Ciao a tutti, come va?
Vi avviso che il post di oggi è uno di quelli impegnativi, quindi preparatevi. In realtà il post di oggi sarebbe dovuto iniziare in un altro modo, ma per una serie di strane convergenze siderali oggi mi tocca partire da una produzione animata giapponese degli anni Settanta, tratta da un romanzo scritto dal francese Hector Malot nel 1878 e dal titolo Senza Famiglia. Nel 1977 i giapponesi della Tokyo Movie Shinsha ne trassero una serie di cinquantuno episodi, che arrivò in Italia nel 1979 come "Remì, le sue avventure" e divenne uno dei portabandiera della prima invasione delle serie animate giapponesi in Italia.
Alla regia fu messo Osamu Dezaki, uno che per le atmosfere drammatiche e inquietanti è sempre stato molto portato (responsabile - qualche anno dopo - della tragicissima seconda parte di Lady Oscar, era già riuscito a rendere terrorizzante e paurosa persino la serie dedicata al topolino Ganba), e il risultato fu una delle serie animate giapponesi più strazianti di sempre. Il meraviglioso doppiaggio italiano riuscì persino ad accentuare la cosa, e infatti dal 1999 in poi Mediaset pensò bene di trasmetterla con uno nuovo doppiaggio e un nuovo adattamento, per addolcirne le atmosfere e smorzarne i toni drammatici. Anche perchè in vent'anni le politiche italiane in fatto di televisione per ragazzi erano molto cambiate, e in peggio (CLICCATE QUI). La scorsa settimana ho avuto modo di recuperare la serie col doppiaggio storico, ne ho vista qualche puntata a caso e ho ancora pianto in maniera imbarazzante, anche perchè io ho sempre avuto una certa tendenza a immedesimarmi nelle storie che seguo...
Comunque appena ne avrò la forza e il tempo voglio provare a rivedermela
per bene tutta, perchè è un gioiellino e perchè è invecchiata
benissimo. Ad ogni modo, rivedendo quelle puntate, pensavo proprio a quanto potevano essere utili tutti questi cartoni giapponesi emotivamente impegnativi, diciamo, per dare modo ai bambini e ai ragazzini di confrontarsi con tutta una serie di emozioni e situazioni che poi avrebbero potuto ritrovare nella vita reale, sviluppando anche un certo senso di empatia e di sensibilità verso i problemi altrui. Intendiamoci: so bene che il messaggio di queste serie non attecchiva ovunque, perchè esistono anche bambini cretini destinati a diventare adulti idioti e insensibili, però sicuramente certe produzioni hanno aiutato a mettere insieme una generazione che - mediamente - aveva sviluppato una certa famigliarità con determinati valori. Cosa che purtroppo non è successa con le generazioni successive, che sono state private del confronto con determinati prodotti animati (a torto ritenuti eccessivi, violenti e diseducativi).
E già qui ce ne sarebbe abbastanza per scrivere un saggio.
Comunque parlo di Remì oggi perchè, proprio ieri, la pagina Facebook di Fumo di China ha segnalato un'intervista un po' particolare pubblicata da Il Messaggero. L'intervistato era il responsabile dei canali tematici per ragazzi del gruppo DeAgostini, e cioè Massimo Bruno. L'intervista integrale, ricca di perle, potete leggerla ingrandendo le immagini qui sotto.
La parte più interessante è la chiosa, in cui - fondamentalmente - il nostro eroe sostiene che la TV dei ragazzi è meglio adesso, perchè una volta nei palinsesti c'erano i cartoni giapponesi e adesso non ci sono più.
Gusti personali e opportunismi a parte penso che sia abbastanza interessante notare che, anche se l'intervistato ha 46 anni e dovrebbe - in teoria - aver vissuto in pieno l'invasione delle serie animate giapponesi, non cita nessuna serie arrivata in Italia dopo il 1980. Curioso. E viene anche il sospetto che non sappia nemmeno che Heidi e Remì sono serie animate tratte da due romanzi per ragazzi europei che si trovano in tutte le biblioteche. Quindi il sospetto è che sia stato uno di quei ragazzini a cui era vietato vedere i suddetti cartoni dopo le crociate dei genitori che presero piede alla fine degli anni Settanta, e che di conseguenza abbia una formazione limitata e un po' pregiudizievole al riguardo. E, a proposito di formazione, se si guarda il suo profilo personale su LinkedIn (CLICCATE QUI), si legge che dopo la Facoltà di Scienze Politiche e un corso biennale di giornalismo è approdato, ancora ventiquattrenne, a Mediaset. Era il 1997 ed erano giusto gli anni della nuova crociata contro le serie animate giapponesi, quella che si scagliava contro Sailor Moon, per intenderci...
Quindi, se aveva bisogno di conferme riguardo ai suoi pregiudizi su certi tipi di contenuti, era proprio nel posto giusto al momento giusto. Fatto sta che da allora in poi ha avuto una brillante carriera nell'ambito della TV dei ragazzi, per poi arrivare ad essere Direttore dei canali tematici per ragazzi DeAgostini dal 2009. E presumo che il fatto che fosse perfettamente allineato con una determinata linea di pensiero lo abbia favorito. Per intenderci: Fabrizio Margaria (foto sotto), che effettivamente era competente in fatto di serie animate e che fu responsabile dei contenuti per ragazzi e del canale tematico Hiro di Mediaset (dove tentò persino di proporre serie animate giapponesi senza tagli dal 2008 al 2013, fra mille difficoltà e con tanti vincoli), adesso fa il produttore per i fatti propri e non si occupa più di gestire la TV dei ragazzi per nessuno.
E parliamo comunque del responsabile dell'arrivo in Italia di serie come Naruto, One Piece e Detective Conan (facendo i salti mortali per mediare fra le esigenze della sua azienda, i vincoli delle fasce protette e le aspettative del pubblico): tutte serie che anche in Italia sono diventate in breve tempo popolarissime ed estremamente iconiche. Tra l'altro nelle interviste che rilasciava diceva anche che, se avesse potuto, avrebbe voluto persino riproporre in TV le serie robotiche di Go Nagai, di cui era un grande fan (CLICCATE QUI)! Però resta il fatto che lui non si occupa più di canali tematici per ragazzi, mentre Massimo Bruno - quello che ama i Barbapapà - ne gestisce ancora quattro.
Ognuno tragga le sue conclusioni.
Tutto questo preambolo, però, mi serviva per fare il punto su di un'altra questione. L'impostazione e i vincoli della televisione italiana, inevitabilmente, stanno spingendo sempre più giovani e giovanissimi verso internet, verso le piattaforme di streaming e - soprattutto - verso i serial TV. Tant'è che anche in Italia si inizia a parlare di binge watching, e cioè di quella tendenza a guardare i serial TV una puntata dietro l'altra... A tutte le ore del giorno e della notte. La situazione in Italia è meno indagata rispetto ad altre nazioni, ma un'indagine commissionata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo all'Istituto Toniolo l'anno scorso può offrire qualche spunto interessante...
Si tratta di un'indagine condotta sui cosiddetti millenials, e cioè le persone nate fra il 1980 e il 2000 (queli nati dal 2000 in poi sono detti centennials), e condotta su un campione di 2045 persone, per capire il loro rapporto con il cinema e i serial TV. Da questa indagine (che si può leggere più nel dettaglio CLICCANDO QUI), emerge che anche se andare al cinema piace molto seguire i serial TV inizia a piacere di più (anche perchè è più economico). Il 35,4% degli intervistati ha dichiarato di guardare entrambi i
prodotti. Il 34,1% guarda soprattutto le serie, e il 30,5% guarda
soprattutto film. Quindi diciamo che i serial TV iniziano a diventare il paradigma dell'intrattenimento popolare per le nuove generazioni, cosa che probabilmente diventerà ancora più evidente man mano che i centennials cresceranno. Un altro dato interessante è che il genere preferito dai millenials è la commedia, che conquista oltre un intervistato su quattro (21,5%). In
seconda posizione c'è il thriller/suspense (17,5%), in terza posizione
il fantasy (14,5%), e in quarta l'avventura (11,8%). Seguono poi il
genere comico (9,1), l'horror (8,3%), il genere drammatico (6,3%) e
infine quello sentimentale (6,3%). Da notare che commedia e comico sono considerati due generi ben distinti.
Tutto ciò premesso, in questa particolare congiunzione, è abbastanza evidente che chi produce fumetti in Italia - volendo - potrebbe sfruttare la situazione a suo vantaggio. Perchè teoricamente non ha tutti vincoli dei canali televisivi italiani, e al tempo stesso potrebbe permettersi di realizzare prodotti in totale sintonia con i gusti delle nuove generazioni senza particolari sforzi produttivi. Se volesse, se si guardasse attorno, se utilizzasse i professionisti giusti e se accettasse il fatto che - evidentemente - dovrebbe rimettersi in discussione in maniera abbastanza radicale. Perchè, altrettanto evidentemente, ora come ora c'è qualcosa non funziona,
Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che, anche se ci sono studi attendibili che dicono che i toni da commedia (intelligente e moderna, beninteso) piacciono, in Italia la tendenza è ancora quella di realizzare fumetti popolari dai toni seriosi.
E non si spiegherebbe nemmeno perchè, per risollevare le vendite di una testata, piuttosto che puntare sui temi e le situazioni che rendono intriganti i serial TV che tanto piacciono a millenials e centennials, si riciclano strategie degli anni Settanta e Ottanta. Giusto per fare un esempio concreto: per rilanciare MORGAN LOST la Bonelli ha pensato bene di concedere all'autore la possibilità di inserire la rappresentazione esplicità di una vagina in una situazione da fumetto erotico un po' fetish (qui sotto vedete la tavola originale)...
Ora: fermo restando che la cosa di per sè non ha niente di illegittimo, e può anche essere una scelta narrativa funzionale alla trama, quello che mi ha lasciato perplesso è stato più che altro il fatto che questa vignetta è stata promossa come una cosa sconvolgente... Come un traguardo mai raggiunto prima... Come un punto di rottura straordinario e come una terra di conquista inesplorata...
Una trovata che però, nell'ambito del fumetto italiano in senso lato, non aveva assolutamente niente di originale. Anzi: per chi ha vissuto la stagione dei tascabili erotici degli anni Settanta e Ottanta, e quella delle riviste erotiche degli anni Novanta, è stata più che altro una trovata banalotta. Ovvio che, se una persona ha una visione Bonelli-centrica del fumetto, questa pagina assume un significato completamente diverso, ma il punto è proprio questo: se la trovata serviva per attirare gente che abitualmente non compra le testate di questa casa editrice sicuramente non è servita a granchè (così come non penso sia servita granchè la trovata delle effusioni lesbiche nel numero precedente, di cui ho parlato QUI).
Perchè, molto semplicemente, il pubblico nato dal 1980 in poi cerca soprattutto altro. E in particolare quelli nati dopo il 2000, che probabilmente da qui a qualche anno faranno davvero la differenza. Gli studi, perlopiù americani, condotti sui centennials mettono in risalto il fatto che si tratta della prima generazione nata dopo una serie di rivoluzioni tecnologiche e sociali non da poco. Sono quelli nati quando internet si era già diffuso, la globalizzazione delle informazioni e dei linguaggi era una realtà, i flussi migratori erano diventati un fenomeno endemico e i matrimoni gay si stavano già affermando (e prima di dire che questo è un blog di parte vi invito a leggere la relativa voce su wikipedia QUI).
Quindi ostinarsi a vivere in una bolla e autoconvincersi che una vagina in evidenza possa attirare pubblico, forse, non è esattamente una strategia vincente. Tra l'altro, a proposito di internet e nuove tecnologie, lo sceneggiatore di MORGAN LOST in questi giorni ha provato a rilanciare il nuovo corso del personaggio anche con un trailer su youtube, relativo proprio all'albo in cui compare la famosa vagina... Fatto con tanto amore, ma evidentemente senza i mezzi necessari per renderlo competitivo o anche solo mediamente intrigante per gli standard minimi attuali. Anche solo per il fatto che lui non è un attore o un doppiatore, e non ha nemmeno la voce adatta per rendere al meglio le atmosfere di un fumetto come quello che voleva promuovere.
Comunque lo trovate qui sotto e potete giudicare voi.
Qualcuno può davvero pensare che nel 2018 il doppiaggio di un trailer su youtube sia qualcosa da sottovalutare? Evidentemente sì, se non ha la percezione di come stanno effettivamente le cose. D'altra parte se pensa che per rilanciare una serie in perdita e attirare l'attenzione abbia senso presentare lesbiche da porno etero che amoreggiano e vagine ben rasate, ma NON relazioni omosessuali maschili e/o nudi maschili (che però iniziano a vedersi con una certa abbondanza nei serial TV sopracitati), direi che c'è una certa coerenza.
Morale della favola: in Italia il mondo dell'entertainment si esprime in maniera conflittuale e contraddittoria, anche perchè a monte ci sono tutta una serie di interessi collaterali che hanno molto poco a che fare col mondo dell'entertainment in quanto tale, ma il pubblico - soprattutto quello giovane - sa benissimo cosa vuole e lo dimostra coi fatti.
Il problema è che, a quanto pare, chi potrebbe trarne vantaggio e stare davvero dalla parte del pubblico (anche giovane) continua ad avere i paraocchi... Per poi lamentarsi ogni volta che rischia di cadere in un fosso, e magari quando finisce per caderci sul serio.
E tutto il resto vien da sè.
Alla prossima.
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