Ciao a tutti e ciao a tutte, come va?
Oggi mi è arrivata questa comunicazione:
"Gentile elfodiluce,
i fumetti di Frocik che lei utilizza sono stati dati da Massimo Consoli prima
della sua morte a Delia Vaccarello per la rivista Fuorispazio
che contiene ampio materiale donato da Consoli e raccolto poi dietro richiesta
specifica dalla Fondazione Massimo Consoli
cortesemente li tolga o ne citi correttamente la provenienza.
Lei è libero di scrivere ciò che desidera
ma ciò che addolora è lo spirito che anima la sua mano "critica".
Si rende conto degli anni in cui sono stati disegnati e le condizioni storiche
in cui quei PRIMI vagiti han preso le mosse?
Certo Verde e Consoli non avevano a disposizione gli strumenti che la
tecnica oggi le permette.
Gaialolita per la redazione di fuorispazio."
Cara Gaialolita, forse nel mio post non si è capito che il mio non era un processo alle intenzioni, ma un giudizio sul materiale fumettistico in quanto tale. Massimo Consoli è stato un grand'uomo, e se in Italia avessimo avuto più attivisti devoti alla cultura e alla memoria storica come lo è stato lui, oggi probabilmente saremmo in un paese diverso e sicuramente migliore per la comunità gay tutta (parere personale: i suoi libri dovrebbero essere letti da tutti gli omosessuali italiani). Però Massimo Consoli non era un fumettista, e non ha senso insistere a farlo passare come tale.Detto questo mi dispiace di avere urtato la sensibilità di qualcuno e ho corretto le attribuzioni nel post, tuttavia credo che quello che mi viene scritto confermi proprio ciò che scrivevo, e cioè che purtroppo quando si crea un processo di identificazione fra un lettore omosessuale e una produzione a tematica omosessuale si tende a perdere lo spirito critico. Frocik può essere definito, al limite, l'espressione grafica di un desiderio di rivalsa omosessuale, ma non un fumetto e - mi spiace dirlo - è anche la prova che in Italia il mondo dell'attivismo e della militanza ha avuto fin dall'inizio la tendenza a vivere in una realtà a parte, giustificando e incensando tutto (o quasi) quello che veniva fatto in nome della causa, e ignorando (o quasi) il resto, soprattutto quando veniva prodotto al di fuori del circuito della militanza di cui sopra. Appellarsi alla povertà di mezzi e al contesto di quegli anni ha senso fino a un certo punto, visto che Frocik è stato pubblicato nel 1979, ma nel 1976 aveva già visto la luce Pike & Pike, fumetto gay di Graziano Origa e Vincenzo Jannuzzi...
Come si può intuire dalla striscia qui sopra si trattava di un fumetto nel senso pieno del termine (con una vera sceneggiatura e dei veri disegni), peraltro incentrato su due poliziotti del Bronx che stavano insieme! Un fumetto così - in quegli anni - non c'era in nessuna parte del mondo! Però, guardacaso, poichè era stato concepito e pubblicato al di fuori del circuito della militanza gay e lesbica italiana (venne pubblicato sulla rivista Contro nel 1976 e nel 1977), non mi risulta che sia mai stato valorizzato come avrebbe dovuto, nonostante sia stato citato in vari saggi dedicati al fumetto... A partire dalla sua scheda su L'ENCICLOPEDIA DEL FUMETTO edita da Ottaviano nel 1977 (cliccateci sopra per ingrandirla).
Poco importa se Graziano Origa, nel tempo, ha dato un notevole contributo alla cultura gay pop italiana (fondando - tra le altre cose - la rivista Gay Italia e collaborando alla prima Babilonia) e sia stato per decenni il fumettologo gay più preparato del nostro paese, pubblicando decine di saggi e guadagnandosi numerosi riconoscimenti (ha anche diretto la storica rivista FUMETTI D'ITALIA, vero cult per tutti gli appassionati di fumetto)... Il movimento gay, che in un'altra nazione probabilmente gli avrebbe dato più spazio (e in effetti negli anni '80, mentre viveva a New York, collaborò con riviste come Advocate, Torso e Blueboy) e lo avrebbe coinvolto regolarmente in iniziative di promozione culturale, da noi non lo ha mai calcolato (e nemmeno citato) granchè...
Forse la sua colpa è stata quella di mirare a produrre e a diffondere cultura gay (e non) senza appoggiarsi necessariamente al mondo della militanza gay italiana, tuttavia il suo caso è abbastanza sintomatico di una realtà culturale gay che, in Italia, presenta ancora diverse lacune. Certo è che, finchè ci si pone sulla difensiva di fronte ai confronti scomodi, le cose non cambieranno molto. Il fatto che poi il mondo dell'associazionismo e della militanza GLBT italiana abbia una certa tendenza all'autoreferenzialità (e alla suscettibilità) fa il resto. Questo, perlomeno, è quello che penso io (anche alla luce di tre anni di presidenza di un piccolo arcigay di provincia che non può permettersi di vivere in un mondo a parte, ma che d'altro canto è costretto a relazionarsi col "mondo a parte" delle associazioni GLBT italiane). Detto ciò ribadisco che - a mio modestissimo parere - è importante valorizzare ciò che la cultura GLBT produce, ma per andare avanti è essenziale guardarsi attorno e dare a Cesare quel che è di Cesare, anche se all'inizio può risultare un po' impegnativo.
Alla prossima.
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