Ciao a tutti, come va?
Il mio ultimo post ha avuto più commenti del solito, forse anche perchè toccava delle questioni che di solito non si toccano. In particolare per quel che riguarda il discorso dell'accessibilità - economica e contenutistica - dei fumetti pubblicati in Italia in questo periodo. Un problema che, probabilmente, farà sentire il suo peso in maniera sempre più incisiva... E che, aggiunto a molte altre criticità (di cui negli ultimi anni ho parlato sempre più spesso), inevitabilmente farà scoppiare quella che - a tutti gli effetti - sembra delinearsi come una vera e propria bolla speculativa (peraltro gestita in maniera abbastanza goffa). Cosa succederà a quel punto davvero non saprei dirlo, ma qualcosa mi dice che lo scopriremo prima del previsto... Quindi teniamoci pronti.
Detto questo, manco a farlo apposta, negli ultimi giorni sono successe varie cose che mi hanno offerto nuovi spunti per approfondire il discorso. A partire dalla morte del grande Howard Cruse, un pioniere indiscusso dei fumetti underground a tematica gay, i cosiddetti Gay Comix (con la x). Una persona disponibilissima, oltre che un grande artista, con cui ho avuto il piacere di entrare in contatto anni fa, quando feci pubblicare alcune sue storie brevi nelle antologie HAPPY BOYS di Coniglio Editore (che lo mise anche in copertina).
Disgraziatamente l'editore non gli pago mai i 100 euro pattuiti per la storia pubblicata nel volume di cui vedete la copertina qui sopra (e nel volume precedente aveva addirittura accettato di pubblicare una sua storia gratis!). Perchè non gli siano stati dati non l'ho msi scoperto, ma per fortuna sul suo sito scrisse che aveva capito che la colpa non era stata mia. In compenso, dopo quell'episodio, non osai più contattarlo per delle collaborazioni editoriali, e adesso un po' me ne pento. Anche perchè, a parte la pubblicazione di "Figlio di un preservativo bucato" (che però rientrava nella linea Vertigo della DC Comics, e quindi era un caso a parte), nessun editore italiano pubblicò mai altre cose sue. Gay o meno. E la cosa è abbastanza imbarazzante, considerando che in Italia - soprattutto nel circuito delle librerie e delle fumetterie - ormai viene pubblicata la qualunque... E in molti casi si tratta di cose di un livello molto inferiore rispetto a quelle fatte da lui.
Oltretutto buona parte del suo materiale era realizzato in un raffinato bianco e nero puntinato, che non avrebbe neanche comportato grandi costi tipografici... In particolare mi viene da pensare alle storie di Wendel (di cui solo un episodio venne pubblicato in HAPPY BOYS AND GIRLS), che sarebbe stata una serie INTERESSANTISSIMA e ATTUALISSIMA, pur risalendo a parecchi anni fa. Un po' perchè le dinamiche dei gay americani degli anni Ottanta solo adesso sono diventate quelle dei gay italiani (il protagonista conviveva con il suo ragazzo e il di lui figlio, avuto da una precedente relazione etero, giusto per dirne una), e un po' perchè offriva un bello spaccato di storia LGBT (visto che gli episodi erano strettamente collegati alla realtà gay americana del periodo in cui erano ambientati).
Però l'autore ci ha lasciato prima che qualche editore italiano si facesse (di nuovo) avanti, e adesso non saprei nemmeno dire a chi sono passati i diritti di pubblicazione delle sue storie... Peccato davvero. Però direi che si tratta di una situazione abbastanza emblematica. Nel senso che negli ultimi dieci anni ci sarebbe stato tempo e modo di pubblicare Wendel, o altri personaggi LGBT di autori altrettanto validi, in edizioni assolutamente abbordabili e perlomeno accattivanti per quel grande pubblico potenziale gay friendly che non frequenta abitualmente fumetterie e affini...
Però, a quanto pare, nessuno ci ha mai pensato. Molto meglio puntare su idee trite e ritrite, e sul solito pubblico trito e ritrito, e magari - alle soglie del 2020 - continuare a puntare su formule che sarebbero state già datate una ventina d'anni fa... Sia quando si è grandi editori storici che quando si è nuovi editori rampanti... In particolare se l'intenzione è quella di puntare ad un pubblico più ampio...
Tutto questo sarebbe molto interessante da analizzare anche dal punto di vista psicologico... Perchè, a voler essere maligni, si potrebbe pensare che da una parte ci sono editori e autori che non si rassegnano all'idea del tempo che passa, e dall'altra che ci sono tanti ex giovani lettori degli anni Novanta, o giù di lì, che vogliono ancora gratificare il loro ego diventando autori ed editori che puntano agli stili e alle idee che sono state il loro riferimento nell'adolescenza, ma che ora risultano inevitabilmente superate, con tutto quel che ne consegue. Anche perchè, ovviamente, nel frattempo nessuno pensa al pubblico che risulta anagraficamente giovane oggi, ai suoi gusti e alle sue esigenze reali. Magari dando per scontato che i fumetti non gli interessano più, o che comunque certe generazioni non frequentano più le edicole. Spiegazione un po' semplicistica. Tantopiù che le edicole strabordano di gadget e articoli di interesse per i giovanissimi... Il problema è che, appunto, gli editori di fumetti che investono davvero su questo pubblico non ci sono più... E le edicole, poi, finiscono per adeguarsi.
E alcuni episodi recenti non fanno altro che confermare queste teorie. A seguito delle recenti polemiche sugli aumenti dei prezzi dei fumetti Panini che arrivano in edicola, la casa editrice è intervenuta con un comunicato stampa un po' surreale, in cui spiega che gli aumenti sono giustificati dalla vocazione ecocompatibile della casa editrice, dalla sua intenzione di mantenre alti i compensi dei collaboratori (?) e dagli alti standard qualitativi della carta e della stampa. Particolarmente interessante è stato poi l'accenno ai costi comunque più bassi rispetto alle pubblicazioni americane, dimenticando, però, che negli USA certi fumetti si devono produrre, mentre in Italia bisogna solo tradurli. E sottovalutando il fatto che negli USA un americano su due fa parte della classe media (CLICCATE QUI), e che negli USA un single che appartiene a questa categoria guadagna dai 26.000 ai 78.000 dollari all'anno, mentre una famiglia - diciamo - con due figli, ne guadagna dai 52.000 ai 156.000. Siamo proprio sicuri che la situazione sia del tutto paragonabile a quella italiana e possa essere utilizzata come giustificazione?
Io qualche dubbio ce l'avrei. Anche perchè il 32% degli italiani guadagna meno di 10.000 euro all'anno (CLICCATE QUI).
Ad ogni modo potete leggere il comunicato Panini integralmente CLICCANDO QUI. Siccome ci sono già state vagonate di proteste anche a seguito di questo comunicato, che a più di qualcuno è sembrato abbastanza farlocco, io preferirei concentrarmi su alcuni dati di fatto oggettivi. Il primo è che nell'estate del 2018 la Panini aveva già annunciato di avere l'intenzione di abbandonare gradualmente le edicole, causando una reazione inviperita da parte del Sindacato dei Giornalai... Che scriveva come il gruppo editoriale non avesse più il senso etico e impenditoriale degli editori del passato, e dichiarandosi letteralmente schifata dal suo atteggiamento. E se non ci credete potete leggere il comunicato qui di seguito.
Quindi, se si volesse essere un pochetto perfidi, verrebbe da pensare che certi aumenti di prezzo sono pensati anche nell'ottica di un minore investimento nel mercato delle edicole, per poter puntare sul più redditizio mercato dei collezionisti e delle edizioni di pregio. Magari dismettendo il comparto edicole, dopo aver portato il pubblico a disaffezionarsi. C'è qualcosa di illegale in tutto questo? Ovviamente no. Però, in realtà, è proprio in casi come questo che dovrebbe sorgere spontanea una domanda che, a quanto pare, nessuno si pone più...
E cioè: ai bambini chi ci pensa?
In realtà, prima di tutto, sarebbe molto interessare capire se certe idee a proposito delle nuove generazioni rispondono a verità, o se è solo una narrativa di comodo, finalizzata più che altro a giustificare le incompetenze e gli interessi speculativi del mondo adulto. Certo parliamo di generazioni che hanno molta dimestichezza ANCHE con forme di intrattenimento che hanno poco a che fare con i fumetti, ma in realtà quanti fumetti sono pensati davvero per loro, e per le loro tasche?
Anche in questo caso qualche dato oggettivo può tornare utile. Lo scorso ottobre Save the Children ha diffuso dei dati impressionanti. In Italia sono oltre un milione e 260 mila i bambini che vivono in
condizioni di povertà assoluta; negli ultimi dieci anni sono triplicati:
passando dal 3,7% del 2008, pari a 375 mila, al 12,5% del 2018. Di
questi bambini, 563 mila vivono nel mezzogiorno, 508 mila al nord e 192
mila al centro. Stesso trend anche per quei bambini e adolescenti che fanno parte della
cosiddetta “povertà relativa”: nel 2008 erano 1.268.000 e a 10 anni di
distanza sono aumentati a 2.192.000. Potete trovare maggiori dettagli CLICCANDO QUI.
Per rendere un po' meglio l'idea: nel 2018, in Italia, ben 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari. Quanti di questi bambini potevano permettersi di spendere, diciamo, una decina di euro in fumetti ogni mese?
Lasciando per un momento da parte la questione dei minori che risultano cittadini stranieri (anche perchè di fatto risultano residenti in in Italia, e quindi nulla gli vieterebbe di leggere fumetti, se trovassero qualcosa di loro interesse), direi che lo scenario è abbastanza eloquente. I bambini poveri stanno aumentando anche in Italia, mentre i fumetti stanno diventando sempre più una forma di intrattenimento per chi è benestante, e spesso non sono nemmeno tarati sui gusti reali delle nuove generazioni.
E in effetti, a pensarci bene, mi rendo conto che nell'ultimo periodo mi è capitato abbastanza spesso di vedere dei bambini strattonati via a forza dai loro genitori quando si avvicinavano a qualche pubblicazione a fumetti troppo costosa... E che non sembrava avere un buon rapporto quantità/prezzo. Alle fiere come nelle edicole. E considerando che quelli che hanno la fortuna di avere una paghetta hanno anche altre spese, come possono risultargli accattivanti e competitive delle pubblicazioni come quelle che si sono viste nelle edicole italiane negli ultimi dieci/vent'anni?
Siamo seri...
Oltretutto una recente indagine OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha rivelato che, perlomeno fra i quindicenni italiani, stanno aumentando quelli che non sono in grado di comprendere quello che leggono, collocandosi qualche punto più in basso della media OCSE, appunto. Per maggiori informazioni potete CLICCARE QUI, e se volete consultare direttamente il sito OCSE potete CLICCARE QUI.
Sarebbe tanto interessante capire se e come questo stato di cose si riflette anche sulla comprensione dei fumetti da parte dei giovani italiani, e quanto gli editori dovrebbero tenerne conto prima di piazzare pubblicazioni poco accattivanti o scritte con un linguaggio (e utilizzando uno storytelling, e cioè una tecnica narrativa complessiva) che può risultare ostico per i neofiti. O comunque poco in linea con i gusti REALI del pubblico giovane.
Sicuramente viviamo in una realtà complessa, ma dare la colpa dell'attuale crisi editoriale solo ai ragazzini che non leggono più fumetti perchè, semplicemente, "non gli interessano" è davvero troppo comodo. Soprattutto se ormai è diventato impossibile trovare materiale davvero adatto ad un pubblico giovane e - soprattutto - in grado di venire incontro alle reali esigenze, soprattutto economiche, di una generazione che è molto meno fortunata di quanto non si direbbe a prima vista. E che sicuramente ha dei gusti molto diversi rispetto alla generazione che l'ha preceduta, anche se poi quest'ultima pretende comunque di decidere cosa è meglio per i più giovani... Per poi lamentarsi se le cose non vanno come spera.
Di esempi di questo tipo che ne sono stati tantissimi, negli ultimi anni, e parecchi li ho approfonditi anche su questo blog... Eppure nonostante vagonate di flop annunciati nessuno ha mai corretto davvero il tiro, tant'è che la situazione ha continuato a peggiorare...
Anche perchè, per dirla tutta, gira che ti rigira la "classe dirigente" dell'editoria a fumetti italiana è rimasta fondamentalmente la stessa da circa vent'anni, e qualcosa mi dice che se certi soggetti manterranno il loro ruolo decisionale (come è probabile che accadrà) per i prossimi venti, è molto probabile che da qui a un po' si profileranno degli scenari abbastanza inquietanti... A meno che non si verifichi un qualche miracolo, ovviamente.
Certo è che trasformare una forma di intrattenimento che trovava la sua forza nell'essere "povero" e sempre al passo coi tempi in un anacronistico bene di lusso, per poi lamentarsi se non funziona più come una volta, non è proprio geniale.
E comunque sono abbastanza sicuro che una nuova batosta arriverà se e quando qualche indagine statistica seria si occuperà di verificare quale è, attualmente, la percentuale di giovani italiani che non si identifica nel classico stereotipo dell'eterosessuale cisgender.
Alla prossima.
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