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lunedì 12 aprile 2010

ITALIA NOSTRA...

Ciao a tutti e ciao a tutte, come va?
Ultimamente sta prendendo piede anche da noi il termine "foundraising", che è un modo tanto "cool" per indicare la cara vecchia "raccolta fondi". Ovviamente la raccolta fondi serve a finanziare tutte quelle attività e quelle associazioni che non sono propriamente commerciali e che per andare avanti dovrebbero contare solo sui contributi spontanei, sulle collaborazioni con altri tipi di attività e sulla validità del loro operato. Dico "dovrebbero" perchè, perlomeno in Italia, una quantità paurosa di associazioni senza fini di lucro conta soprattutto su contributi pubblici da comuni, provincie e regioni, magari scendendo a patti con qualche politico locale. Se poi si volesse indagare l'ambito prettamente gay la situazione diventerebbe ancora più sconfortante: da una parte si promuovono inziative locali di carattere culturale e/o conviviale (che nelle piccole realtà attirano sempre poche decine di persone), mentre dall'altra si cerca di ricavare fondi quasi "di nascosto" da iniziative e attività a cui partecipano persone che non hanno alcuna reale consapevolezza del loro apporto... E questo, ad esempio, succede regolarmente nei locali gestiti direttamente o indirettamente da Arcigay, che attirano decine di migliaia di persone in tutta Italia: quasi tutte persone che si ritrovano a contribuire in maniera pressochè coatta (magari dovendosi anche tesserare) ad una associazione che nemmeno conoscono (e di cui fondamentalmente non gli interessa niente). Non sta a me giudicare, ma questo approccio da "furbetti" non è esattamente quello che serve per sensibilizzare la comunità gay italiana e contribuire a farle raggiungere la massa critica necessaria per cambiare le cose: magari qualche soldino arriva subito, ma è una strategia ben poco lungimirante. Forse il mio è un parere di parte, ma se negli ultimi anni qualcosa in Italia è cambiato lo si deve soprattutto a internet... Vi è mai capitato di avere a che fare con qualche omosessuale italiano che non usa internet? Provate a parlargli per un po' e capirete cosa intendo.
Tutto questo preambolo mi serviva per segnalare come, altrove, le associazioni gay - pur non facendo le finte santarelline - danno prova di maggior buon senso, trasparenza e lungimiranza anche nelle loro operazioni di foundraising. In particolare oggi volevo tornare a parlarvi della Tom of Finland Foundation, che ha dedicato al foundraising anche la giornata dell'undici aprile. Infatti ha gestito il pomeriggio del BARRACKS, noto locale fetish di Palm Springs, proponendo un party di beneficenza e mettendo all'asta dodici disegni originali. Lo stesso giorno (come ogni seconda e quarta domenica del mese), l'associazione ha proposto un workshop di disegno dal vivo (alla modica cifra di 25 $ per tre ore circa di modelli in posa). Il suddetto workshop è gestito dal volontario Miguel Angel Reyes: artista dotato e gran bel figliolo, a mio modesto parere...
Entrambe le iniziative si sono rivolte a persone che sapevano di contribuire al foundraising di un'associazione gay e che hanno scelto consapevolmente di farlo (anche perchè la domenica californiana di certo non manca di iniziative a tema gay)... Sicuramente questa trasparenza rende associazioni come la Tom of Finland Foundation molto apprezzate da tutti quelli che vogliono offrire il loro contributo alla "causa" in maniera consapevole e non vogliono sentirsi come dei limoni da spremere alla bisogna.
E la cosa notevole, secondo me, è che entrambe le iniziative sono riuscite a fare foundraising puntando in qualche modo sull'arte gay! Un'idea del tutto aliena dalle nostre parti, tant'è che io sto ad un'ora da Milano e ad un'ora e mezza da Bologna, due città in cui si trovano due delle comunità gay più numerose d'Italia, e non mi risulta che sia mai stato neanche pensato qualcosa di simile da parte delle locali associazioni gay. Tra le altre cose il mio mandato come presidente dell'arcigay di Piacenza è formalmente scaduto il 5 aprile, e in tre anni queste due città non mi hanno mai proposto nulla (fatta salva la proposta di realizzare un opuscolo informativo sull'HIV per Bologna, proposta che si è risolta in un nulla perchè prima avevano detto che mi pagavano qualcosa e poi si sono rimangiati tutto... Intendiamoci: io il volontariato per la mia città lo faccio volentieri, ma non lo faccio certo per associazioni che battono cassa tutti i sabati). Magari straparlo, ma se a Milano o a Bologna avessero pensato di organizzare un workshop gestito da me avrebbero potuto tirare su qualche soldino (e non avrebbero nemmeno dovuto spendere i soldi che sono stati necessari per invitare a Milano Paris Hilton)... Ma d'altra parte parliamo di un ambiente dove il fatto che disegno fumetti gay da quasi dieci anni è passato del tutto inosservato, o quasi. Peccato. Traete voi le vostre conclusioni. Nel frattempo, per tirarvi su il morale, vi lascio con un filmato d'archivio dedicato alla mostra su Tom of Finland che si è tenuta a Madrid un paio di anni fa... Tra le altre cose potete vedere Durk Dehner (l'inossidabile fondatore e presidente della Tom of Finland Foundation) e - se sapete l'inglese - potrete udire anche un'intervista a Tom of Finland stesso, realizzata poco prima della sua triste dipartita.

Ciao e alla prossima.
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4 commenti:

Ulisse ha detto...

Hai toccato un nervo scoperto. La questione dei locali affiliati ad arcigay è, direi, annosa, e l'associazione non può, per ineteresse, continuare a svicolare. Tanto più che, se da una parte arcigay è attiva nella lotta alla prevenzione delle malattie veneree, dall'altra parte, nella quasi totalità dei locali ad essa affiliati, il preservativo o te lo porti da casa o te lo fanno pagare, contrariamente a ciò che accade all'estero dove in tutti locali di incontri ci sono i dispenser che mettono a disposizione dei clienti gratuitamente tutto il necessario di cui hanno bisogno.
C'è poi il problema del tesseramento in cui esiste una grandissima confusione, non si sa mai se uno è iscritto ad arcigay perchè ci crede o solo per andare nei locali.
Speriamo che la nuova dirigenza appena eletta riesca a risolvere la questione.

Wally Rainbow ha detto...

Ma sai... Il nocciolo della questione è che, per come è impostata Arcigay, in realtà interessa ben poco che i tesserati siano motivati e consapevoli... O che i locali siano gestiti in maniera coerente. Sposando fin dalle origini una logica molto più simile a quella di un partito politico che a quella di un'associazione di mutuo soccorso, la cosa fondamentale è sempre stata avere sulla carta quanti più tesserati possibili, in modo da avere un maggiore potere contrattuale nelle relazioni con partiti e politicanti, soprattutto a livello locale. Esempio: se in una città piccola come Piacenza dovessi chiedere fondi o sostegno a un politico e gli dicessi che qui ci sono più di 700 tesserati (cosa vera!) lui drizzerebbe le orecchie, e poco importa se io so che di questi 700 ce ne sono 660 che non ho mai visto, su cui non ho alcun potere e che hanno fatto la tessera solo per andare nei locali di Milano... Capito che intendo? Personalmente è un meccanismo che non mi piace, e infatti nella mia città non l'ho mai usato per principio.

Anonimo ha detto...

ciao. hai scritto:"se negli ultimi anni qualcosa in Italia è cambiato lo si deve soprattutto a internet... Vi è mai capitato di avere a che fare con qualche omosessuale italiano che non usa internet? Provate a parlargli per un po' e capirete cosa intendo." . se non è un problema sarei curioso di sapere più nel dettaglio cosa intendi dire. grazie

Wally Rainbow ha detto...

Mhh vediamo... Il modo di porsi degli omsoessuali italiani pre-internet, soprattutto nelle realtà di provincia, è molto più limitato e circoscritto. La stessa percezione dell'omosessualità e dell'essere omosessuali è diversa, mancando molte occasioni per confrontarsi, per informarsi e per uscire dall'isolamento.