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martedì 9 novembre 2010

MAH...

Ciao a tutti e ciao a tutte, come va?
Devo ammettere che la scorsa settimana non sono proprio riuscito a trattenere la mia curiosità e ho comprato VANITY FAIR... L'ho fatto perchè, non avendone mai letto un numero, volevo rendermi conto una volta per tutte quanto fosse meritata la sua nomea di settimanale più gay friendly d'Italia. La molla è scattata quando ho visto la copertina su cui campeggiava il cantante Biagio Antonacci coperto solo da un vinile a 33 giri (immagino che un CD fosse ritenuto troppo piccolo per una foto di quel genere, che peraltro andava in bella vista in tutte le edicole italiane)... Ora: io non sono un fan di Biagio Antonacci (che comunque porta molto bene i suoi 47 anni) e su internet si trova di molto meglio... Tuttavia credo che sia la prima volta che questo settimanale (in Italia) arriva a tanto, e poichè all'estero generalmente sono i magazine gay che mettono i cantanti nudi in copertina, ero proprio curioso di verificare quanto di gay ci fosse effettivamente in questa rivista... Rimanendo alquanto perplesso. A prescindere dalla qualità degli articoli, degli interventi e dei servizi, mi sono ritrovato di fronte a una rivista dal taglio molto femminile che però non è nè carne nè pesce. Nel senso che - leggendola - non si capisce davvero a quale pubblico voglia mirare. Da una parte gli articoli trattano argomenti tuttosommato trasversali, dall'altro lo fanno con un'attenzione e un garbo molto "femminili", strizzando l'occhio al pubblico gay (ma solo nella misura in cui questo pubblico si ritrova nel tono "femminile" della rivista), concendendo qualche puntatina sulla sensualità maschile e qualche strizzatina d'occhio alla cultura gay italiana (ad esempio con la rubrica della posta, curata da Mina), ma nulla più. Se questo è il massimo del gay friendly che arriva nelle edicole italiane siamo messi peggio di quanto pensassi... Intendiamoci: anche le versioni estere di VANITY FAIR mantengono questo tono ammiccante, realizzando copertine particolarmente accattivanti per il pubblico gay...
Tuttavia questa scelta si manifesta in contesti molto diversi dal nostro, dove il lettore gay ha a disposizione pubblicazioni esplicitamente gay, o magari può accedere senza problemi ad una stampa in cui la componente gay non si limita ad una scelta stilistica e a qualche copertina, ma anche ad un certo tipo di contenuti e di prospettive... Anche perchè, in riviste come VANITY FAIR, il taglio gay friendly è considerato un elemento che "fa tendenza" e non certo una questione di principio, o magari di "identità editoriale". Non che nutrissi particolari speranze, ma penso di avere avuto la conferma definitiva che nelle edicole italiane di oggi i gay non sono rappresentati da nessuno. Conferma sottolineata dall'annuale invasione di calendari sexy... Che di anno in anno ha visto ridursi la quota maschile (che ha tenuto banco, guardacaso, fino a quando si è parlato di riconoscimenti gay nel nostro paese... Dopodichè è letteralmente crollata), a favore di un'esibizione sempre più ostentata del corpo femminile...
In particolare, quest'anno, credo che abbiamo toccato un nuovo fondo, visto che ijn edicola è arrivato anche un calendario interamente dedicato al fondoschiena femminile, che per l'occasione ha preso il nome di CULENDARIO (ogni commento è superfluo, però se fossi una donna mi sentirei alquanto umiliata)... Alla faccia delle recenti polemiche sul corpo delle donne. Se non altro questo avvalora la tesi secondo cui, nei contesti in cui le donne ideali sono solo degli eccitanti soprammobili, i gay godono sempre di una bassissima considerazione, con tutte le conseguenze del caso.... Il che, forse, spiega perchè da noi qualche ammiccamento gay su VANITY FAIR è concesso, ma andare oltre no... Magra consolazione. Certo dalle nostre parti abbiamo anche alcuni problemi supplementari, come ad esempio il fatto che i media hanno un taglio sempre più machista, e di fatto impediscono ai sex symbol maschili di diventare popolari al punto di guadagnarsi un calendario... Tant'è vero che anche quest'anno una buona quantità di rugbysti italiani ha finito per "emigrare" sull'annuale calendario erotico DIEUX DU STADE... Che nelle edicole italiane è arrivato solo tramite qualche "dietro le quinte" pubblicato sul settimanale di gossip CHI...
Come dire che, dalle nostre parti, il nudo maschile ormai è considerato al massimo una questione di gossip, e non certo un prodotto di interesse che ha una sua dignità e su cui un editore può investire. Devo ammettere non capisco se gli editori italiani ragionano in questo modo per una questione di ottusità, di reputazione o perchè non vogliono trasgredire le regole implicite nella stampa italiana di oggi (che riflette una buona dose omofobia e di eterosessismo). Certo è che, mentre da noi il calendario DIEUX DU STADE viene presentato come una curiosità da gossip, in Francia (ma non solo) gli viene riservato un trattamento di tutto rispetto, anche a livello artistico: quest'anno, ad esempio, gli è stato dedicato un lussuoso libro fotografico con gli scatti ritenuti troppo audaci per il calendario 2010.

Probabilmente il concetto di arte è molto soggettivo, ma è indubbio che un libro fotografico del genere, per giunta animato da dei modelli che sono anche degli sportivi famosi, dalle nostre parti sarebbe del tutto impensabile... E ovviamente meno proposte di questo tipo arrivano e meno possibilità ci sono che si crei una vera nicchia di mercato per pubblicazioni esplicitamente gay. Se aggiungiamo, poi, che il pubblico gay italiano si è abituato da tempo ad accettare passivamente questa situazione (anche perchè non saprebbe neanche a quale soggetto indirizzare le proprie lamentele) forse tutto acquista una sua logica... Persino il paradosso di considerare VANITY FAIR come la cosa più gay che si ritrova nelle edicole italiane... Magari solo per via di una copertina o di un'intervista...
Certo se leggete quello che scrivo vuol dire che avete accesso a internet e che per voi una rivista gay in edicola è di relativa importanza... Tuttavia, al di là del fascino della carta, non bisogna scordare che un rivista gay in edicola ha almeno tre qualità che uno spazio online non ha: raggiunge anche chi non usa internet (e nonostante le apparenze i gay italiani tagliati fuori dal web sono ancora tanti), ricorda a chi va in edicola che i gay esistono e spinge il lettore interessato ad avanzare esplicitamente una richiesta all'edicolante, innescando una serie di meccanismi tutt'altro che irrilevanti. Sia per l'affermazione personale del lettore, sia per il panorama editoriale che deve tenere conto delle richieste del pubblico... Tant'è che le uniche riviste gay che si trovano ancora in edicola sono quelle come BOY4BOY (sotto vedete il numero di novembre), che si occupano di annunci e che peraltro sono pure parecchio costose...
Certo che la buona salute di riviste tipo questa, a fronte dell'assenza di riviste che si occupano del mondo gay a tutto tondo, aggiunta al fatto che tanti gay si accontentano di VANITY FAIR, offre diversi spunti di riflessione interessanti (e non proprio rincuoranti)... Soprattutto per chi pensa che ormai tutti i gay italiani hanno internet e si sono emancipati, e che preoccuparsi per l'assenza di una rivista gay in edicola sia superfluo... Forse sbaglio, ma qualcosa mi dice che (con tanti comuni che non hanno ancora l'ADSL, in una nazione con sei milioni di analfabeti e un numero imprecisato di analfabeti funzionali - dati ISTAT) le cose non stanno proprio così...
Voi cosa ne pensate?

2 commenti:

Nanà Lanuit ha detto...

Eheheheh. mi piace,
in effetti Vanity Fair è uno dei tanti giornali che in edicola hanno belle tirature, lascia che lo leggano i gay...ma anche Biagio ce marcia! e il caro Tiziano Ferro l'ha scelto come confessionale verso il mondo!
Ci penso e magari mi scopro anche io su Vanity...o sbanca con le vendite o chiude la redazione!

for you.

Ulisse ha detto...

Valeriano le tue considerazioni non fanno una piega ma non tengono conto di una cosa: l'era "Papi" non è ancora finita. Bisognerà aspettare la sua fine per avere un paese che piano piano torna ad essere simile ai paesi europei.