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mercoledì 17 giugno 2009

LA RIFLESSIONE DI OGGI

Ciao a tutti e a tutte, come state? Non so se avete mai notato che, se è pur vero che il Giappone e l'Italia hanno due culture molto diverse è anche vero che queste due culture hanno almeno una cosa in comune: sono entrambe fondamentalmente sessiste e maschiliste.Probabilmente questo deriva dal fatto che entrambe le nazioni affondano le loro radici storiche in società guerriere (gli antichi romani e i samurai) in cui le donne erano fondamentalmente oggetti di scambio, elementi decorativi e - soprattutto - erano necessarie per la riproduzione dei maschi (e la continuità delle linee di sangue). Se ci fate caso le nazioni in cui le donne si sono emancipate prima sono anche quelle nordeuropee, con un retroterra celtico e germanico, in cui le donne avevano un ruolo decisamente più rilevante anche nelle società del passato. Il fatto che il Giappone non abbia mai sviluppato il senso del peccato sessuale di origine cristiano-giudaica è un'altra cosa, anche se è un dettaglio rilevante ai fini della segnalazione di oggi. Infatti oggi volevo segnalarvi che in Giappone è in produzione una serie di ben 13 Original Animation Video (per gli amici OAV o OVA, ovvero episodi destinati direttamente al mercato dell'home-video), tratti dal romanzo Ai no Kusabi di Rieko Yoshihara, che ebbe già una trasposizione in due OAV negli anni 90, arrivata anche da noi come Il cuneo dell'amore. Il romanzo venne pubblicato originariamente a puntate sulla rivista Shousetsu June, specializzata in erotismo a tema gay per ragazze... E infatti tutta la storia è permeata da un sottile omoerotismo molto cerebrale fatto apposta per mandare in sollucchero il pubblico femminile, ma che generalmente non coinvolge troppo il pubblico maschile gay... Personalmente in certi punti l'ho trovato persino spocchioso, e questo nonostante alcune trovate che a prima vista potrebbero sembrare molto intriganti (come i cock ring per controllare gli schiavi sessuali, le pratiche di sottomissione in un contesto fantascientifico, ecc). Questo perchè, tra l'altro, sia graficamente che psicologicamente i protagonisti erano estremamente "femminili" (anche se non necessariamente effemminati). La prima versione OAV in Italia ebbe davvero un notevole successo fra il pubblico femminile, e fu determinante nella creazione dello zoccolo duro delle appassionate dei BOYS LOVE (fumetti erotici gay per ragazze) nel nostro paese, ma anche nella formazione di tante aspiranti autrici di GLOBAL BOYS LOVE (ovvero BOYS LOVE realizzati in occidente). Sia come sia ora il romanzo verrà riproposto in una versione animata che - si spera - sarà meno frettolosa e sintetica della precedente, anche se le prime immagini provenienti dal SITO UFFICIALE sembrano confermare che la grafica sarà estremamente simile a quella già vista negli OAV degli anni 90 (anche perchè entrambe si basano sulle illustrazioni del romanzo realizzate da Katsumi Michihara negli anni 80). In attesa di verificare cosa ci sia di nuovo e cosa no in questo progetto, volevo puntare la vostra attenzione sul fatto che - a fronte di diversi OAV (e serie di OAV) dedicati ai vari sottogeneri dei BOYS LOVE, in Giappone non sono ancora stati prodotti OAV in stile bara manga per il pubblico gay (tranne una sorta di ibrido mal riuscito noto in Italia come La Leggenda dei Lupi Blu). Come mai? Forse è proprio qui che - fatte le dovute proporzioni - entrano in gioco le similitudini fra Italia e Giappone. Produrre animazione in Giappone è - come si sà - una pratica abbastanza diffusa, ma con dei costi che necessitano di sponsor e produttori disposti ad investire prevedendo un rientro che garantisca un certo guadagno (ad esempio col merchandising legato a un certo titolo). Ebbene: a quanto pare non c'è ancora nessuno che vuole investire sul mercato prettamente gay. Perchè? Per lo stesso motivo che spinge gli editori (e gli inserzionisti) italiani a snobbare il pubblico GLBT: in una società maschilista e sessuofoba schierarsi "dalla parte dei gay" può scatenare vari tipi di resistenze, mentre i gay nipponici (intesi come "maschi" e non come figure variamente effemminate o travestite) non sono sufficentemente quantificabili e non garantiscono alcuna forma di rientro economico, visto che ancora non vivono in maniera abbastanza emancipata e visibile (a differenza delle ragazze appassionate di erotismo gay). Tecnicamente l'editoria italiana e l'industria dell'animazione nipponica possono essere messe sullo stesso ideale gradino (più o meno), mentre l'editoria nipponica vera e propria - per numeri, strategie e dinamiche - rappresenta qualcosa di completamente diverso e fuori scala (e questo spiega perchè in Giappone vengono pubblicati anche i bara manga, nonostante la situazione di cui stiamo parlando). La situazione dei gay in Giappone può essere esemplificata anche dando un fugace sguardo alla pornografia gay locale, che è estremamente prolifica anche se in occidente è perfettamente sconosciuta (probabilmente perchè nell'hard giapponese i genitali vengono pixellati). In un numero imbarazzante di video hard gay nipponici c'è almeno un partecipante che fa sesso con gli occhiali da sole o con accorgimenti simili (gli occhialini da piscina sono un classico del genere) per non farsi riconoscere. Di solito in occidente mascherine e simili accompagnano le produzioni amatoriali, ma in Giappone sono una caratteristica molto trasversale a tutti i tipi di produzione (anche se, per fortuna, ultimamente sembra esserci una certa inversione di tendenza). Non stupisce quindi che a fronte di una nuova serie di 13 OAV dedicati a un romanzo a tematica gay per ragazze non sia ancora stato prodotto un solo OAV dedicato al pubblico gay reale, al quale non si riconosce ancora la massa critica (e forse anche la legittimità) che giustificherebbe un investimento (sia e economico che di immagine) di un certo rilievo (tipo quello necessario per produrre un cartone animato). Nè più nè meno di quello che avviene in Italia con i fumetti omoerotici (o più in generale con la stampa gay), anche se nel caso italiano il problema è costituito anche dall'atto omosessuale stesso, mentre in Giappone il tabù è più legato al "riconoscimento" del target omosessuale. Due approcci diversi, ma al tempo stesso molto simili, cosa ne pensate? Qui di seguito vi posto il trailer della nuova serie di Ai no Kusabi... E qualcosa mi dice che presto la vedremo anche dalle nostre parti.


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7 commenti:

loran ha detto...

In effetti sembra quasi che in Giappone abbiano una concezione del peccato che si avvicina a quella cristiana, forse dipenderà che tutte e due le culture hanno dei tabù nel rappresentare i sentimenti e i desideri, in Italia dal senso de peccato e dalla concezione del purgatorio, in Giappone forse a causa della società molto gerarchirizzata.

Altra cosa che mi sono sempre chiesto è come mai nei disegni giapponesi quando si rappresentano scene di sesso i partecipanti hanno sempre facce sofferenti quasi che dovessero espiare delle colpe.

Wally Rainbow ha detto...

Credo che dipenda dal fatto che in una società gerarchizzata come quella giapponese il sesso è visto come un atto di sottomissione, e in quanto tale è reso più "pregiato" dal fatto di essere doloroso (e questo potrebbe spiegare anche la passione dei giapponesi per le pratiche estreme). Questo potrebbe essere confuso col dolore che deriva dal senso di colpa cristiano, ma secondo me è tutt'altra cosa, anche perchè il cristianesimo in Giappone non ha mai attecchito più di tanto :-) Tant'è che anche il senso del pudore giapponese è abbastanza diverso da quello occidentale e, per dirla tutta, fino al 1999 (prima che la comunità internazionale facesse pressione)l'età del consenso in Giappone era di soli 13 anni!

Anonimo ha detto...

Hai detto che gli omosessuali in Giappone non vivono così liberamente e serenamente. Io direi che vivono in una maniera piuttosto stramba: in Giappone un gay viene guardato male ed è vittima del pettegolezzo, ma se si sposa (con un esponente del sesso opposto) può fare tutto ciò che vuole ed essere gay, etero, trans o bisex non fa alcuna differenza. Basta che ci sia il matrimonio. Quindi stavo pensando che forse è anche per questo che i gay giapponesi non si fanno vedere e sentire (anche nell'arte come hai notato tu): forse molti di loro pensano che questo modo di vivere sia comodo ed effettivamente può sembrarlo visto che non si è più vittime dei pregiudizi (almeno ufficialmente) quindi non fanno pressione e non combattono (per non perdere la loro condizione attuale). Ciò incrementa quindi il successo dello Shonen Ai (quello che tu chiami Boy's Love) e dello Yaoi. Però è soltanto un'ipotesi... non so...

Wally Rainbow ha detto...

Se così fosse sarebbe effettivamente un'altra similitudine con una buona fetta d'Italia che comproverebbe la mia teoria, non credi? :-)

Anonimo ha detto...

Sono l'anonimo di prima (prima o poi mi iscriverò eh eh eh)
Sarebbe una similitudine se anche in Italia ci fosse un paradosso dello stato vantaggioso per i gay... mi spiego: in Giappone un omosessuale può tranquillamente essere ciò che è e se si sposa non viene emarginato e non ci sono pettegolezzi (questo perchè nella terra del Sol Levante ci sono delle tradizioni particolari sul valore del matrimonio e sul pettegolezzo). Questa situazione non è buona e non dà parità ai gay, però a loro basta sposarsi poi possono andare con uomini, donne, trans ecc senza intoppi; quindi se si accontentano di questo "vantaggio" evitano di farsi vedere. In Italia non c'è nulla di "vantaggioso": se tu ti sposi non cessano i pettegolezzi nè l'emarginazione. Ora forse è strano da dire, ma vi assicuro che in Giappone col matrimonio le accuse, i pregiudizi e tutto quanto decade proprio per una questione di onore: lì se ti sposi puoi essere ciò che vuoi e non sei vittima di niente. Qui invece il matrimonio non cambia nulla, ma nonostante questo i gay italiani non riescono a fare fronte comune. Non voglio essere frainteso... non sono d'accordo sul modo di vivere l'omosessualità in Giappone e in Italia, però faccio solo notare che se là stanno zitti c'è almeno un motivo (anche se solo di convenienza) mentre qui stiamo zitti e sottomessi senza avere un valido motivo o vantaggio... forse siamo scemi?

Wally Rainbow ha detto...

Mhhh... Buona domanda... Forse dipende tutto dal fatto che in Giappone l'immagine è tutto, mentre qui non basta a salvare capre e cavoli... Devo comunque dire che i pochi giapponesi gay che ho conosciuto, forse perchè vivevano in contesti molto metropolitani, non avevano matrimoni in programma :-)Sul fatto che siamo più stupidi... Forse il problema non è tanto nella stupidità, quanto nei complessi con cui un gay italiano finisce per essere cresciuto e nelle aspettative che sic reano intorno a lui... Come disse il protagonista del film MAMBO ITALIANO "non c'è niente di peggio che essere gay e italiano" :-)

Anonimo ha detto...

Effettivamente l'immagine e il buon nome in Giappone hanno la priorità. Nelle aree metropolitane questo fatto è certamente meno presente, ma mediamente resta ovunque questa convenzione. L'Italia... perchè dobbiamo avere tutti questi problemi qui?