei romanzi di Sherlock Holmes (che in queste storie compare come personaggio secondario), avente come protagonisti i giovani informatori del detective più famoso di tutti i tempi...

Peccato, però, che questo materiale venisse inserito in un contesto inevitabilmente "oratoriale"... Che talvolta tracimava anche nelle storie italiane realizzate appositamente per SUPER G...

Riuscendo a mettere in secondo piano persino il pur pregevole recupero di alcune storie che avevano fatto onore alla Periodici San Paolo nel suo periodo d'oro... Come le iperrealistiche avventure de Il Commissario Spada, che si muoveva nell'Italia degli anni di piombo...
E le affascinanti peripezie aereonautiche di Petra Chérie durante la Prima Guerra Mondiale...
Storie e autori molto importanti, che però - è bene precisarlo - si rivolgevano ad un pubblico giovanile molto diverso da quello attuale... E infatti la sensazione è che, tanto per cambiare, questa rivista sia stata concepita da ex bambini di quaranta o cinquanta anni fa, che hanno proiettato le proprie aspettative su una proposta che si rivolgeva ai dodicenni di oggi... Dei dodicenni che evidentemente, per quanto possano essere cattolici, sono molto diversi dai dodicenni (cattolici e non) degli anni '60 e '70.

E infatti queste storie non hanno decretato il successo di Super G fra i ragazzini (e le ragazzine) di oggi. Anche perchè questo mensile, come buona parte dell'editoria a fumetti italiana degli ultimi anni, ha commesso il classico errore di confondere le esigenze narrative del pubblico a cui mirava con le ambientazioni dei fumetti che proponeva e l'età dei loro protagonisti.

Mi spiego meglio: Super G ha proposto anche saghe dedicate ai viaggi nel tempo...

E alla reintepretazione fantascientifica dei grandi classici come Moby Dick...

Puntando anche su un genere che in Italia è ampiamente sottovalutato, e cioè lo steampunk...



Ambientazioni tutto sommato intriganti per un pubblico giovane, e animate da protagonisti che in buona parte dei casi avevano l'età del target a cui Super G mirava, ma evidentemente ciò non è bastato...

Perchè le esigenze del pubblico dai dodici anni in su sono altre.

Nel suo saggio "IL MANGA - Storia e universi del fumetto giapponese" (se volete comprarlo su AMAZON potete CLICCARE QUI o sull'immagine sottostante e sosterrete questo blog), Jean-Marie Bouissou dedica un intero capitolo ad analizzare i motivi per cui i manga hanno tanta presa sul loro pubblico, e in particolare sui ragazzini dai dodici anni in su. Molto in sintesi dice che i manga, a differenza dei fumetti occidentali, hanno il merito di "elaborare" le più profonde pulsioni degli esseri umani (quello che in gergo psicologico viene definito l'Id), che sono molto diverse a seconda del sesso, dell'età e - soprattutto - del contesto socio culturale in cui queste due variabili interagiscono. Le ambientazioni particolari e l'età dei protagonisti possono aiutare, ma non sono quasi mai la chiave del successo di una storia... Anche perchè altrimenti basterebbe mettere un adolescente in un contesto fantastico per avere ottimi riscontri, ma non è così che funziona.
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I ragazzini dai dodici anni in su hanno una serie di paure, incertezze e curiosità (anche sessuali), nonchè una buona dose di conflitti interiori e pulsioni contraddittorie nei riguardi del mondo adulto. E da una generazione all'altra questo insieme di caratteristiche può variare molto. Basti pensare al rapporto che può avere un dodicenne di oggi con la sessualità (e l'omosessualità), ad esempio, rispetto a quello che potevano avere i suoi fratelli maggiori, i suoi genitori o i suoi nonni.
I fumetti di Super G riuscivano a solleticare l'Id del pubblico a cui miravano? A quanto pare no... E la sensazione è che fossero pensati più che altro per solleticare l'Id della sua redazione, che evidentemente era composta da appassionati di fumetti che sono stati dodicenni molto tempo fa, e che infatti non hanno esitato a riproporre anche storie dal taglio molto vetusto... E totalmente avulse dalle esigenze narrative del giovane pubblico di oggi...

Anche perchè fino a qualche decennio fa poteva anche essere sufficiente un semplice fumetto di evasione per gratificare l'ego di un dodicenne, mentre adesso - che le occasioni di evasione sono molteplici, e i giovani sono circondati da stimoli e sollecitazioni di tutti i tipi - un fumetto che punta al successo dovrebbe lavorare su un registro completamente diverso rispetto al passato... E questo - per una casa editrice "apostolica" come la Periodici San Paolo - è sicuramente un problema...



Anche solo perchè un elemento molto ricorrente nelle storie pubblicate da Super G, ma anche da IL GIORNALINO, è rappresentato dal fatto che anche quando i protagonisti sono molto giovani ed intraprendenti non riescono ad andare da nessuna parte senza un adulto di riferimento a cui appoggiarsi. Ovviamente tutti questi "maestri di vita" sono perfettamente funzionali all'affermazione del principio cattolico secondo il quale, per quanto una persona sia onesta e virtuosa, non può e non deve mai fare a meno di padre spirituale di riferimento, alla cui autorità deve sempre rimettersi... Anche e soprattutto quando pensa di non averne bisogno.

E sicuramente questo risulta indisponente per buona parte del pubblico giovanile...

Anche perchè è più o meno l'opposto del messaggio che viene veicolato dai manga (che nel bene o nel male hanno rivoluzionato la percezione del fumetto per ragazzi), dove la presenza di maestri e figure di riferimento adulte serve giusto a dare il calcio d'inizio, ma in cui i giovani protagonisti devono comunque "farsi da soli", ponendosi spesso in conflitto con i limiti del mondo adulto per trovare la loro strada... Reinventando le regole per creare un mondo migliore e creando un processo di identificazione molto più intimo col lettore.

Tutte cose che gli adolescenti protagonisti di Super G non potevano certo permettersi di fare, perchè avrebbero veicolato un messaggio di indipendenza ed emancipazione molto poco in linea con i valori cattolici e conservatori che dovevano caratterizzarli.

Tantopiù che buona parte del materiale pubblicato da questo mensile era "riciclato" dalle pagine de IL GIORNALINO, che si rivolge a un pubblico dai 6 agli 11 anni... E nonostante quel "+12" che spiccava sulla copertina si può dire che Super G fosse un mensile a prova di bambino (cattolico), e che tutto sommato risultasse intrigante per un certo pubblico adulto molto nostalgico, mentre aveva un taglio abbastanza noioso e insipido proprio per chi affrontava la prima adolescenza... E cioè per il suo pubblico di riferimento.

E questo al di là dell'età media dei protagonisti, delle ambientazioni e della qualità delle storie in quanto tali.


E  se a questo aggiungiamo le inevitabili iniziative propriamente "apostoliche"...

La non troppo occasionale promozione della cultura cattolica e dei suoi riferimenti pop come Don Camillo (anche se dubito che sia così noto alle nuove generazioni)...
E un lieve (ma neanche tanto) terrorismo psicologico nei confronti delle nuove tecnologie e delle ultime tendenze giovanili...

Direi che la frittata era annunciata fin dal debutto del mensile... Che non a caso si conclude con una storia adolescenziale abbastanza inverosimile a base di calcio e squadre miste... Dove trovano posto ragazzi e ragazze (???) di tutte le etnie, ma dove OVVIAMENTE non viene considerata nemmeno di striscio la possibilità di affrontare il tema dei giovani giocatori (e soprattutto delle giovani giocatrici) che iniziano a scoprirsi omosessuali...

Tutto questo per dire che, a ben guardare, il caso di Super G ha dimostrato che un certo approccio non paga più... Nemmeno quando si può contare sull'appoggio di un circuito distributivo pressochè esclusivo (la rete degli spazi cattolici) e su un pubblico già bello e pronto, e tendenzialmente bendisposto verso tutto quello che viene proposto in certi ambienti "sicuri".

Quindi ha ancora senso pensare che in Italia i fumetti debbano essere elaborati soprattutto in funzione di un ambiente conservatore, cattolico, sessuofobo e tutto il resto? Evitando di trattare certi argomenti nella speranza di conquistare un pubblico che sia il più ampio possibile? Evidentemente no, soprattutto se si vogliono intercettare nuovi lettori fra le nuove generazioni.

Anche perchè, giusto per fare un esempio pratico dell'anacronismo di certe scelte, se un giovane lettore andava a cercare "Super G" su Google si imbatteva, certo, nel sito ufficiale della rivista, ma subito dopo scopriva che da alcuni anni circolava in rete una web serie comico-demenziale con lo stesso nome - peraltro realizzata in Italia - incentrata su una coppia di superereoi gay (la trovate CLICCANDO QUI)!

Quindi direi che è evidente che i tempi sono cambiati, e che chi non riesce ad aggiornarsi deve pagare pegno. E questo varrà sempre di più anche per chi in Italia produce fumetti più "adulti"... Dato che, molto facilmente, i dodicenni che ora hanno snobbato Super G potrebbero diventare i ventenni che snobberanno i fumetti Bonelli fra otto anni, e per lo stesso genere di motivo: l'incapacità di proporre storie in grado di toccare le giuste corde emotive, puntando tutto su aspetti secondari (come il contesto in cui si muovono i protagonisti) e su un processo di identificazione molto superficiale...

Ma tant'è.

Quello che spiace davvero è che sembra proprio che la crisi del fumetto in Italia sia anche e soprattutto una crisi di contenuti, e che nei fatti non ci sia nessuno disposto a rischiare quel tanto che basta per invertire la tendenza, soprattutto fra le nuove generazioni.

Alla prossima.