Ciao a tutti, come va?
Oggi il mio post parte da una notizia interessante che arriva dagli U.S.A. e che riguarda la Disney in senso lato. Infatti la Walt Disney Company ha deciso che non finanzierà più l'associazione dei boy scouts americani...
Come mai? Molto semplice: non è più disposta a tollerare la politica repressiva dell'associazione dei boy scouts nei confronti dell'omosessualità. Infatti ha trovato che la recente revisione del regolamento dei boy scouts sia stata una presa per i fondelli.
La suddetta revisione ritirava l'interdizione automatica dei giovani gay dichiarati dai gruppi scout, ma solo a patto che garantissero di non essere sessualmente attivi (nel senso di non avere una vita sessuale, intendo), e comunque confermava che raggiunta la maggiore età questi soggetti sarebbero stati comunque allontanati. Pare proprio che questa cosa, alla Walt Disney Company di oggi, proprio non sia andata giù (anche perchè sa bene che il suo bacino di utenti gay e pro-gay è più ampio del suo bacino scouts e pro-scouts), ed ha agito di conseguenza. La presa di posizione, in realtà, non stupisce più di tanto, visto che proprio l'anno scorso nel serial Good Luck Charlie è comparsa la prima famiglia omogenitoriale Made in Disney...
Il tutto mentre i Gay Days nel parco di Walt Disney World sono una ricorrenza sempre più partecipata...
Senza contare tutta una serie di aperture più o meno evidenti nei confronti del mondo gay, della sua estetica e dei suoi riferimenti culturali. Probabilmente è solo questione di tempo prima che in qualche film Disney compaia un personaggio omosessuale (dichiarato), ma il punto fondamentale è che - evidentemente - la Walt Disney Company è un'azienda che punta al futuro e al progresso, senza rendere conto delle sue decisioni a chi ha una mentalità retriva e bigotta (o, più banalmente, analizzando quali sono le tendenze della società). D'altra parte, finora, questa apertura mentale e questa voglia di rinnovamento sono state le chiavi del suo successo.
E la questione gay è solo la punta dell'iceberg.
Per questo è sempre più stupefacente notare come chi gestisce i fumetti Disney in Italia non abbia la minima intenzione di avere lo stesso approccio, con tutto quel che ne consegue.
Partiamo da un dato di fatto: a differenza di quello che accade con altri editori italiani di fumetti, i dati di vendita di Topolino sono resi noti dall'ADS (il centro di Accertamento Diffusione Stampa, a cui ci si può iscrivere gratuitamente per visionare i suddetti dati), grazie al quale è stato possibile realizzare un grafico impietoso del suo calo di vendite in edicola dal 2004 al 2011...
Il settimanale è passato da 219.974 copie a settimana a 85.743, ma scartabellando le tabelle ADS il calo è proseguito anche negli anni successivi. All'inizio del 2013 vendeva circa 58.000 copie alla settimana, che sono diventate circa 52.000 a novembre dello stesso anno. A dicembre, probabilmente con l'effetto Natale, è risalito, ma solo a quota 56.775.
I dati di inizio 2014 non sono ancora noti, ma visto che nemmeno il passaggio alla Panini ha determinato qualche cambiamento rilevante nella politica del settimanale, è improbabile che si sia verificata un'impennata improvvisa nelle vendite.
Anche perchè Topolino adotta le stesse strategie di marketing di trent'anni fa, ad esempio dedicando un numero speciale a Sanremo e ai suoi conduttori in versione paperinizzata...
Idea simpatica quanto volete, ma tremendamente scontata, banale e priva di appeal per quanti non sono già cultori delle classiche trovate del settimanale Topolino... E sono sempre meno, a giudicare dai dati di vendita sopra esposti. E, forse, sono sempre meno perchè sono sempre meno i bambini che si appassionano davvero a Topolino, impedendo da diversi anni quel ricambio generazionale che è sempre stato la forza di questo settimanale... Nonchè la forza del marchio Disney nel suo insieme.
Il fatto è che i bambini e i preadolescenti di oggi hanno tutta una serie di stimoli che i loro colleghi di dieci o venti anni fa non avevano, e sicuramente sono diventati molto più esigenti, anche in fatto di umorismo. Soprattutto grazie alle serie televisive americane (comprese quelle Disney) si sono abituati ad un umorismo più complesso, caustico e multisfaccettato di quello che offre Topolino... E soprattutto si sono abituati ad un umorismo che prende spunto dalla realtà, senza particolari tabù e senza un sottotesto necessariamente buonista... E questo lo hanno capito persino alla MATTEL, visto che con la nuova serie in CG Barbie Life in the Dreamhouse hanno mandato definitivamente in pensione la classica Barbie perfettina e profumella, caratterizzando la protagonista e i suoi comprimari in una maniera deliziosamente "umana" e nevrotica, e rendendoli peraltro consapevoli di essere delle bambole di plastica!
Stesso discorso hanno fatto i creativi della HASBRO, che sono stati capaci di rilanciare il brand MY LITTLE PONY con una serie animata che è diventata da subito (caso più unico che raro) un cult intergenerazionale...
E, guardacaso, in entrambi i casi c'è stato spazio per ammiccamenti e sottointesi LGBT, che hanno reso estremamente popolari questi prodotti anche presso la fascia di pubblico LGBT e i suoi simpatizzanti... Peraltro a livello internazionale. Conoscendo la Walt Disney Company non mi stupirei se in questo momento stesse lavorando alla creazione di qualcosa che possa competere direttamente con Mattel e Hasbro sullo stesso terreno, anche se basta guardare i suoi ultimi film per capire che è da diverso tempo che ha sposato questa filosofia (così come l'hanno sposata tutti coloro che producono animazione per bambini)... Tant'è vero che il protagonista maschile di Frozen, Kristoff, in originale è stato doppiato dall'attore (e cantante) gay dichiarato Jonathan Groff, che nelle interviste del film parla anche della questione delle unioni gay e dell'apporto che il suo personaggio può dare all'integrazione della comunità gay...
Quindi la domanda (retorica) é: perchè Topolino e derivati, in Italia, si ostinano a battere una strada diametralmente opposta? Considerando che in edicola non hanno concorrenti diretti, non gli viene il dubbio che se continuano a perdere colpi forse sono loro a sbagliare strategia? Perchè non accettano il fatto che magari dovrebbero aprire le porte a qualcosa di nuovo?
Perchè Topolino viene prodotto in Italia, e si comporta di conseguenza.
E non mi riferisco necessariamente alle tematiche LGBT.
Della questione ho già parlato in altre occasioni, e cercherò di non ripetermi, però questa ostinazione sembra proprio voler confermare da una parte la paura di sfidare i poteri conservatori del nostro paese (e la loro influenza sulla mentalità italiana), e dall'altra l'incapacità di guardarsi attorno sul serio e in maniera obbiettiva, rimettendosi seriamente in discussione. Il tutto non puntando più di tanto sulle novità per non giocarsi i lettori storici, affezionati all'approccio classico italo-disneyano.
Tuttavia, in un momento storico difficile come questo, un buon fumetto periodico - che è un passatempo tuttosommato economico - dovrebbe guadagnare lettori invece di perderli, e se Topolino si avvia verso le 50.000 copie settimanali (entro fine 2014?) forse sarebbe il caso di fare una seria autocritica... Che però, incredibilmente, non arriva.
Pare che alla Panini stiano pensando di rinnovare il parco autori e i collaboratori di Topolino, nella speranza di fargli riprendere quota, ma se non si cambia la filosofia alla base del settimanale, andando oltre i confini del suo tradizionale orticello, probabilmente non ci saranno grandi miglioramenti. Finché Topolino continuerà ad avere un occhio di riguardo verso un certo tipo di lettori "tradizionalisti" e non più tanto giovani, verso un certo senso estetico, una certa morale e un certo umorismo (sempre più datato), proiettandosi verso un passato "sicuro" che di fatto non c'è più, le cose non cambieranno e i nuovi lettori non arriveranno. Perlomeno finchè chi gestisce Topolino non sarà consapevole dello scarto generazionale (e culturale) che c'è stato negli ultimi anni fra i classici lettori di Topolino (e, diciamolo pure, quello che era una volta "l'italiano medio") e il nuovo pubblico potenziale dei personaggi Disney (cioè i bambini dai sei anni in su), che sta crescendo a pane, Disney Channel e Youtube, in un contesto sempre più multiculturale e globale... Abituandosi fin da subito a una serie di contenuti che hanno superato da tempo i limiti che si autoimpone Topolino...
Oltretutto, se io fossi la Walt Disney Company, al di là del problema delle vendite, inizierei ad interrogarmi sull'utilità di un prodotto come Topolino, proprio perchè di fatto è ormai molto lontano dallo "spirito Disney" contemporaneo e rappresenta un universo a sè stante e autoreferenziale (nonchè retrogrado sotto molti punti di vista), e quindi sempre meno sfruttabile commercialmente.
Il problema, forse, non si poneva quando le alte vendite ogni settimana garantivano un certo ritorno - presumo - anche alla Walt Disney Company, ma se i lettori continueranno a scendere sono portato a credere che, nel lungo periodo, potrebbero esserci delle decisioni drastiche da parte dei boss americani, anche perchè voci di corridoio dicono che la Walt Disney Company ha dei grossi piani per l'Italia nei prossimi anni, e non mi sto riferendo ai fumetti...
Per ora la Walt Disney Company ha messo la produzione italiana sotto l'ombrello della Panini, ma cosa succederà se anche in Panini avranno paura di cambiare le carte in tavola?
Staremo a vedere.
3 commenti:
Saranno almeno tre lustri che non lo compro, nè mi capita di leggerlo se non "a ogni morte di papa" ; storie troppo banali e senza mordente. Per un po' è sopravvissuto Paperinik e PK, ma a un certo punto coi reboot non si è capito nulla, ergo...
Le storie storiche poi, continuamente riproposte.
Ma se qualcosa cambiasse ce ne accorgeremmo?
Noi probabilmente no, ma sarebbe talmente sconvolgente che lo verremmo a sapere :-)
È anche vero che il pubblico preadolescente attuale è cambiato ed è più esigente, ma io credo che sia proprio un problema delle storie e del modo in cui vengono poste... ma che senso ha fare speciali su Mina o su Sanremo? La bravura degli autori italiani di Topolino di un tempo era fare riferimento all'attualità italiana senza sbatterla in faccia agli autori.
Gli attuali responsabili dovrebbero prendersi il tempo di andare a leggere le storie che venivano pubblicate negli anni '70 e '80 e ispirarsene. Io certe storie pubblicate nei primi Grandi Classici me le leggo ancora con piacere.
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