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lunedì 16 maggio 2016

ALTRI TEMPI...?

Ciao a tutti, come va?

Questo lunedì non ho grandi scoop sulla situazione italiana (e visto l'andazzo delle ultime settimane forse è meglio così), così coglierò l'occasione per analizzare un fenomeno abbastanza curioso che - ho notato - da qualche anno a questa parte si sta manifestando con una certa frequenza...

Qualcosa di molto simile a quello che in psicologia viene definito "rimozione", e cioè quel sistema di autodifesa che il nostro cervello attua rimuovendo pensieri e ricordi che coscientemente considererebbe inaccettabili o troppo difficili da gestire... Magari sostituendoli con altri, che ritiene più tollerabili.

Ultimamente, ad esempio, ho notato che questo fenomeno si è verificato quando Alessandro Bottero - in calce ad uno dei post del suo profilo facebook (quello inserito qui sotto) - ha diffuso i dati di vendita di MORGAN LOST, che col primo numero aveva venduto 39.000 copie, ma che nel giro di soli sei mesi sarebbe arrivato a stabilizzarsi sulle 24/25.000... Quindi parliamo di almeno 14.000 lettori persi per strada...

Quando Alessandro Bottero, che bazzica nel mondo dell'editoria a fumetti da decenni, dà i numeri c'è sempre qualcuno che lamenta il fatto che non cita le sue fonti, ma a quanto pare finora le suddette fonti si sono rivelate decisamente attendibili... Tant'è che ultimamente anche gli stessi curatori editoriali che si erano sentiti presi in causa, e che inizialmente lo avevano smentito, hanno ritrattato...

Perciò diciamo pure che la sua attendibilità, per il momento, è stata provata empiricamente... E che quindi anche i numeri di MORGAN LOST dovrebbero essere molto vicini a quelli effettivi. Ora: che l'ennesima serie Bonelli presentata come quella "della svolta" si stia rivelando un titolo che resta a galla (per ora) in maniera dignitosa, ma non certo esaltante (e se il suo prezzo fosse stato allineato con quello delle serie in bianco e nero probabilmente sarebbe andata anche peggio) non è una grande novità...

Negli ultimi anni è capitato sempre più spesso, e tra l'altro i debutti delle nuove testate fanno numeri sempre più bassi di anno in anno (DRAGONERO, per esempio, col primo numero della serie regolare arrivò a sfiorare le 50.000 copie, ed era solo il 2013).

La cosa che mi stupisce, però, è che sempre più commentatori - soprattutto fra i lettori abituali di questo genere di fumetti - sostengono che la colpa del calo delle vendite stia tutta nel fatto che al giorno d'oggi nessuno fa più partire la collezione di una serie a fumetti se è destinata a proseguire indefinitamente... Preferendo concentrarsi sulle serie limitate.

Umh... Peccato che però che ORFANI, annunciata da subito come serie limitata divisa in cicli, sia passata dai 50.000 lettori del numero uno agli attuali 20.000... E anche LUKAS, concepita come una miniserie, ha chiuso dopo essere arrivata a quota 12.000.

Quindi, forse, il successo di una serie non è inversamente proporzionale alla sua lunghezza, anche se sempre più persone sembrano convinte che sia l'unica spiegazione possibile per quello che sta avvenendo in questi anni...

E qui entra in campo la rimozione.

Perchè, molto semplicemente, non considerare che se una serie perde lettori dopo il lancio del numero uno è perchè NON PIACE a tutti i lettori che hanno provato ad acquistarla quando ha debuttato? Perchè non prendere in considerazione l'ipotesi che NON É STATA UNA PROPOSTA CONVINCENTE? Perchè, banalmente, non accettare che se una serie perde lettori numero dopo numero è perchè, numero dopo numero, i lettori si rendono conto che non sta sviluppando gli spunti giusti nel modo giusto?

Non sono uno psicologo, e non mi addentrerò in questo ginepraio più di tanto, ma più passa il tempo è più sono tentato di pensare che questo processo di "rimozione" sia dovuto al fatto che molti lettori tradizionalisti fanno sempre più fatica ad accettare il fatto che un certo modo "tradizionale" di intendere i fumetti italiani (e l'entertainment in generale), a cui loro sono molto affezionati, ha ormai fatto il suo tempo... E che ostinarsi a percorrere un certo tipo di strada non sta facendo altro che peggiorare le cose.

E sicuramente è più facile cercare dei capri espiatori esterni, e anche un po' surreali, piuttosto che accettare la triste realtà... E cioè che col passare del tempo l'età avanza e i gusti dei giovani cambiano, ma che per tenersi buoni i lettori che stanno invecchiando gli editori trascurano il nuovo pubblico, i nuovi autori e le nuove idee. Ripiegandosi sempre più su se stessi, anno dopo anno. Anche perchè, come ribadito anche nel dibattito fra Alfredo Castelli e Marcello Toninelli in fondo ad un post del blog di Sauro Pennacchioli (CLICCATE QUI), in Italia si sono via via consolidati dei meccanismi "opportunistici" che spingono gli stessi sceneggiatori a scrivere il più a lungo possibile, e a diventare curatori e/o ideatori di serie sempre nuove (che inevitabilmente finiscono per assomigliarsi)...

Prendiamo ad esempio Claudio Chiaverotti, che scrive il MORGAN LOST di cui sopra. É nato nel 1965, scrive fumetti dal 1986 ed è entrato in Bonelli dal 1989, scrivendo un numero di Dylan Dog... Quindi ora ha cinquantun anni e lavora in Bonelli da quando ne aveva ventiquattro. Attualmente quanti sono gli sceneggiatori ventiquattrenni in forza alla Bonelli? E a quanti di loro è consentito di ideare nuove storie e nuovi personaggi, o anche solo di scrivere una storia di Dylan Dog?

Verosimilmente quando Claudio Chiaverotti aveva ventiquattro anni era più in linea con i gusti dei giovani di quel periodo, che non a caso seguivano con partecipazione crescente le avventure di Dylan Dog... Poi, quando il suo stile non è stato più in grado attirare l'attenzione di un nuovo pubblico (e/o di mantenere quella del pubblico vecchio), la natura ha fatto il suo corso... E nel 2014 la sua serie BRANDON - che pure teneva banco dal 1998 - ha chiuso... E di esempi così se ne potrebbero fare diversi. Infatti di sceneggiatori che - senza nemmeno rendersene conto - invece di contribuire al ricambio generazionale del pubblico finiscono per rallentarlo ulteriormente, in Italia, ne abbiamo parecchi... Anche perchè la loro età media sta diventando sempre più alta, così come diventa sempre più alta l'eta media dei loro personaggi, che non a caso si pongono in maniera sempre più anacronistica rispetto agli standard di oggi, anche quando dovrebbero essere  personaggi anagraficamente "giovani"... E probabilmente in futuro questa discrepanza diventerà sempre più evidente...

Eppure, a ben guardare, questo fenomeno è diventato parte dell'industria del fumetto italiano solo da qualche decennio a questa parte... Prima che l'incompetenza di alcuni editori e le mire espansionistiche di altri portassero il settore allo stato attuale c'era una concorrenza più equilibrata, e al ricambio degli autori seguiva anche il ricambio del pubblico, portando ad avere un mercato tutto sommato solido, seppur nei limiti dei vari periodi storici che si vogliono prendere in esame.

E in effetti di autori giovani, con idee giovani e personaggi giovani, in sintonia con i lettori giovani del periodo in cui hanno debuttato, in passato ce ne sono sempre stati tanti... E la cosa interessante è che gli editori dell'epoca gli aprivano le porte con una certa elasticità, in maniera non dissimile da quanto avveniva negli USA...

Per esempio: nel 1965 la DC Comics accettò le prime sceneggiature di Jim Shooter, che poi sarebbe diventato uno sceneggiatore e un editor coinvolto in numerosi progetti editoriali più o meno importanti... Eppure, nel 1965 Jim Shooter aveva solo 13 anni (foto sotto)!

Ebbene: anche se dirlo oggi sembra una follia, in quel periodo situazioni simili potevano verificarsi anche in Italia! Anzi: quando Jim Shooter si propose alla DC Comics, in Italia si verificavano già da molto tempo...

Nel 1935 aveva debuttato il settimanale a fumetti L'INTREPIDO, che all'epoca era diretto dalla scrittrice e giornalista Wanda Bontà (1902-1986, che vedete nella foto sotto), che si preoccupava di selezionare storie che potessero piacere anche al pubblico femminile (prima, cioè, che comparissero i fotoromanzi, ma questa è un'altra storia)...

A proposito: oggi quante sono le case editrici italiane che producono fumetti avventurosi affidandone la direzione artistica a una donna? Magari premurandosi che possano piacere anche ad un pubblico femminile?

Fatto sta che nel 1938 Wanda Bontà accettò le prime sceneggiature di un certo Antonino Mancuso... Di anni 14... Che da quel momento in poi non avrebbe mai smesso si scrivere sceneggiature per fumetti e fotoromanzi, e che - per inciso - a 25 anni creò il suo personaggio più popolare... IL CAVALIERE IDEALE, ispirandosi all'immaginario pop che andava di moda in quel periodo fra i giovani, partendo dall'India descritta nei romanzi di Salgari per poi spaziare nella fantascienza e in una sorta di proto-fantasy all'italiana...

Per inciso: il suddetto "Cavaliere Ideale" in realtà si chiamava Almos ed era un principe indiano di diciassette anni appena compiuti... Il che lasciava spazio anche a tutta una serie di risvolti romantici da telenovela. E in effetti, al di là della prosa ridondante e ingenua (che comunque era molto in voga all'epoca), si può dire che IL CAVALIERE IDEALE fosse perfettamente in tinta con i gusti del giovane pubblico contemporaneo (era il 1949)... Cosa che, purtroppo, non si può dire della media dei fumetti popolari italiani prodotti oggi.

E non fu nemmeno un caso isolato... Tant'è che la stessa casa editrice che pubblicava le avventure di Almos aveva tutto uno schieramento di eroi, avventurieri e principi teenager... Alcuni dei quali potevano definirsi persino trasgressivi per gli standard dell'epoca... Visto che mai e poi mai un diciassettenne di quel periodo avrebbe potuto presentarsi con lunghi capelli e orecchini, ad esempio... Cosa che però avveniva nel caso di Chiomadoro, protagonista della serie IL PRINCIPE DEL SOGNO (1952)...

Anche questo Chiomadoro, guardacaso, aveva diciassette anni ed era scritto da un certo Luigi Grecchi, che a sua volta aveva iniziato a vedere pubblicati i suoi racconti sul periodico IL GIORNALE DEI VIAGGI E DELLE AVVENTURE (lo stesso su cui debuttò Gian Luigi Bonelli come scrittore, per intenderci) quando aveva 14 anni (nel 1937)... E che poco dopo divenne famoso anche per i romanzoni che scriveva utilizzando la prima persona femminile (!)... Tant'è che la stessa Liala (al secolo Amalia Liana Negretti Odescalchi cgt. Cambiasi), probabilmente la più nota scrittrice italiana di romanzi rosa dagli anni Trenta agli anni Sessanta, volle conoscere di persona l'autrice di quei racconti così coinvolgenti, che venivano pubblicati sul noto settimanale "Confidenze di Liala"... Ritrovandosi poi di fronte ad un giovanissimo Luigi Grecchi, che più o meno in quel periodo aveva iniziato anche a scrivere fumetti... E che avrebbe concepito IL PRINCIPE DEL SOGNO a 29 anni... Tentando poco dopo anche la carta dei giovani supereroi con Junior e Atlas...

Cosa che, è bene precisare, fece anche il suo collega Antonino Mancuso, con un certo Jimmy Jet (1963), che sperimentò un inedito formato verticale e che presentò un giovane supereroe che - in un certo senso - anticipava diverse trovate che sarebbero state sviluppate dai fumetti americani nei decenni successivi (e in particolare da quelli dedicati ai mutanti della MARVEL)...

E anche in questo caso sarebbe interessante fare qualche paragone con il panorama editoriale dell'Italia del 2016... Anche perchè IL CAVALIERE IDEALE proseguì con le sue avventure settimanali dal 1949 al 1959, mentre IL PRINCIPE DEL SOGNO andò avanti dal 1952 al 1964... E probabilmente, se i fotoromanzi non avessero rubato lettrici e sceneggiatori alle loro storie, non è da escludere che se ne sarebbe ancora sentito parlare per almeno un altro decennio...

Certo: negli anni in cui si affermarono tutti questi quattordicenni rampanti non c'erano scrittori e sceneggiatori di lungo corso che difendevano la loro posizione con le unghie e con i denti, e sicuramente il pubblico era meno esigente e raffinato di quello di oggi... Tuttavia è altamente probabile che se in quel periodo le redazioni delle case editrici di fumetti fossero state sommerse dalle proposte di autori dai cinquant'anni in sù intenzionati a raccontare storie di personaggi maturi e avventurieri posati, probabilmente la maggior parte di loro avrebbe ricevuto una cortese lettera di rifiuto... Perchè qualsiasi editore che avesse voluto rivolgersi ad un pubblico giovane avrebbe saputo che non erano questi gli autori che gli servivano.

Nel 2016, però, arriviamo da decenni in cui i ruoli di sceneggiatore, curatore ed editore si sono sfumati, sovrapposti e interlacciati sempre di più, e in cui si è andato perdendo sempre di più il contatto col pubblico reale... E in particolare con il pubblico giovane. Ed è evidente che continuando a battere questa strada le cose non miglioreranno, ma semmai se ne potrà solo rallentare il peggioramento...
Negli ultimi mesi sono intervenuto in vari licei della mia città, in qualità di rappresentante della piccola associazione LGBT di cui sono presidente, nell'ambito delle miniassemblee autogestite dall'Unione degli Studenti (CLICCATE QUI)... A parte il fatto che quando andavo al liceo io l'Unione degli Studenti non esisteva nemmeno, è stato subito evidente - anche solo dalle poche ore trascorse con ciascuna di quelle classi - che gli adolescenti di oggi vivono in un altro universo rispetto quello in cui ho vissuto io. A parte il loro rapporto con la moda (e i capelli fluo per ambo i sessi, ad esempio) e a parte il fatto che parlano con disinvoltura di tutta una serie di argomenti che ai miei tempi non erano nemmeno pronunciabili, è stato evidente come il tema "omosessualità" fosse percepito in maniera completamente diversa rispetto ai tempi della mia adolescenza... Ad esempio da quelle quattordicenni che mi hanno detto di aver capito che gli omosessuali potevano essere maschili dopo aver visto I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN (quando di anni ne avevano 12!)...

O da quei diciassettenni che hanno parlato di amici gay della loro età che gli hanno fatto capire che gli omosessuali non sono persone particolarmente allupate e fastidiose, e men che meno "pericolose"... Senza contare quelli che mi hanno raccontato chiaro e tondo di come è stato il loro coming out in famiglia e con gli amici...

Preciso che sono stato in licei classici, artistici, di scienze umane, economico sociali e di scienze applicate... E che - ovviamente - chi ha scelto di partecipare alle miniassemblee in cui parlavo io era interessato all'argomento.  Probabilmente in altri tipi di scuole e in altre miniassemblee ci sarebbe già stata un'aria diversa... Però penso sia evidente che i giovani di oggi non sono gli stessi di venti anni fa o più. 

E questa loro apertura mentale, se ha stupito me, probabilmente non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di uno sceneggiatore italiano di fumetti che oggi ha dai cinquant'anni in sù, e che forse non ha rapporti diretti e continuati con un certo tipo di pubblico da quando a smesso di frequentare la sua scuola superiore... E pertanto verrebbe da pensare che l'omosessualità sia solo uno dei tanti temi che nei fumetti italiani di oggi non viene presentato in maniera attuale e verosimile...

Quindi diciamo pure che, se il fumetto popolare italiano non se la passa benissimo e non riesce a coinvolgere più di tanto il pubblico giovane, forse un motivo c'è... E non ha niente a che fare col fatto che la gente non ha voglia di iniziare a collezionare una serie che potrebbe proseguire a tempo indeterminato.

Anzi: qualcosa mi dice che se un giovane lettore trovasse una serie a fumetti che gli piace sul serio, probabilmente, sarebbe il primo a desiderare che non finisse mai...

Alla prossima.

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